Scritto da Giacomo Bottos
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Luciano Violante, Presidente della Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, esplora il crescente ruolo dello spazio per il futuro dell’umanità e per quello dell’Italia, trattando temi centrali come i progetti in essere nel nostro Paese, l’esplorazione scientifica, l’economia, la geopolitica. In un’epoca in cui la competizione globale e gli investimenti nella space economy sono in forte espansione, Violante sottolinea la necessità di una maggiore cooperazione internazionale e di una regolamentazione in forma di appeasement, elementi chiave per evitare nuove forme di conflitti e promuovere uno sviluppo sostenibile e condiviso delle risorse spaziali.
Perché oggi è importante occuparsi del tema dello spazio e perché lo è, in particolare, per la Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine?
Luciano Violante: Citando lo scienziato russo Konstantin Ciolkovskij: «La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere per sempre in una culla». Da questa convinzione è nato il nostro interesse verso lo spazio, un campo di crescente importanza per la Terra, che ha rilevanti implicazioni anche per le questioni ambientali, la lotta al cambiamento climatico e le telecomunicazioni. Le costellazioni di satelliti, ad esempio, non richiedono collegamenti fisici tra stazioni e quindi rendono possibile la comunicazione in qualunque parte del mondo, anche nel centro del Sahara. Stiamo assistendo a una notevole crescita di investimenti e operazioni nel settore spaziale, in particolare da parte di aziende private, in genere statunitensi, che sono le vere protagoniste dello spazio, da Elon Musk in poi. L’economia dello spazio è in continua crescita, con la prospettiva di raggiungere alla fine della prossima decade, lungo tutta la catena del valore, il trilione di euro. Lo spazio oggi è più conosciuto e più conoscibile rispetto a ieri e ogni nuova conoscenza, come è nello spirito umano, spinge a fare un passo avanti; è un infinito processo per conoscere di più. Nello spazio, inoltre, si manifesterà nel prossimo futuro, con maggiore evidenza rispetto ad oggi, la competizione geopolitica per le risorse, per le telecomunicazioni, per attivare o disattivare tecnologie e strumenti di alleati o avversari, e soprattutto per il monitoraggio e il controllo della Terra. L’evoluzione delle capacità di osservazione della Terra (EO) dallo spazio e il dominio delle informazioni geospaziali sono parte centrale di un più ampio processo di trasformazione digitale a garanzia di flussi informativi tempestivi e adeguati per molteplici aspetti di sicurezza in contesti civili – pensiamo solo alla gestione del territorio e a quella di grandi infrastrutture nel loro ciclo di vita – e in ambiti più prettamente di difesa. Sono nate, inoltre, nuove nazioni spaziali, come l’India e l’Arabia Saudita. L’India è da poco riuscita a raggiungere con una propria sonda il Polo Sud della Luna, dove per la presenza di importanti giacimenti di acqua ghiacciata si pensa sia possibile produrre idrogeno e condurre successive attività cruciali per il futuro dell’esplorazione lunare. Circa la metà dei Paesi africani ha promosso e stipulato delle joint venture con la Cina per operazioni spaziali, anche se naturalmente questi Paesi partecipano in modo limitato in quella che sembra essere una nuova pratica di colonizzazione. Gli investimenti si moltiplicano anche per l’aumentare dell’importanza delle risorse spaziali. Nel 2023 è stata lanciata una missione promossa dalla NASA verso un asteroide chiamato 16 Psyche, si tratta di un’autentica miniera di metalli preziosi in orbita nel sistema solare, tanto fornita di oro e platino da poter rendere ogni abitante della Terra miliardario, se solo fosse possibile portare sul nostro pianeta l’intero carico. L’asteroide 16 Psyche, che fu scoperto nel lontano 1852 da Annibale de Gasparis presso l’osservatorio astronomico di Capodimonte di Napoli, è un corpo celeste largo ben 210 km (dalle dimensioni decisamente superiori alla media) e situato tra Marte e Giove, all’interno della cosiddetta “fascia principale degli asteroidi”. Il valore economico stimato dei metalli contenuti è di oltre diecimila quadrilioni di dollari (10.000.000.000.000.000) un numero molto raro da vedere e che attira inevitabilmente l’attenzione. Ma con Fondazione Leonardo-Civiltà delle macchine non ci occupiamo solo di spazio e con uno spin off chiamato “Futuri probabili” studiamo altri due mondi alla frontiera del futuro: l’intelligenza artificiale in tutte le sue applicazioni, compreso il metaverso, e i fondali marini.
