Scritto da Lorenzo Benassi Roversi
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Nicola De Michelis è Direttore Direzione della Politica Regionale e Urbana della Commissione Europea.
Negli ultimi anni le città sono emerse in Europa come attori fondamentali nel plasmare le politiche pubbliche e comunitarie. La crescente urbanizzazione, le sfide ambientali e sociali, l’urgenza di promuovere l’innovazione e la necessità di una governance più vicina ai cittadini hanno spinto l’Unione a riconoscere il ruolo cruciale delle aree urbane e a considerare l’opportunità di avvicinare alle città e alle loro amministrazioni il livello del policy making comunitario. Ma cosa si intende esattamente oggi per politica urbana a livello europeo? Come nasce e qual è il suo peso reale? Quali sono gli obiettivi e le sfide prioritarie?
Nicola De Michelis: L’interlocuzione diretta e non mediata tra l’Europa e le città europee è una conquista di prossimità abbastanza recente e di grande valore. Si tratta di un dialogo che ha radici antiche, per così dire, ma che ha preso maggior peso negli ultimi anni, nell’ambito delle politiche territoriali e di coesione. Abbiamo visto anche il moltiplicarsi di una quantità di iniziative, piattaforme, premi e interventi in più ambiti, dalla mobilità all’ambiente, a testimonianza dell’evidenza della necessità di coinvolgere le città nelle politiche europee in qualità di interlocutori primari. È senza dubbio necessario ricondurre ad unità la grande varietà di iniziative, con l’obiettivo di portare tutte le iniziative che vedono al centro le città a svilupparsi dentro un quadro coordinato e unitario, riducendo così la frammentazione. La politica urbana europea si riferisce all’insieme delle iniziative e strategie volte a migliorare la qualità della vita nelle città, affrontando sfide come la coesione sociale, la sostenibilità in tutte le sue dimensioni, l’innovazione e la governance multilivello. L’Agenda Urbana dell’UE, lanciata con il Patto di Amsterdam nel 2016, mira a realizzare il pieno potenziale delle aree urbane nel raggiungimento degli obiettivi dell’Unione, rispettando i principi di sussidiarietà e proporzionalità. Quindi nella prospettiva di avvicinare l’Europa ai cittadini (sussidiarietà), ma al contempo rispettando le competenze dei poteri locali, più prossimi, senza prevaricarne l’azione.
È possibile stimare, in questa moltiplicazione d’iniziative, un ammontare complessivo della politica urbana europea?
Nicola De Michelis: In termini finanziari, la politica di coesione rappresenta la principale fonte di finanziamento per le città. Nel complesso la politica di coesione ammonta a circa 392 miliardi di euro per il settennato di programmazione 2021-2027 (oltre 40 miliardi di euro per l’Italia), di cui 226 miliardi sono destinati al FESR (Fondo Europeo Sviluppo Regionale). Almeno l’8% delle risorse del FESR deve essere destinato allo sviluppo urbano sostenibile, ma nella pratica questa percentuale si avvicina al 12%, ovverosia quasi 30 miliardi di euro. Ma si tratta solo di una parte, a cui si aggiungono anche altri strumenti come il Next Generation Eu, che in Italia si realizza attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede forti investimenti nei contesti urbani. Inoltre, si aggiungono le politiche settoriali, penso ad esempio alla PAC (Politica Agricola Comune), che ha importi molto cospicui e che in parte contribuisce anche in modo significativo alla dimensione urbana. Si pensi ad esempio agli invasi per le acque che, finanziati con fondi destinati all’agricoltura, possono contribuire alla tenuta idrogeologica delle città. Ecco, la dimensione integrata di politiche derivanti da livelli differenti mostra l’impatto potenziale delle risorse europee sui territori urbani.
Negli ultimi anni, l’interlocuzione tra l’Europa e le città ha acquisito maggiore importanza. Come si è evoluto nel tempo questo rapporto?
Nicola De Michelis: Storicamente, l’esperienza europea valorizzava prioritariamente altri livelli amministrativi le città non erano direttamente coinvolte nella definizione delle politiche europee. Tuttavia, iniziative come URBAN e l’Agenda Urbana dell’UE hanno progressivamente riconosciuto il ruolo cruciale delle aree urbane. Gradualmente, ci si è resi conto che le città sono parti indispensabili nel dialogo sullo sviluppo, in quanto attori principali nelle sfide che l’Europa si è data. Si pensi ad esempio all’ambiente, alle emissioni carboniche, alla qualità dell’aria, con tutta evidenza le città sono coinvolte sia in quanto parte del problema, sia in quanto realtà a partire dalle quali si possono progettare soluzioni. Oggi, le città partecipano attivamente a partenariati tematici, contribuendo alla definizione di politiche più efficaci e vicine ai cittadini. Ovviamente, occorre evitare anche di indurre un eccesso di aspettative: gli interventi europei possono essere importanti attivatori, ma non risolvere radicalmente problemi dei contesti urbani. Occorre un’integrazione delle politiche e delle risorse: europee, nazionali, di territorio.
