Fraunhofer Italia e l’ecosistema altoatesino della ricerca. Intervista a Franz Schöpf e Adriano Esposti
- 04 Settembre 2025

Fraunhofer Italia e l’ecosistema altoatesino della ricerca. Intervista a Franz Schöpf e Adriano Esposti

Scritto da Enrico Cerrini

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Intervista realizzata nell’ambito della call for papers “Intervento dello Stato nell’economia e benessere umano nell’Italia contemporanea” delle Università di Macerata e Sassari, per il paper “L’Italia e le politiche pubbliche in tema di ricerca e innovazione. Il modello Fraunhofer” di Giulio di Donato ed Enrico Cerrini.

Franz Schöpf è direttore della Ripartizione Innovazione, Ricerca, Università e Musei della Provincia Autonoma di Bolzano. Adriano Esposti è impiegato nell’Ufficio Ricerca Scientifica della Provincia Autonoma di Bolzano.

Per approfondire sul modello Fraunhofer si veda l’articolo: Il trasferimento tecnologico come leva della crescita. Il caso della Fraunhofer-Gesellschaft di Enrico Cerrini e Giulio Di Donato.


Come si inserisce l’istituto Fraunhofer nel sistema della ricerca altoatesino?

Adriano Esposti: La Provincia Autonoma di Bolzano ha una sua legge di settore, la LP n. 14/2006, che permette di sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione. Personalmente, tra gli altri compiti mi occupo del sostegno finanziario di Fraunhofer Italia, ma anche trasversalmente della Libera Università di Bolzano, di Eurac Research e di Eco-Research. In generale, la Provincia sostiene l’ecosistema degli istituti di ricerca altoatesini con degli accordi programmatici triennali, che vanno di pari passo con la programmazione di bilancio. Il sostegno si attua sulla base di programmi di ricerca che gli enti presentano alla Provincia, specificando una serie di attività e un sistema di indicatori di risultato che permettono di misurare il raggiungimento degli obiettivi di ricerca degli enti finanziati. Fraunhofer Italia non fa eccezione, anche se non rappresenta uno degli enti più grandi sia dal punto di vista strutturale, che da quello del sostegno economico e finanziario da parte della Provincia. Al tempo stesso, rappresenta però uno degli attori nevralgici dell’ecosistema di ricerca altoatesino.

La Provincia ha avviato anche il NOI Techpark, un parco scientifico e tecnologico strategico per promuovere l’attività di ricerca e di innovazione nel territorio, perché lavora in una prospettiva più ampia. In particolare, nel periodo 2013-2020 hanno svolto un ruolo strategico i programmi di finanziamento denominati “capacity building”, i quali hanno favorito progetti pluriennali capaci di sviluppare infrastrutture di ricerca in grado di ampliare i laboratori e le capacità di ricerca degli enti beneficiari. Grazie a questi programmi, i laboratori degli organismi di ricerca altoatesini, che hanno le rispettive sedi all’esterno, hanno potuto trasferirsi all’interno del parco tecnologico e ampliare la community di ricerca. Tra questi enti, al momento solo Fraunhofer ha la sua sede principale presso il NOI Techpark. Inizialmente la sua sede era esterna, poi, si è deciso di trasferire tutta la sua struttura, probabilmente proprio per la vicinanza e la sinergia con gli altri enti di ricerca.

Fraunhofer Italia non ha una struttura grandissima: impiega circa trenta persone, calcolando sia gli amministrativi che il personale di ricerca e i tecnici. Di conseguenza, il trasferimento nel NOI Techpark è stato più agevole. Ovviamente non è la stessa cosa per l’Università di Bolzano che ha alcuni laboratori ospitati dal parco, oltre alla nuova facoltà di ingegneria. O per Eurac Research, che ha insediato nel NOI Techpark un paio di istituti, ma la sua sede centrale rimane esterna. Lo scopo principale del parco tecnologico era proprio quello di aggregare tutti questi enti e organismi di ricerca, affinché la vicinanza fisica stimolasse le sinergie reciproche, cosa che effettivamente sta avvenendo con grande successo.

 

Quando le associazioni hanno chiesto la nascita di Fraunhofer Italia, come ha reagito la Provincia?