Ha accennato al lavoro che state facendo su diversi domini, non solo sullo spazio ma anche sui fondali marini e oceanici. Può farci qualche esempio delle interrelazioni che si hanno tra questi diversi domini?
Luciano Violante: Sicuramente le interrelazioni le vediamo nella medicina, perché quella spaziale e quella iperbarica condividono sfide simili, legate ai dati relativi alla pressione, alla gravità e alla luce, che per essere affrontate necessitano della collaborazione tanto con i medici che si occupano di spazio quanto con quelli che si occupano di ambienti subacquei. Con “Futuri Probabili”, un titolo che è un manifesto, abbiamo avviato una ricerca su questi problemi con l’Università San Raffaele del gruppo Multiversity e con un insieme di medici specialisti. Un altro aspetto è poi il mining, un’attività di perforazione possibile sia nei corpi celesti che nel dominio subacqueo, anche se in questo caso la questione è più delicata perché l’autorità delle Nazioni Unite che se ne occupa, nonostante le pressioni molto forti, sembra restia per ragioni ambientali ad aprire senza controlli a questo tipo di sfruttamento economico. Altre questioni cruciali relative al dominio oceanico sono poi quelle che riguardano l’inquinamento, i noduli polimetallici, le terre rare e le zone economiche esclusive che alcuni Stati insulari stanno iniziando ad ampliare, per autorizzare perforazioni in cambio di corrispettivi economici. Nel complesso, ci sono problemi ma anche opportunità notevoli, comuni a questi domini, che vanno dalla ricerca di conoscenza allo sviluppo di tecnologie di frontiera fino allo sfruttamento di materiali pregiati, nello spazio come nei fondali oceanici.
Quale è stato il percorso della Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine in questi settori?
Luciano Violante: Innanzitutto abbiamo lavorato a un Rapporto su Space Economy, Space Industry e Space Law, risultato della collaborazione tra la Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, lo Space Economy Evolution (SEE) Lab di SDA Bocconi School of Management della professoressa Simonetta Di Pippo e il gruppo di lavoro dell’Università “La Sapienza” di Roma coordinato dal professor Sergio Marchisio. Questo lavoro – che propone un’analisi economica e industriale della situazione dello spazio nel contesto sia italiano che globale, oltre a possibili interventi legislativi a sostegno dell’industria, della ricerca e delle politiche spaziali del Paese – è durato due anni e ha coinvolto diverse realtà attive nel settore, con un approccio di ascolto e condivisione di riflessioni confluite anche in un libro a più mani pubblicato da il Mulino. L’obiettivo principale del rapporto, il primo su questo settore in Italia, è instaurare un dialogo con l’industria e i principali stakeholder del settore. Durante l’ultimo incontro, tenutosi il 17 dicembre 2023 nell’ambito della Giornata dello spazio, erano presenti quattrocento imprese. Il tema centrale di questa giornata ha riguardato la consapevolezza di istituzioni e parlamentari in merito alle questioni spaziali, e attraverso il dialogo con le imprese è stato possibile offrire una panoramica delle esigenze del settore industriale, andando oltre i soli aspetti regolatori. Dal rapporto emerge un quadro complessivo degli investimenti e della situazione industriale che, nonostante la mancanza di fondi paragonabili a quelli degli Stati Uniti, mostra comunque una buona posizione dell’Europa, malgrado il nostro continente non disponga di esperienze imprenditoriali paragonabili a SpaceX di Elon Musk o a Blue Origin di Jeff Bezos e presenti un settore spaziale principalmente pubblico e con risorse ancora limitate. Questo comporta una sfida aggiuntiva, poiché gli investitori internazionali tendono a preferire gli Stati Uniti nelle loro strategie di