Recensione a: Riccardo Gasperina Geroni, Ricominciare. Classici della letteratura italiana 1939-1962, Einaudi, Torino 2025, pp. 384, 25 euro (scheda libro).
Scritto da Domenico Chirico
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Il diciotto settembre è uscito nelle sale cinematografiche Duse diretto da Pietro Marcello. Il film racconta gli ultimi anni dell’attrice italiana Eleonora Duse, interpretata da una bravissima Valeria Bruni Tedeschi, dopo la Prima Guerra Mondiale e durante l’avvento del fascismo. Quella che viene descritta è però una cornice più ampia della singola vita personale e privata dell’attrice; trovano spazio, infatti, nella pellicola molti intellettuali del modernismo italiano. Artisti che vedono la fine di un’epoca e vengono strumentalizzati e contemporaneamente surclassati dal nuovo mondo politico.
È una felice coincidenza che, ad una settimana dall’uscita del film, sia arrivato in libreria per Einaudi Ricominciare di Riccardo Gasperina Geroni. Lo studioso riprende idealmente le fila del film di Marcello analizzando l’avvicendarsi delle correnti culturali che hanno scandito la prima parte del Novecento. Il periodo compreso tra il 1939 e il 1962 viene analizzato attraverso le rivoluzioni sociali e culturali che lo hanno caratterizzato, interrogandosi su come e perché proprio in quegli anni abbia preso forma una parte rilevante della narrativa più canonica dell’Italia contemporanea.
La tesi che viene esplicitata sin dalla Prefazione è semplice e potente: la narrativa italiana tra il 1939 e il 1962 è stata il terreno privilegiato in cui si è misurata la necessità di ricominciare dopo la catastrofe storica del fascismo e della guerra. Gli scrittori di quegli anni hanno abitato la crisi trasformandola in un laboratorio creativo, cercando nelle forme letterarie non soltanto una testimonianza del presente, ma un nuovo atto di fondazione. “Ricominciare” non si configura come un ritorno alle radici o un gesto che cancella il passato, ma un atto critico e consapevole. È così che scavare nelle origini diventa un modus operandi per comprendere le responsabilità, dare senso allo smarrimento e aprire possibilità di futuro. Da Pavese a Morante, da Calvino a Pasolini, ogni opera diventa una diversa declinazione di questa urgenza, letta in chiave memoriale, politica, simbolica o esistenziale. La letteratura cerca così di supplire (in maniera del tutto eterogenea) alle mancanze della politica e della società, assumendo su di sé il compito di interrogare identità e memoria collettiva, fino a preparare il terreno a una nuova modernità, che nel 1963 troverà una sua ulteriore svolta.
L’analisi delle opere prese come case studies non si limita ad uno sguardo tematico, ma privilegia i paradigmi stilistici e formali. Proprio questo livello si dimostra dirimente: da un lato come criterio di selezione delle opere stesse, dall’altro nel riconoscere i passaggi e le metamorfosi dei ventitré anni presi in esame. Attraverso le forme e le scelte stilistiche emergono con chiarezza i confini cronologici della stagione letteraria: da un lato il progressivo congedo dallo psicologismo modernista che aveva caratterizzato l’inizio del secolo, dall’altro l’irruzione del nuovo linguaggio tecno-scientifico introdotto dal Gruppo ’63, che segna la rottura con il passato e l’avvio di una diversa modernità espressiva.
La monografia è divisa in due sezioni che si presentano a sé stanti, ma completive l’una dell’altra. Le prime ottanta pagine si presentano come una lunga disamina in cui Gasperina Geroni non solo espone la sua tesi, ma fornisce una serie di chiavi interpretative per giustificare il contesto socioculturale in cui nascono le opere letterarie scritte tra il 1939 e il 1962. La disamina segue un ordine cronologico degli eventi. Vengono prima analizzati gli ultimi anni del Ventennio in cui si rileva, con grande lucidità, come anche il potere si sia interrogato sul superamento in senso realista della narrativa modernista e della poesia ermetica che «si era difatti rivelata incapace di sostenere il peso morale della guerra» (p. 25). La nuova letteratura sarebbe dovuta essere spuria, capace di far convivere condizioni materiali ed estetiche in un’ottica più compenetrativa. Alla luce di ciò non sorprende che, al tramonto del Fascismo questo processo, si acceleri e si coniughi con l’esperienza della Resistenza. Al frammento e alla lirica «venata di autobiografismo» (p. 29), i giovani scrittori degli anni Quaranta contrappongono una crescente attenzione formale al romanzo, accompagnata da una rinnovata centralità dei problemi sociali di un paese da ricostruire. Da questa esigenza di ricominciare, di dare il via ad una nuova estetica culturale, che faccia i conti con la dittatura e la guerra si accordi alla nuova Italia, si dirama ovviamente il neorealismo, ma soprattutto quello che viene chiamato «un sostrato condiviso di storie per la nascente Repubblica» (p. 41).
In tutta la prima parte del saggio l’intento dello studioso diventa così quello di giustapporre su un terreno comune una serie di movimenti sociali e letterari che compongono questa nuova letteratura. Oltre al neorealismo, si evidenzia l’incisività della narrativa americana in autori come Pavese e Vittorini, il gusto dell’arcaico in Tomasi di Lampedusa e in Levi, o il ritrovato interesse per Verga e De Sanctis. In questo modo si crea quasi un mosaico compositivo in cui anche correnti e voci distanti tra di loro vengono ricondotte al sostrato comune, al gesto critico che ne fa un atto rifondativo della nostra narrativa.
D’altro canto, l’autore rivendica, con grande originalità, sin dalla Prefazione questa struttura mosaicale individuando sei famiglie tematiche entro cui ricollocare i case studies oggetto d’analisi. Alcune opere si rifanno ad una dimensione mitico-arcaica in cui trovano posto la memoria contadina e il racconto del meridione, mentre altre si collocano più spiccatamente in una dimensione tragica e di ricostruzione del trauma. Accanto a queste, vi sono i testi memoriali, e quelli politici, che, pur con un alto coefficiente narrativo inscrivono l’origine nella storia collettiva della guerra e della Resistenza. Non mancano, infine, le narrazioni biblico-figurali, in cui le vicende individuali assumono risonanza simbolica universale, come in La pelle di Malaparte, né quelle etico-esistenziali, come La noia di Moravia, dove il nucleo originario si configura come domanda radicale sull’essere e sulla libertà. A questa Prefazione e alla prima parte si salda strettamente tutta la seconda parte del volume composta da trenta schede di lettura delle opere analizzate in cui una breve sintesi della trama è seguita da un’agile lettura critica su temi, struttura e nuclei simbolici.
Ricominciare, la monografia di Riccardo Gasperina Geroni si configura come uno studio solido su degli anni decisivi della narrativa italiana del secolo scorso. Uno strumento di facile consultazione che riesce a tenere il rigore critico e l’accessibilità senza rinunciare ad un’analisi lucida e complessiva.