Franz Schöpf: Ho avuto la possibilità di seguire la nascita di Fraunhofer Italia sin dall’inizio, con un mio collega superiore, il dottor Maurizio Bergamini. Prima ancora della costituzione di questa filiale in Alto Adige, Fraunhofer Germania aveva diverse collaborazioni con imprese locali, soprattutto di tipo medio-grande, che lavorano nel settore manifatturiero, affiliate ad Assoimprenditori, ora Confindustria Alto Adige. Confindustria necessitava di partner scientifici per attività di consulenza e di ricerca. E casualmente, il professor Dominik Matt, un accademico altoatesino, che adesso è professore ordinario alla Libera Università di Bolzano e Direttore di Fraunhofer Italia, aveva avuto precedenti collaborazioni all’estero, in particolare con Fraunhofer Germania. Di conseguenza, è stato incaricato di comprendere se la Provincia Autonoma di Bolzano fosse interessata alla costituzione di una filiale di Fraunhofer con un modello di finanziamento simile a quello tedesco. Fraunhofer Germania è infatti un mega-istituto che ha tantissime collaborazioni in tutto il mondo.

Fraunhofer Italia è stata fondata nel 2009 e nel 2010 è iniziata la prima collaborazione istituzionale e la prima tranche di finanziamento. Il mio superiore era convinto che il nostro territorio dovesse investire maggiormente sia in ricerca di base che applicata. Così, ha pensato di puntare su Fraunhofer, che può attingere alle conoscenze dalla casa madre tedesca e fungere da “testa di ponte” per le imprese locali. La Giunta e l’Assessore hanno condiviso questo approccio. Al tempo, l’Alto Adige aveva un’università da poco costituita, il tessuto di innovazione era quasi inesistente e tutta la parte di ricerca e sviluppo veniva effettuata soprattutto dalle imprese. Sono state le stesse imprese a richiedere che la ricerca per sviluppare il territorio fosse svolta da una molteplicità di attori e soggetti.

La Provincia, successivamente, si è appropriata di questo principio. Inizialmente, il finanziamento a favore di Fraunhofer era una somma contenuta, circa 500.000 euro. Poi è aumentata, ma tuttora non è così rilevante se confrontata con i finanziamenti verso altri istituti, come la Libera Università di Bolzano o Eurac Research. In un primo momento, inoltre, Fraunhofer aveva un forte indirizzo verso le imprese locali, che è tuttora una priorità ma non è più l’unica. L’Istituto, infatti, ha capito che può collaborare anche con soggetti pubblici, fare rete con istituti di ricerca locali e imprese fuori dal territorio. In particolare, quando Fraunhofer Italia si è trasferita nel parco tecnologico ha cambiato prospettiva, aumentando la qualità e la quantità dei progetti. L’espansione non era possibile nella sede precedente, mentre adesso è presente un grande laboratorio per condurre esperimenti e attività.

Fraunhofer si basa su due colonne fondamentali: la prima è la ricerca, cosiddetta di base orientata (cit. Manuale di Frascati) finalizzata a sviluppare e acquisire nuove conoscenze e a sperimentare soluzioni che in un secondo momento potrebbero essere applicate e trasferite alle imprese; la seconda è costituita dalla consulenza nell’ambito dell’innovazione, organizzazione e cooperazione a favore delle imprese, dietro retribuzione. La Provincia finanzia soprattutto la ricerca di utilità pubblica, che non ha un riflesso economico a favore di Fraunhofer diretto e immediato. Inoltre, Fraunhofer non svolge una ricerca a 360 gradi, ma si è specializzato in alcune traiettorie di sviluppo. Le sue tematiche sono parallele a quelle di altri istituti di ricerca locali, ma non sono le stesse; quindi, gli enti si coordinano e cercano di differenziarsi in modo da avere una specializzazione, anche di rilevanza internazionale. In questo modo, chi ha bisogno di una consulenza o di un’attività di ricerca su un determinato tema deve rivolgersi a Fraunhofer, su un altro tema all’Università di Bolzano, oppure a Eurac.

 

Nello specifico, come funziona il modello della ricerca altoatesino?