investimento, ma il nostro Paese può compensare questo svantaggio grazie a una solida capacità tecnologica e industriale e a un crescente impegno finanziario. D’altro canto, in Italia esiste un problema di governance del settore spaziale anche perché il Ministro Colao, nel governo Draghi, pur avendo svolto un lavoro eccellente, ha proposto un’idea che ad alcuni è apparsa discutibile: togliere la gestione delle questioni spaziali dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e affidarla a un Ministero, nella specie quello dello Sviluppo Economico, che peraltro sta facendo bene, disarticolando così il processo strategico e quello decisionale. Questa impostazione è problematica poiché le questioni spaziali coinvolgono industria, difesa, sicurezza e relazioni internazionali, tipiche competenze della Presidenza del Consiglio. Il professor Marchisio, una delle massime autorità europee in materia, ha fornito un contributo significativo sugli aspetti regolatori perché ci ha aiutato a delineare le questioni che riguardano la Terra e lo spazio e a concentrarci sulla governance spaziale, in particolare sul problema dei diritti reali sui corpi celesti. Entro il prossimo decennio si prevedono dalle ottanta alle cento nuove missioni spaziali, ma non abbiamo regole condivise sulla cooperazione o per lo meno sulla competizione non aggressiva per l’utilizzazione delle risorse spaziali e questa è una lacuna che va colmata. Lo spazio, inoltre, è connesso alla sostenibilità; senza lo spazio e senza la space economy non si può neanche parlare di sostenibilità. Si tratta di questioni quali la decarbonizzazione, la lotta al cambiamento climatico, la gestione delle emergenze create dai disastri naturali, la digitalizzazione della vita pubblica e privata, il monitoraggio dei flussi migratori e della biodiversità, la pianificazione urbana, i trasporti, le energie rinnovabili. Lo spazio contribuisce a oltre la metà dei 169 sotto-obbiettivi dell’agenda 2030 di Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, approvata nel settembre 2015. L’impegno dell’Italia preoccupa la Francia, sinora leader della politica spaziale in Europa. Sulla testata francese La Tribune i sindaci di Cannes e di Tolosa, esponenti di città molto legate all’aerospazio, sedi di Thales e Airbus, segnalano che l’Italia ha impegnato 2,2 miliardi di euro del PNRR nell’aerospazio, investe in una fabbrica di integrazione satellitare a Roma e il progetto “Città dell’Aerospazio” a Torino riscontra successo nelle esportazioni e in nuovi contratti per i suoi produttori. Uno dei lavori che stiamo avviando con “Futuri probabili” si concentra proprio sui diritti reali nello spazio, che ho scherzosamente definito come la possibile creazione di un “catasto lunare”. Questa fase ricorda la corsa ai territori nel West degli Stati Uniti, dove chi arrivava per primo si appropriava della terra migliore. Fortunatamente, nello spazio non esistono popolazioni indigene ma il principio rimane: chi arriva per primo prende le parti migliori. Ad esempio per quanto riguarda la Luna, attualmente non sappiamo con certezza quali siano le aree più preziose, ma è probabile che i Poli, dove si trova l’acqua, saranno tra queste. Vi sono poi ulteriori questioni cruciali, come l’utilizzo della regolite lunare per la stampa 3D e la produzione di un’agricoltura spaziale tramite bolle gonfiabili nelle quali sia possibile coltivare ortaggi e verdure. Tutto ciò richiede di costruire relazioni tra i diversi attori coinvolti e una collaborazione internazionale, evitando di riproporre nello spazio le divisioni e i conflitti che affliggono la Terra. Il nostro lavoro nell’ambito di questo rapporto si è finora concentrato principalmente su economia e industria, ma intendiamo approfondire anche questi aspetti legati alla governance dello spazio.
