Scritto da Marco Valenziano
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Gabriele Bitelli è Professore ordinario di Geomatica all’Università di Bologna.
L’osservazione della Terra è un settore che, al netto del grande fascino e suggestione che esercitano le immagini della terra vista dallo spazio, ha fatto grandi progressi ed è andato incontro a profonde trasformazioni nel corso del tempo. Come si è evoluto questo ambito nel corso del tempo?
Gabriele Bitelli: L’osservazione della Terra per scopi civili ha compiuto cinquant’anni di recente. Il primo satellite Landsat americano è stato lanciato nel 1972, quindi parliamo di mezzo secolo di osservazione continuata del nostro pianeta. In questi decenni si è oltremodo ampliato il numero delle missioni spaziali e delle agenzie nazionali e sovranazionali che le gestiscono, con una amplissima varietà di dati oggi disponibili. L’impressionante evoluzione tecnologica nell’ambito dei sensori ha inoltre permesso il moltiplicarsi delle possibilità applicative. Siamo passati, per esempio, da una risoluzione a terra, in pratica la dimensione del pixel, di decine di metri a soluzioni metriche e submetriche, che quindi permettono un livello di dettaglio elevatissimo, e questo ha cambiato significativamente tutto l’ambito del monitoraggio del territorio. Grazie a decenni di osservazione satellitare continuata della Terra, oggi possiamo andare indietro nel tempo e vedere quale è stata l’evoluzione di un determinato territorio. Quindi gli studi su un’area di interesse non cominciano necessariamente dal presente ma è possibile utilizzare immagini acquisite nel corso degli ultimi cinquant’anni, e questo è uno dei pochi ambiti in cui è possibile farlo in modo rigoroso. A tutto questo si deve aggiungere la questione forse più importante: non si tratta di “fotografie” ma di immagini complesse che hanno un contenuto legato al comportamento fisico dei materiali a terra, che consentono di riconoscere i tipi di coperture e di supportare moltissime applicazioni. Anche in questo senso c’è stata una grande evoluzione, dai primi sensori multispettrali a poche bande fino ai sistemi iperspettrali più moderni. Le caratteristiche sempre più evolute dei prodotti e una sempre maggiore disponibilità e accessibilità ai dati, sia ottici che radar, sono state le premesse per la crescita di un vasto e articolato ecosistema legato all’osservazione della Terra, che ha portato allo sviluppo di numerose applicazioni nonché alla nascita di sempre più imprese che lavorano in questo ambito della space economy. Io mi occupo di questo settore dal punto di vista della didattica e della ricerca; nello specifico, lavoro nel campo della Geomatica, termine con cui oggi si inquadrano tutte le tecniche, le scienze e le tecnologie che afferiscono al rilevamento del territorio a tutte le scale. In particolare, mi occupo di insegnare il telerilevamento nei corsi di laurea di ingegneria, evidenziando le potenzialità che derivano dall’integrare questo dato con altre informazioni acquisite con molti altri sistemi a terra, nonché da aereo, drone o altre piattaforme aeree che non siano necessariamente satelliti. Sono tematiche innovative e sicuramente promettenti per i nostri studenti.
La crescente attenzione sui Big Data ha avuto un riflesso anche in quest’ambito? ad esempio, nel modo in cui avviene l’integrazione dei dati provenienti da fonti diverse?
Gabriele Bitelli: Assolutamente si. L’integrazione ha voluto dire, da un lato, la possibilità di fondere informazioni provenienti da tecniche, sensori e metodologie diverse arricchendo moltissimo le capacità di interpretazione dei fenomeni. Dall’altro, ha significato anche avere a disposizione una quantità di dati digitali difficilmente immaginabile in passato. Si pensi che Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea, genera 12 terabyte di dati al giorno, peraltro fruibili da chiunque in modalità libera e gratuita. Abbiamo allora la necessità di utilizzare strumenti che siano in grado di maneggiare dati così importanti, certamente dei Big Data, in maniera efficiente, in modo da poter estrarre le informazioni che ci interessano epurandoli da ciò che rappresenta solo uno “sfondo”. Si pensi per esempio all’analisi di lunghe serie temporali di immagini, per un monitoraggio puntuale del territorio che non ha precedenti. La proliferazione dei sistemi di raccolta dei dati ha portato a una possibilità di accesso ai dati geospaziali mai vista in precedenza e su questo fronte ci stiamo orientando con tecniche che contemplano sempre di più l’uso dell’intelligenza artificiale.
In questo contesto, lo sforzo della Regione Emilia-Romagna per lo sviluppo della space economy in quali azioni si è concretizzato?