Adriano Esposti: In termini di organico e infrastrutture, i più grandi player altoatesini sono due: Eurac Research e Libera Università di Bolzano. A seguire troviamo il Centro di Sperimentazione Laimburg, specializzato nella ricerca e innovazione, formazione e consulenza nel settore agricolo ed Eco Research, che ha come scopo la ricerca interdisciplinare nonché la consulenza scientifica e la formazione nel settore ambientale e della eco-sostenibilità. Ultimamente, l’Università si è molto rafforzata con la nuova facoltà di ingegneria che mira ad accorpare tutte le facoltà scientifiche, costituendo una sorta di “piccolo Politecnico”. La qualità stessa della ricerca è cresciuta, visto che l’Università può accedere più facilmente a fondi europei e a progetti di cooperazione internazionale. Sempre nel ramo scientifico, Eurac Research è l’organizzazione di ricerca privata più grande presente in Alto Adige, con decine di istituti che trattano dal sociale al geopolitico, fino alle materie più tecniche. Fraunhofer Italia è specializzato nella ricerca applicata, che rappresenta il core business di Fraunhofer Germania. Come già accennato in precedenza, in Alto Adige Fraunhofer Italia ha sviluppato competenze e infrastrutture di ricerca per svolgere in modo consistente anche ricerca di base orientata, che può essere considerata come quella branca della ricerca di base che ha il potenziale di trovare applicazione pratiche e pertanto di soddisfare una determinata esigenza in futuro.

Franz Schöpf: Accanto alla ricerca di base orientata, sopra descritta e che rappresenta il fulcro dei progetti di ricerca applicati sui bandi FESR e Interreg, Fraunhofer Italia svolge naturalmente anche ricerca applicata, che può essere inquadrata come ricerca industriale e sviluppo sperimentale, secondo la definizione europea. L’istituto conduce anche attività di consulenza specialistica e organizzativa, sempre con l’obiettivo di automatizzare e di digitalizzare sia l’attività dell’impresa, per trovare soluzioni organizzative più adatte alle piccole e medie imprese, sia a favore anche della pubblica amministrazione (con il progetto BIM / Priority per la P.A.). Altri temi di grande attualità sono l’interazione uomo-macchina e l’automazione nell’ambito dell’industria 4.0. L’ente trae beneficio dalle molteplici esperienze e competenze del suo attuale Direttore, un’esperienza maturata sia all’interno di società di consulenza, sia come professore di ingegneria e logistica: questi sono i suoi principali ambiti di intervento e forte di questa esperienza ha collaborato anche con la Provincia in diversi progetti europei, ancora prima che esistesse Fraunhofer. Di conseguenza, il Direttore è così in grado di integrare le esigenze della ricerca e delle imprese, coinvolgendo anche i vari attori dell’innovazione oltre all’ente pubblico. Questo per la Provincia ha un grandissimo valore. Se è vero che l’Alto Adige manifesta tante debolezze, uno dei suoi maggiori punti di forza è la capacità di connettere più attori per creare sinergie e valore aggiunto. Quando la Provincia finanzia la spesa universitaria chiede proprio queste sinergie. Inoltre, la Giunta chiede agli enti di sviluppare ricerca che possa avere dei riflessi positivi per lo sviluppo territoriale, magari non sempre immediati. Anche gli attori altoatesini ritengono importante che gli istituti di ricerca interagiscano con il territorio ed è per questo motivo che i professori devono sviluppare progetti territoriali, anche se non è sempre facile. In ogni caso, osserviamo già dei risultati molto importanti ottenuti in questo senso.

Un altro istituto di ricerca di grande tradizione è il Centro di sperimentazione Laimburg, specializzato nel sostenere l’agricoltura dell’Alto Adige, caratterizzata da due colture principali, le mele e l’uva. Laimburg si focalizza su tecnologie che tengono conto delle esigenze di sviluppo e modernizzazione dell’agricoltura, oltre che su tutta la parte di concimazione e trattamento contro agenti di vario tipo e sulla trasformazione della frutta anche a scopo alimentare. L’istituto Laimburg ha un importante ruolo nella ricerca, in un campo che per il territorio ha una particolare rilevanza. In Alto Adige, l’agricoltore è una professione rispettata, che garantisce benessere economico e ha un alto valore anche in termini di prestigio, a differenza di quanto accade in tanti altri territori europei.

 

Come funziona il sistema di finanziamento di queste realtà?