A questo riguardo, si discute della possibilità di ricorrere a forme di debito comune europeo, per superare i limiti del bilancio dell’Europa davanti alle sfide di quest’epoca e poter attuare politiche coordinate a livello di continente, superando l’odierna frammentazione. Qual è la sua opinione a riguardo?
Nicola De Michelis: La questione sarà discussa nella sede del Consiglio Europeo ove è appropriato che si svolga. Una discussione difficile anche data la disomogeneità del rapporto PIL – debito pubblico tra gli Stati membri. Il Next Generation EU è stato un passo straordinario, agito in una condizione di emergenza estrema. Una risposta che va considerata eccezionale. Da qui a pensare di procedere verso la mutualizzazione del debito a livello europeo, in via ordinaria, per finanziare politiche comuni c’è molta distanza. Replicare un’operazione di questo tipo non sarà semplice. Di certo, guardando alle politiche di difesa, il dialogo su come finanziare iniziative comuni è aperto, anche perché su questo fronte la mancanza di coordinamento è un vero limite, anche operativo. Lo stesso si potrebbe dire per altri capitoli, come quelli relativi alla risposta integrata al cambiamento climatico. La decisione spetta al Consiglio Europeo, e dunque all’istituzione intergovernativa, ove non sarà semplice mettersi d’accordo: ci sono diverse posizioni tra gli Stati membri e spesso si tratta di posizioni ben consolidate, difficili da far mutare. Tuttavia, di fronte a sfide comuni come il cambiamento climatico e i rischi per la sicurezza, è fondamentale tentare anche la via di strumenti finanziari condivisi o quantomeno di strumenti di coordinamento che possano agevolare un’omogeneità di fondo delle politiche intraprese.
Si è parlato di debito comune soprattutto in riferimento alle politiche di difesa comune: dal riarmo alla costruzione di una difesa integrata. A questo riguardo, è emersa l’idea di un utilizzo potenziale delle risorse della politica di coesione per la difesa. Che dire a riguardo? Quali sono le revisioni necessarie per la politica di coesione nell’odierno contesto internazionale?
Nicola De Michelis: Difesa comune, sfida della decarbonizzazione e competitività sono temi emergenti nel dibattito europeo. La discussione è in corso, sia a livello tecnico, sia a livello politico e la Commissione presenterà le sue proposte. La grande domanda è: che ruolo dobbiamo immaginare per la politica di coesione? Partiamo col dire che la politica di coesione è stata inventata all’inizio degli anni Ottanta, non c’è dubbio che dopo cinque generazioni abbia bisogno di una revisione, allo scopo di adattarsi ai tempi, tanto più oggi che ci troviamo in un mondo in continua evoluzione. E certo la difesa è un grande tema emergente, come lo è anche il cambiamento climatico. Ad oggi abbiamo avuto la prova di come la rigidità del bilancio europeo rappresenti una sfida, soprattutto di fronte a emergenze come la pandemia o la crisi energetica. È necessario rendere la politica di coesione più flessibile e orientata ai risultati, un percorso che Next Generation EU ha dimostrato essere possibile. Inoltre, è fondamentale allineare meglio le necessità europee con le esigenze locali, garantendo una maggiore coerenza tra le politiche dell’Unione Europea e le priorità dei territori e delle città.
La casa è diventata una delle grandi priorità: in una città come Bologna l’incidenza dei costi abitativi sui redditi delle famiglie è sempre più elevata, sia che si tratti di rate mutuo, sia che si tratti di canoni di locazione. Come si è attivata l’Unione Europea per affrontare questa sfida?
Nicola De Michelis: L’accesso a un alloggio dignitoso è una sfida crescente in molte città europee, Bologna certamente è tra queste. La politica di coesione ha stanziato circa 7,5 miliardi di euro per affrontare questa problematica. Nella prospettiva di rispondere concretamente alla gravità del tema abitativo, la Commissione ha invitato gli Stati Membri a duplicare l’importo. Nel frattempo, si è costituito all’interno della Commissione Europea un gruppo di lavoro per redigere un Piano per la casa. Rimane però evidente che da sola l’Europa, con il bilancio che ha a disposizione, non può risolvere alla radice il problema. È necessario un approccio integrato che coinvolga anche i bilanci nazionali e agisca attraverso strumenti finanziari come la Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Inoltre, ci sono gli interventi – variamenti declinati da nazione a nazione – del Next Generation EU. Ad esempio, il PNRR italiano ha riconosciuto l’importanza dell’abitare come sfida strategica, includendo misure specifiche per affrontare la crisi abitativa. L’integrazione dei differenti strumenti può aiutare, ma occorre un protagonismo nazionale e delle singole realtà territoriali davanti a una sfida così complessa.
Ci può fornire esempi di buone pratiche nella gestione delle politiche urbane europee, pratiche che siano risultate particolarmente virtuose, dall’osservatorio di Bruxelles?