Dal punto di vista economico-industriale, in Italia abbiamo attori di primo piano come Thales Alenia Space, Telespazio e Avio a cui si affianca un ecosistema composto da alcune imprese di medie dimensioni e da una rete di startup. Come sta evolvendo il settore?
Luciano Violante: Osserviamo un’evoluzione del sistema verso una marcata tendenza alla specializzazione in determinati settori, con una crescente capacità di interazione. In Puglia, ad esempio, l’industria spaziale sta ottenendo ottimi risultati facendo emergere una specificità regionale. Ottimo lavoro sta facendo la “Città dell’Aerospazio” a Torino. Come accennato, in Italia non possiamo ambire a competere con i colossi globali statunitensi o cinesi, ma possiamo concentrarci sulla capacità di eccellere in ambiti specifici con risultati mirati e di altissima qualità, obiettivi che stiamo perseguendo con un certo successo. Un dato significativo e positivo è che una parte rilevante delle apparecchiature spaziali venga prodotta in Italia, con il nostro Paese in prima fila anche nell’affrontare la questione dei moduli abitativi lunari e un ruolo importante di alcune aziende italiane particolarmente impegnate nella produzione di materiali trasparenti per l’osservazione esterna. Sebbene siano Stati Uniti e Cina a detenere risorse maggiori, come accennato stiamo conquistando un ruolo significativo in Europa. Nel complesso, siamo in grado di fornire conoscenze, tecnologie, componenti e servizi, proprio come facciamo con successo in altri settori industriali di punta. Se entro il 2030 l’uomo tornerà davvero sulla Luna, si aprirà poi la questione di un possibile salto verso Marte nel ventennio successivo, e certamente faremo la nostra parte anche in questa nuova sfida.
Per quanto riguarda gli aspetti legislativi, avete portato avanti una discussione per una legge sullo spazio. Quali sono i suoi elementi fondamentali?
Luciano Violante: Nel settembre 2023, abbiamo presentato al Ministro Urso un Rapporto sullo spazio, con un progetto completo di legge delega sullo spazio, che è pubblicato anche in appendice al volume de il Mulino citato in precedenza. Abbiamo avanzato proposte sulla responsabilità dello Stato, sulla garanzia che l’operatore attivo nello spazio possieda le caratteristiche necessarie, sul risarcimento in caso di danni e sulla questione assicurativa, un aspetto tutt’altro che secondario in questo tipo di operazioni. Gli stessi operatori ci hanno sollevato questa preoccupazione legata alle assicurazioni, che in altri Paesi sono già in qualche modo garantite per le questioni spaziali, mentre in Italia non è ancora così; pertanto, noi proponiamo di introdurre questo tipo di garanzia. Infine, esiste l’importante questione del raccordo e del coordinamento tra i vari soggetti che operano in questo ambito, un problema politicamente molto delicato che richiede un’attenta gestione.
Tornando alla questione europea e al ritardo del nostro continente in alcuni campi della “nuova corsa allo spazio”, cosa sarebbe opportuno fare per aumentare il protagonismo europeo?