Franz Schöpf: La Provincia ha ampia autonomia grazie a un bilancio che può trattenere gran parte delle risorse fiscali che vengono generate sul territorio. Visto che la produzione economica dell’Alto Adige è alta, abbiamo risorse da condividere con lo Stato italiano. La parte che possiamo trattenere permette di sostenere la ricerca e l’innovazione con risorse del bilancio provinciale, integrate da fondi europei di vario tipo, come Horizon, FESR, Fondo Sociale Europeo e Interreg. Anche lo Stato, in particolare con i fondi del PNRR sostiene diversi progetto sul territorio Altoatesino.

Adriano Esposti: Fraunhofer, in particolare, finanzia una parte delle proprie attività di ricerca anche grazie a contratti con imprese e con altri soggetti privati, sia situati sul territorio che a livello nazionale. Questo significa che Fraunhofer ha la capacità di interagire con il tessuto imprenditoriale altoatesino, fatto di piccole e medie imprese, grazie a tanti progetti specificamente ideati a questo fine, che per le loro dimensioni ridotte non richiedono importi particolarmente cospicui: è il numero di progetti che, nel suo insieme, produce una massa critica. Anche per Fraunhofer è di fondamentale importanza la partecipazione ai bandi FESR, Interreg (che rappresentano una parte rilevante dei cosiddetti fondi terzi) e Joint Project, una misura di finanziamento promossa dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Questi ultimi, nello specifico, sono progetti di collaborazione scientifica e di ricerca tra enti di ricerca dell’Alto Adige ed enti di altri Stati europei. Fraunhofer attinge molto a questa linea di finanziamento che riguarda progetti sviluppati in convenzione tra gli enti di ricerca altoatesini e quelli di altri Stati europei, come Austria e Svizzera. Questa, però, è un’iniziativa partita dalla Provincia, che ha formulato finanziamenti strutturati in maniera simile agli Interreg. Se gli Interreg sono proprio dei fondi europei, nei Joint Project ogni Stato cofinanzia la quota dei propri enti di ricerca che partecipano all’iniziativa. Questo aumenta la capacità di collaborazione con realtà che possono essere più sviluppate su altri temi di ricerca. Tale cooperazione avviene con enti che gestiscono i fondi statali della ricerca, per cui l’accordo viene siglato tra la Provincia Autonoma di Bolzano e gli istituti di livello nazionale (come potrebbe essere il CNR in Italia).

Franz Schöpf: I nostri enti sarebbero interessati a collaborare anche con organismi di ricerca italiani, sia a livello regionale che a livello nazionale, ma al momento non risultano strumenti adatti a tale scopo (mentre sono presenti in altri Paesi europei). Per ora è l’Unione Europea a svolgere un ruolo di matching tra i vari enti che possono cooperare in base a bandi, la cui valutazione dei progetti è abbastanza severa. Quindi, la selezione dei progetti degli enti è un grande successo per il territorio e prova una rilevanza di tipo internazionale del sistema di ricerca e sviluppo dell’Alto Adige.

 

Sulla base della vostra esperienza, ci potrebbero essere altri suggerimenti per il governo italiano?

Adriano Esposti: Il primo suggerimento che viene alla mente è quello di investire di più nel bilancio statale sulla ricerca, ma questo è abbastanza scontato perché siamo messi male a livello nazionale, nonostante alcune pregevoli iniziative come i progetti PRIN del Ministero dell’Università e della Ricerca, i quali purtroppo non possono contare su fondi consistenti. Invitalia finanzia progetti di ricerca tematici anche in cooperazione tra diverse imprese in tutto il Paese e qualche singola impresa dell’Alto Adige ha potuto beneficiare di questi programmi nell’ambito dei distretti tecnologici. Questo rappresenta sicuramente una cosa interessante, ma purtroppo non sono progetti focalizzati sulla ricerca scientifica.

Franz Schöpf: In generale, lo Stato ha più attenzione verso la ricerca applicata. Ciò ha una sua logica per rendere possibili i diversi tipi di cooperazione tra le imprese nazionali e per generare valore aggiunto per il territorio. Servirebbero maggiori investimenti a livello nazionale per sostenere la ricerca di base.

 

La Provincia può ulteriormente migliorare il sistema di ricerca altoatesino?