Gabriele Bitelli: Dal punto di vista dell’Emilia-Romagna c’è un interesse sempre maggiore della Regione per lo sviluppo di una space economy che utilizzi i dati geospaziali, per una maggiore comprensione dei fenomeni che avvengono sul nostro pianeta e per poter monitorare le grandi trasformazioni che stiamo vivendo, a partire dal tema cruciale del cambiamento climatico. Lo sforzo della Regione si è concentrato innanzitutto sul porre questa tematica tra gli obiettivi più importanti a livello di ricerca e sviluppo nel nostro territorio. Inoltre, la Regione cerca di accompagnare le imprese, anche le giovani startup, che vogliono dedicarsi a questo settore, sviluppando delle reti di relazioni tra gli attori del territorio e anche in ambito internazionale. Questa attività si è concretizzata anche con importanti missioni regionali all’estero, in Paesi ritenuti strategici sul fronte dello spazio, missioni che hanno consentito lo sviluppo o l’ampliamento di network che coinvolgono realtà all’avanguardia nel settore spaziale sia in ambito upstream che downstream.
Per quanto riguarda i progetti di ricerca di cui lei si occupa o in cui è coinvolto, può menzionarne qualcuno dedicato specificatamente all’ambito spaziale?
Gabriele Bitelli: Le applicazioni delle nostre ricerche, che sono spesso correlate alla didattica, nel campo dell’osservazione della Terra sono veramente molteplici, ed è difficile nominare un campo prevalente. Vi sono studi sulla qualità dei dati o sugli algoritmi di calibrazione e correzione degli stessi, ma vi sono molte ricerche di ambito applicativo. Ad esempio, ci occupiamo dello studio relativo ai disastri (alluvioni, incendi, terremoti, ecc.) e di come utilizzare il dato telerilevato nella gestione del rischio, sia durante l’evento che successivamente nelle fasi di ripristino, sovente sottostimate. Vi sono applicazioni nell’ambito dell’agricoltura di precisione e altre nel monitoraggio ambientale, per studiare come si sta evolvendo l’uso o il consumo del suolo e come si trasformano le tipologie di copertura durante i decenni. Per supportare studi sulle serie storiche di immagini, stiamo mettendo a punto metodi per poter integrare fra loro dati derivati da missioni diverse, per esempio nel calcolo degli indici vegetazionali. Inoltre, lavoriamo sulla salvaguardia ambientale per il monitoraggio di molti fenomeni a lenta dinamica che possono incidere sul territorio, per esempio nella protezione di aree costiere, sulla subsidenza, sulla desertificazione. Un altro aspetto riguarda l’ambito urbano, dove applichiamo studi correlabili anche alla pianificazione, usando dati termici per valutare il fenomeno dell’isola urbana di calore o per studi sul versante energetico, per applicazioni smart city o a supporto dello sviluppo di gemelli digitali a scala urbana. Un altro ambito è quello della protezione del patrimonio culturale considerato nel suo contesto ambientale. Gran parte di queste applicazioni rientrano nei sustainable development goals concordati dagli Stati membri delle Nazioni Unite.
Attorno a questi progetti ci sono collaborazioni significative ed enti coinvolti che promuovono network in questo ambito?
Gabriele Bitelli: Come Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna facciamo parte della rete europea Copernicus Academy, che comprende molte istituzioni accademiche e istituti di ricerca che promuovono l’uso dei dati derivanti dal programma Copernicus, affinché siano impiegati dal maggior numero di utenti. Questi non necessariamente devono essere degli esperti nell’uso del dato satellitare ma possono essere anche soggetti con esperienze e competenze diverse che vanno accompagnati nella scoperta dei preziosi servizi offerti dal programma, come anche delle immagini fornite dai satelliti Sentinel di Copernicus. Un ruolo in qualche modo parallelo che coinvolge istituzioni regionali europee è quello svolto dalla rete Nereus, a cui aderiamo. Faccio anche parte del Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Aerospace, basato soprattutto su Forlì. Lì ha sede la parte aerospaziale principale del CIRI, mentre il nostro gruppo di Geomatica a Bologna si occupa soprattutto dell’ambito downstream, cioè dei dati satellitari e della loro elaborazione, e della parte che riguarda i GNSS (global navigation satellite system), cioè i sistemi di posizionamento e localizzazione spaziale applicati alla navigazione terrestre, marittima o aerea (come il sistema statunitense GPS). A Bologna il telerilevamento viene trattato anche in altri contesti e facoltà, non solo ingegneristiche, che comprendono la geografia o altri ambiti che hanno a che fare con il territorio, come agraria o scienze ambientali. Certamente, per concludere, la molteplicità dei campi applicativi dell’osservazione della Terra favorisce il fatto che le collaborazioni coinvolgano non solo enti di ricerca, università e agenzie spaziali (ASI ed ESA in primo luogo) ma anche altri soggetti del territorio, a partire dalle imprese, e le pubbliche amministrazioni locali, tutti attori che sono, o saranno presto, coinvolti nell’uso di questi dati in maniera sempre maggiore.
