Il ruolo dell’INAF per la ricerca nazionale attraverso le grandi infrastrutture di ricerca internazionali
- 15 Novembre 2024

Il ruolo dell’INAF per la ricerca nazionale attraverso le grandi infrastrutture di ricerca internazionali

Scritto da Roberto Ragazzoni

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L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) compie nel 2024 un quarto di secolo, e la sua composizione attuale si deve alla fusione di due realtà completamente differenti.

Da un lato vi sono gli osservatori astronomici storici, che erano nati addirittura prima dell’Unità d’Italia e della Repubblica Italiana – quello di Padova, per esempio, fu fondato dalla Repubblica di Venezia negli anni Settanta del Settecento – e quindi hanno alla radice una visione dell’astronomia che parte dal Settecento, che doveva servire a tenere i “cataloghi stellari” che erano essenziali per la formazione del “punto nave” per la navigazione.

L’altra componente dell’Istituto è rappresentata dagli istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) che si occupavano di ricerca astrofisica e che sostanzialmente si rivolgevano alla strumentazione che orbita nello spazio extra-atmosferico attorno alla Terra o in missioni alla volta di pianeti, comete, o asteroidi del sistema solare.

Dalle sinergie positive derivate dall’unione di queste due realtà nasce un unico Istituto Nazionale di Astrofisica che si dedica alle ricerche in astrofisica a tutto tondo. Nel corso degli anni, l’Istituto ha contribuito attivamente ad arricchire il sistema della ricerca nazionale attraverso grandi infrastrutture di ricerca, che potremmo definire come «strutture, risorse e servizi collegati, utilizzati dalla comunità scientifica per condurre ricerche di alta qualità nei rispettivi campi»[1].

Quella dell’Istituto non è solo una storia di ricerca, ma anche di scienza internazionale, e della padronanza di tecnologie avanzatissime per rendere queste infrastrutture possibili e per portare, sempre di più, la scienza italiana a confrontarsi con opportunità di ricerca in tutto il mondo. Per esempio, l’INAF ha promosso e opera il Telescopio Nazionale Galileo situato sull’isola di San Miguel de La Palma, nelle Canarie, che ha iniziato le sue attività nel 1998, costruendone anche la struttura principale e gli elementi essenziali di ottica adattiva, cosa che viene replicata anche per il grande Large Binocular Telescope in Arizona situato presso il Mount Graham International Observatory, un telescopio ottico-infrarosso binoculare con due specchi dal diametro di 8,4 metri ciascuno, tra i più grandi telescopi ottici correntemente in uso sul pianeta. Questa grande infrastruttura di ricerca è operata dall’INAF, che la possiede insieme a partner statunitensi e tedeschi.

L’Istituto partecipa anche ai grandi telescopi costruiti da istituzioni europee come l’European Southern Observatory nel Deserto di Atacama, in Cile, per permettere all’Europa di “avere accesso” al cielo australe, dell’emisfero Sud, dove per esempio si possono vedere le “Nubi di Magellano”[2], e sviluppa la tecnologia per esempio per “compensare” la distorsione della luce dovuta all’atmosfera terrestre.

Contemporaneamente, si è propagata anche negli osservatori astronomici di stampo settecentesco lo sviluppo di tecnologia spaziale e, nel corso degli anni, si sono costruiti sia telescopi per l’osservazione del cielo o dell’orbita bassa o di orbite attorno al Sole – come le orbite dei Punti di La Grange[3], che sono sempre ad una certa distanza dalla Terra – oppure strumentazione per missioni che vanno intorno o sul suolo, per esempio, di Marte o di Titano (una delle lune di Saturno), spesso anche in collaborazione con importanti operatori internazionali come la NASA o la JAXA (l’agenzia spaziale giapponese).

Oggi l’INAF partecipa a tutte le grandi missioni di ricerca astrofisica anche in campo radioastronomico, quindi per esempio il progetto dello Square Kilometre Array, un progetto internazionale in corso di realizzazione in Australia e in Sudafrica, che prevede un chilometro quadrato di antenne per scrutare le onde radio, o il Cherenkov Telescope Array, per rivelare il percorso dei raggi gamma, che arrivano sul nostro pianeta, vengono frenati – per nostra fortuna – dall’atmosfera terrestre, e producono dei lampi di luce blu, i cosiddetti “lampi di luce Cherenkov”, che vengono poi rivelati dai telescopi a terra.

Dallo spazio e da terra, dalle onde radio ai raggi gamma, l’astrofisica italiana sviluppa tecnologie valendosi anche dell’aiuto della filiera industriale, soprattutto italiana, e partecipa a tutte le missioni internazionali di maggiore importanza di questo settore. Questo è anche reso possibile dalle strutture di ricerca dell’INAF, che sono dotate di propri laboratori di ottica, elettronica e meccanica per lo sviluppo della strumentazione.

La missione ultima dell’INAF, come quella di qualsiasi comunità di ricerca, è l’ampliamento della conoscenza. Questo, quando si indaga l’universo, di cui sappiamo ancora paurosamente poco, si traduce in sempre nuove e vere e proprie scoperte. È come comprendere, passo per passo, segno dopo segno, un’iscrizione antica. Come Istituto Nazionale di Astrofisica facciamo la nostra parte, grazie ai ricercatori, ai tecnologi e al personale amministrativo, sempre ricordando la realtà che Shakespeare ha descritto così efficacemente quattro secoli fa nella tragedia di Amleto: «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia».


[1] Si veda la definizione data nel Piano Nazionale Infrastrutture di Ricerca (PNIR) 2021 – 2027 redatto dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

[2] Due galassie nane, note come Piccola e Grande Nube di Magellano, una coppia di galassie satelliti della Via Lattea.

[3] Tecnicamente chiamati punti di oscillazione, sono quei punti nello spazio in cui due corpi dotati di grande massa, tramite l’interazione della rispettiva forza gravitazionale, consentono a un terzo corpo dotato di massa molto inferiore di mantenere una posizione stabile relativamente ad essi.

Scritto da
Roberto Ragazzoni

Direttore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e Professore ordinario all’Università di Padova. Ha ricoperto numerosi incarichi internazionali ed è membro di prestigiose accademie italiane. Ha diretto l’Osservatorio Astronomico di Padova e contribuito allo sviluppo di strumenti chiave per telescopi terrestri, come il Telescopio Nazionale Galileo e i satelliti Cheops e Plato dell’Agenzia Spaziale Europea.

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