Franz Schöpf: Al momento penso che ci possiamo ritenere soddisfatti. E ciò dipende, in particolare, da due fattori: il primo è l’evoluzione delle capacità di ricerca degli enti altoatesini, che sviluppando nuove tematiche strategiche contribuiscono allo sviluppo di nuove conoscenza che possono favorire tutto il territorio; il secondo è la disponibilità di bilancio, che permette di investire in infrastrutture di ricerca oltre a sostenere i vari enti di ricerca.

Adriano Esposti: Si può fare meglio, ma la ricerca e sviluppo è già in ottimo stato, come anticipato anche dal dottor Schöpf. In particolare, si è sviluppata un’importante interazione tra questi organismi di ricerca e gli obiettivi della smart strategy provinciale. Infatti, la Provincia si è data una serie di obiettivi sul clima, tramite documenti programmatici importanti, per cui questi enti aiutano a realizzare azioni concrete sul territorio.

Franz Schöpf: Aggiungo che si può migliorare il circolo già virtuoso per cui gli istituti di ricerca si muovono sui bandi europei, per poi aiutare le imprese ad avere una progettualità di qualità alta che permette agli enti di ottenere ulteriori finanziamenti. L’ultimo obiettivo è lo sviluppo territoriale sia sotto l’aspetto economico che culturale e sociale, perché le attività di questi istituti di ricerca non sono rivolte solo alle imprese ma anche ai comuni, alle attività professionali, alla sanità, fino alla Provincia stessa.

 

Che tipo di effetto ha la burocrazia sulle attività di ricerca e sviluppo e sulle imprese?

Franz Schöpf: La mia percezione è che la burocrazia sia sicuramente tanta e che sia un tema che diventa ancora più sfidante quando parliamo di capacità competitiva a livello internazionale. Per quanto riguarda le imprese, la burocrazia sta aumentando non solo a livello europeo, ma anche a livello nazionale e locale. Tanti esponenti politici hanno cercato di ridurre la burocrazia, ma ciò non è facile. La mentalità europea, se posso esprimere la mia opinione personale, è spesso molto orientata alla burocrazia, alla sicurezza, al controllo, e questo incide negativamente anche sulla capacità di competere con altri Paesi, dagli Stati Uniti alla Cina.

 

Che tipo di relazione c’è in questo senso tra lo Stato italiano e la Provincia Autonoma di Bolzano?

Franz Schöpf. La Provincia cerca di avere delle buone collaborazioni a livello statale, partecipando nella pianificazione della Smart Specialization Strategy. Ha inoltre contatti molto attivi attraverso il NOI Techpark e collabora molto bene con il Fondo Centrale Garanzia, attraverso i confidi locali. Nel passato, la Provincia partecipava a gruppi di lavoro che avevano l’obiettivo di dotarsi di strumenti di finanziamento della ricerca con indicatori di valutazione standardizzati e concordati, simili a quelli applicati dal Friuli-Venezia Giulia, dalla Lombardia e dal Trentino. In questi gruppi di discussione le varie istituzioni cercavano di copiare o di attuare le best practice delle altre. L’ultima sfida è la digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, di cui il PNRR finanzia un grande progetto. Questo prevede la trasformazione dei siti Internet per poter sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale. La Provincia sta quindi cercando di implementare misure che dovrebbero aiutare sia a snellire e velocizzare le attività all’interno di uffici che favorire il cittadino.

 

Quali consigli potete dare alle imprese che intendono cooperare con Fraunhofer e con gli altri istituti di ricerca altoatesini?

Franz Schöpf: Dobbiamo considerare che gli istituti di ricerca, in primis Fraunhofer, tengono in considerazione la sostenibilità economica e la profittabilità delle loro attività. Questo significa che quando sono in gioco diritti di proprietà o brevetti bisogna chiarire sin dall’inizio come vengono gestiti o tutelati. Per questo motivo le imprese che lavorano con Fraunhofer dovrebbero organizzarsi bene per regolare il tema dei diritti di proprietà dei risultati raggiunti. Una volta risolto il punto relativo all’organizzazione e alla proprietà dei risultati di ricerca, Fraunhofer diventa un partner interessante per le imprese italiane.

Scritto da
Enrico Cerrini

Ha studiato Scienze Economiche all’Università di Pisa e all’Università di Graz e ha conseguito il dottorato in Economia Politica all'Università di Siena.

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