Quali sono le figure e le competenze che intendete formare?
Gabriele Bitelli: Nel nostro ambito geomatico cerchiamo sempre di orientare la formazione alle capacità di sviluppare competenze sull’uso appropriato del dato satellitare e sulla sua integrazione con gli altri dati geospaziali, anche acquisiti a terra. Di frequente tutti i dati geospaziali convergono all’interno di un sistema informativo geografico (GIS) – un sistema computerizzato che permette acquisire, registrare, analizzare, visualizzare, restituire, condividere e presentare informazioni sul territorio – e noi siamo molto attenti alla qualità di questi dati, come anche a trasmettere agli studenti o alle istituzioni il concetto che la cosa più importante di un GIS non è il software, l’hardware o la rete ma sono i dati che lo alimentano e le procedure che si adottano. Quindi la qualità del GIS deriva dalla qualità dei dati e dalla capacità degli operatori di mettere insieme correttamente dati compatibili e coerenti tra loro. Noi lavoriamo molto anche con i dati a terra, li riteniamo fondamentali e li raccogliamo non solo per integrare ma anche per calibrare i dati satellitari. Uno studente che segue i nostri corsi, al termine del suo percorso di studio dovrebbe essere in grado di comprendere quali sono le metodologie e le tecniche più appropriate, e i dati satellitari più adatti, per poter realizzare certi obiettivi a una scala territoriale che può essere regionale, ma anche superregionale, o al contrario urbana o su un ambito geografico ancora più ridotto. Competenze che ovviamente saranno molto più avanzate per chi segue il percorso di dottorato di ricerca.
Sul fronte dell’interazione con l’ecosistema economico quali sono le iniziative principali? Quali sono potenzialità o le possibili attività che può svolgere un’impresa in questi ambiti?
Gabriele Bitelli: Le mie collaborazioni e attività di networking con le imprese in ambito regionale hanno un primo punto di raccordo nel Clust-ER Innovate dedicato all’innovazione nei servizi, al cui interno esiste uno specifico gruppo di lavoro “Aerospace Downstream” in cui si valorizzano le molteplici applicazioni che possono avere i dati di osservazione della Terra. Per quanto riguarda il ruolo delle imprese è difficile dare una risposta univoca e invariante nel tempo. Negli ultimi anni sono infatti nate molte soluzioni applicative, soprattutto orientate al monitoraggio del territorio e al supporto nelle decisioni sui fenomeni che il territorio deve governare. Queste iniziative stanno oggi già innovandosi e moltiplicandosi grazie al fatto che le tecnologie e i dati a disposizione stanno crescendo in maniera esponenziale. Non si tratta solo delle caratteristiche di base, come può essere la risoluzione spaziale dei dati, ma per esempio anche la risoluzione temporale. Avere a disposizione informazioni da immagini ottiche o radar a una frequenza molto più elevata del passato, potenzialmente in futuro in quasi real-time, significa poter attivare il monitoraggio di fenomeni che si sviluppano con dinamiche molto diverse. Questo una volta era impensabile e quindi non traducibile a livello di imprese, oggi invece questi nuovi mercati si stanno concretamente aprendo.
E sul fronte del rapporto con la dimensione dell’elaborazione del dato e del supercalcolo, ci sono anche lì delle opportunità?
Gabriele Bitelli: Sicuramente il Tecnopolo di Bologna e il supercomputer Leonardo, con la sua capacità di supercalcolo, saranno infrastrutture determinanti per lo sviluppo del settore dell’osservazione della Terra e saranno molto importanti per un utilizzo più diffuso di questi dati, che sono molto onerosi da gestire. Da un lato c’è il fattore della dimensione dei dati che rende complesso un certo tipo di elaborazione, soprattutto quando parliamo di serie temporali. Dover gestire centinaia di immagini, che diventano centinaia o decine di centinaia di gigabyte di dati su cui fare operazioni complesse, rende significativo l’hardware, che è fondamentale anche per sviluppare determinati algoritmi di intelligenza artificiale che richiedono macchine particolari e molto performanti.
Quali prospettive future vede per l’ambito dell’osservazione della terra, in relazione alla sua attività di didattica e ricerca e più in generale per l’ecosistema emiliano-romagnolo?
Gabriele Bitelli: Direi che la risposta è già implicita in quanto ci siamo detti finora: sono fiducioso che le prospettive siano molto buone per il nostro ecosistema regionale. È cresciuta la consapevolezza del grande valore dell’osservazione della Terra come elemento irrinunciabile per gestire al meglio e in modo sostenibile le risorse che abbiamo, le soluzioni delle imprese crescono e la didattica e la ricerca faranno la loro parte per questo ecosistema.