Luciano Violante: Queste questioni sono piuttosto delicate, perché credo non sia né corretto né elegante dire agli altri Paesi cosa dovrebbero fare. Devo però riconoscere che l’ESA sta lavorando bene, soprattutto grazie ai fondi ormai significativi di cui dispone. Credo che il punto centrale della partecipazione europea rimanga una salda alleanza con gli Stati Uniti, in particolare attraverso il programma Artemis. Tuttavia, quando due anni fa c’è stata la riunione dei partecipanti al programma Artemis, insieme a tutti i Paesi del blocco occidentale avrei auspicato che venisse invitata anche la Cina, poiché la sua esclusione ha favorito una più stretta alleanza spaziale russo-cinese. È vero che collaborare con i cinesi può essere complesso, ma è spesso preferibile averli come partner piuttosto che come avversari, come accade in molte altre situazioni. Mi chiedo, inoltre, se l’Unione Europea non debba prestare maggiore attenzione all’Africa, non solo per motivi strategici ma anche come occasione per una presenza positiva e non coloniale nel continente. Ovviamente, il problema principale in Africa resta la governance; il “Piano Mattei”, ad esempio, potrebbe includere una forma di collaborazione spaziale con i Paesi africani, aprendo nuove prospettive di cooperazione.
In questo nuovo scenario di maggiore protagonismo dei privati nella New Space Economy, che tipo di opportunità e che tipo di rischi intravede?
Luciano Violante: Non vedo particolari rischi, sebbene sia chiaro – e vada sempre tenuto adeguatamente presente – che il settore privato agisce seguendo i propri interessi economici e non certo per fare beneficenza. Un aspetto delicato riguarda però i brevetti sulle scoperte, perché sostanzialmente l’Executive Order on Encouraging International Support for the Recovery and Use of Space Resources dell’amministrazione Trump sosteneva che un’azienda privata che dovesse trovare qualcosa nello spazio non è obbligata a rivelare ciò che ha scoperto o sfruttato, potendo mantenere una sorta di segreto industriale che però comporterebbe qualche problema di trasparenza. Tuttavia, ritengo che l’ingresso dei privati porti al momento principalmente benefici e nuove opportunità. Inoltre, non vedo un grande sviluppo del cosiddetto “turismo spaziale” di cui tanto si parla, anche in termini negativi, e molte delle discussioni in merito mi sembrano più che altro speculative o sensazionalistiche. In generale, per quanto riguarda il tema della regolazione in un contesto di rapidi cambiamenti non credo sia utile pensare a regole rigide come potrebbero essere quelle di un codice, ma sarebbe più efficace fissare dei principi generali e, se possibile, istituire un’autorità internazionale che possa intervenire per risolvere eventuali tensioni. Dato che in questo ambito prevalgono i rapporti di forza, pensare a una forma di appeasement per gestire le situazioni in modo flessibile credo possa essere, al momento, la soluzione migliore.
Storicamente abbiamo attribuito allo spazio una dimensione immaginifica che si è sviluppata anche attraverso la letteratura e le altre forme di espressione artistica. Ci avviciniamo invece a una fase in cui questa dimensione andrà principalmente verso uno sfruttamento scientifico ed economico?
Luciano Violante: L’aspetto scientifico e quello economico sono sicuramente i più interessanti, ciascuno con le proprie peculiarità. Dal punto di vista scientifico, l’esplorazione spaziale offre una prospettiva unica per comprendere non solo l’origine e l’evoluzione della Terra, ma anche per esplorare l’universo in modo più profondo. Attualmente conosciamo solo il 5% della materia dell’universo, mentre il restante 95% rimane ancora ignoto. Un vasto e affascinante campo di studio scientifico che ci invita a scoprire e a comprendere le fondamenta stesse della realtà, aprendoci un’opportunità straordinaria per ampliare le nostre conoscenze e per rispondere a domande fondamentali sulla natura dell’universo. L’aspetto economico ha caratteristiche diverse, perché riguarda un’esplorazione spaziale votata a generare significative opportunità per contribuire allo sviluppo di nuove applicazioni tecnologiche e nuove industrie. Il fascino scientifico dell’esplorazione spaziale è straordinario mentre l’aspetto economico tende a essere meno affascinante, ma entrambi gli aspetti sono interconnessi e contribuiscono in modi diversi alla nostra comprensione e al progresso dell’umanità. La possibilità di approfondire la conoscenza dell’universo e di scoprirne i tanti misteri rimane, a mio avviso, la parte più interessante.