Nicola De Michelis: Possiamo citare un esempio di casa nostra. L’Italia ha implementato positivamente il Programma Operativo Nazionale (PON) Metro, che ha permesso di concentrare risorse significative nelle città del Paese, affrontando sfide specifiche come la mobilità sostenibile, l’inclusione sociale e la digitalizzazione. Città come Bologna, Milano, Venezia e Firenze hanno beneficiato di questi interventi, dimostrando come una pianificazione urbana integrata possa migliorare la qualità della vita dei cittadini. In questo caso, l’Italia è l’unica realtà nazionale ad aver costruito un contenitore unico che desse più peso e più visibilità alle politiche urbane nel Paese, invece di “disperdere” gli interventi dentro altri contenitori. Anche in termini di divulgazione e di diffusione della consapevolezza, a vantaggio degli addetti ai lavori e della cittadinanza, è una scelta che va guardata positivamente.
Sintetizzando, quale sarà e quale dovrebbe essere il ruolo delle città nei prossimi anni, secondo la Commissione Europea?
Nicola De Michelis: Le città saranno sempre più al centro delle politiche europee, su come ottenere questo risultato concretamente stiamo discutendo. L’Agenda europea per le città intende rafforzare la cooperazione tra le città e le istituzioni europee, promuovendo politiche più efficaci e mirate. È fondamentale garantire un accesso diretto delle città alle risorse europee, semplificando le procedure e migliorando la capacità amministrativa a livello locale. Inoltre, è essenziale affrontare sfide comuni come la qualità dell’aria, la mobilità sostenibile e l’inclusione sociale attraverso un approccio integrato e partecipativo. Per raggiungere tale obiettivo occorre interrogarsi anche sugli strumenti da mettere in campo. Le città grandi hanno amministrazioni estese ed efficienti che permettono un più facile accesso e una più efficace gestione delle risorse europee; le città di dimensioni più contenute possono contare su organici amministrativi più ridotti e spesso si manifesta l’esigenza di un aiuto. Ci stiamo interrogando sugli strumenti di accompagnamento da mettere in campo.
Le città stanno diventando sempre più tecnologiche. Qual è il ruolo dell’innovazione nelle politiche urbane?
Nicola De Michelis: L’innovazione è un elemento chiave per affrontare le sfide urbane. Bologna, ad esempio, è diventata un punto di riferimento a livello europeo per l’HPC (High Performance Computing), il cosiddetto supercalcolo, con l’arrivo di uno dei più potenti supercomputer al mondo, Leonardo. Ora in una logica di sviluppo delle AI Factory, grazie alla collaborazione con gli attori del settore tecnologico europeo e non solo, la strategia di sviluppo del territorio non potrà che tenere in considerazione tale vocazione. Promuovere l’innovazione nelle città significa migliorare i servizi pubblici, aumentare l’efficienza energetica e favorire la partecipazione della cittadinanza, la tecnologia può essere un mezzo. Le città europee sono al centro di una trasformazione profonda, affrontando sfide complesse ma anche cogliendo nuove opportunità. L’azione dell’Unione Europea mira a supportare le città nei percorsi intrapresi, promuovendo uno sviluppo sostenibile, inclusivo e innovativo. L’aggiornamento continuo dell’intera politica di coesione, che deve rendersi gradualmente più rispondente ai bisogni dell’epoca, può essere uno strumento importante anche a questi fini.
Abbiamo parlato in modo esteso dei centri urbani, ma qual è il ruolo delle aree interne e in che modo si guarda ad esse nelle politiche urbane europee?
Nicola De Michelis: Le aree interne rappresentano l’altra faccia della medaglia delle città. Si tratta di dimensioni connesse, occorre non dimenticarsene. È fondamentale promuovere uno sviluppo equilibrato che coinvolga sia le aree urbane che quelle rurali. L’Italia ha anticipato questa visione con la Strategia Nazionale per le Aree Interne, unica in Europa, che mira a garantire la possibilità di vivere nei territori decentrati, promuovendo servizi essenziali e opportunità di sviluppo anche lontano dai centri urbani. È il concetto a cui nel suo rapporto Molto più di un mercato, Enrico Letta si richiama: freedom to stay o right to stay, diritto di restare, di risiedere in un luogo, senza essere spinti ad abbandonare il proprio territorio per carenza di servizi e opportunità. La coesione territoriale richiede un approccio integrato che consideri le specificità di ogni territorio. La discussione è molto attuale e si irradia nel confronto che la Commissione Europea ha avviato per definire l’impianto e i contenuti dell’Agenda Urbana. Non si sa ancora esattamente in che termini e in che misura il tema delle aree interne sarà affrontato, se ci sarà un documento dedicato, ma di certo si tratta di una dimensione ineludibile e ciò anche in ragione delle evidenti connessioni tra città e aree interne. Penso agli effetti deteriori che finiscono per generarsi in città quando le aree interne sono lasciate in stato di abbandono, dal momento che è ben noto come lo spopolamento di montagne e colline finisca per generare effetti negativi che minacciano la sostenibilità della vita cittadina. Al contempo, la pressione eccessiva (abitativa, di mobilità…) sui grandi centri urbani può trovare una risposta proprio nella rinnovata attrattività di aree meno centrali. È un tema su cui la Commissione si sta interrogando con grande attenzione.