Scritto da Marco Valenziano
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All’apice del programma Apollo si considera che la NASA stesse impiegando circa un quarto del budget federale statunitense per la conquista della Luna. Questa spesa non trascurabile ha permesso la vittoria americana nella corsa allo spazio, ma vista con le lenti del presente – con crisi umanitarie e ambientali sempre maggiori – ci si può razionalmente interrogare se una tale epopea potrebbe essere rifinanziata oggi. È una domanda a cui ha sicuramente dato una risposta la Presidenza Obama con la cancellazione del programma Constellation nel 2010. Tuttavia, la porta non è stata chiusa a missioni commerciali, che negli ultimi anni hanno guadagnato un quasi monopolio dei lanci verso lo spazio. Attualmente, non c’è un amatore dello spazio che non sappia cosa siano SpaceX e il vettore Falcon 9, i cui lanci sono interamente trasmessi in diretta su YouTube. Al contempo, non c’è un imprenditore interessato allo spazio che non sappia che quasi sicuramente il suo progetto potrà essere lanciato solo con tale vettore. Infatti, se SpaceX e altre aziende americane hanno permesso l’accesso allo spazio a un numero di attori sempre maggiore, non si può non notare i rischi per il mercato, soprattutto per missioni non americane. L’Unione Europea non può più escludere misure contro la distorsione della concorrenza, come già fatto per il settore del digitale, anche se la situazione di partenza è più complessa.
La politica spaziale è una competenza concorrente dell’Unione Europea: le azioni dell’Unione non devono limitare le attività nazionali dello spazio. Infatti, gli stati agiscono in autonomia (e senza armonizzazione normativa), per quanto riguarda prettamente il settore difesa, e tramite l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per la ricerca scientifica. I Trattati Europei citano essi stessi l’interlocuzione con l’ESA (Art. 189 TFUE), la quale nel tempo ha dimostrato di poter progettare missioni di tutte le dimensioni senza il supporto di altre agenzie spaziali. Questa architettura ha permesso negli anni di sviluppare numerosi programmi di successo nel settore della ricerca (Horizon 2000 e Cosmic Vision), con progetti quali la sonda Rosetta o i satelliti XMM-Newton, Planck, BepiColombo ed Euclid. Nel contesto dell’Unione Europea si annoverano le missioni Copernicus, Galileo ed EGNOS che sono regolarmente utilizzate per lo studio della Terra e per il supporto dell’economia europea.
Il contesto globale obbliga però l’Europa a riconsiderare le proprie strategie nei confronti dello spazio, anche in ottica di un’autonomia strategica. Al momento due sono le sfide da affrontare: la sicurezza delle missioni e per l’Europa e il crescente ruolo dei privati nella cosiddetta new space economy. Per quanto riguarda il settore sicurezza e difesa, l’Unione Europea ha creato due nuove missioni – GovSatCom e SSA (Space Situational Awareness) – dedicate rispettivamente alle comunicazioni satellitari sicure per i governi e al monitoraggio e alla prevenzione dei rischi provenienti dallo spazio. Queste hanno trovato il favore di tutti gli Stati membri, necessario quando si tratta di politica estera e di sicurezza comune (PESC) secondo l’Art. 24 TUE. Il supporto è arrivato altresì dal Consiglio Spaziale che include anche quegli Stati membri dell’ESA ma non dell’Unione Europea. A livello nazionale il Governo italiano ha recentemente approvato la Strategia nazionale di sicurezza per lo spazio che mira a favorire gli investimenti nel settore spazio e a garantire la sicurezza e protezione dei progetti, in linea con le strategie europee in materia.
Sul fronte della new space economy civile invece l’Unione Europea sembra aver intrapreso posizioni meno nette. Attualmente la Commissione Europea ha lanciato per il periodo 2021-2027 l’iniziativa CASSINI che mira a incentivare e supportare il tessuto industriale europeo nel settore spazio. Lo strumento fa uso di hackaton, premi, ricerca di partnership e accesso ai fondi per supportare le piccole e medie imprese (PMI) e le startup che si affacciano su questa economia. CASSINI è dotata di un miliardo di euro di finanziamenti in sette anni. Se questo ha portato diverse società di venture capital a investire su aziende del Vecchio Continente, permangono comunque forti criticità nella strategia europea. In primo luogo, non esiste una Legge spaziale armonizzata a livello continentale ma solo equivalenti nazionali (permesse dai Trattati). Questo rischia di mettere in competizione gli Stati membri e creare disparità nelle possibilità di finanziamento tra chi ha un debito pubblico più basso e chi più alto. Inoltre, ci sono dei forti colli di bottiglia per le missioni spaziali, soprattutto dal punto di vista dei lanciatori. Gli unici lanciatori europei al momento sono prodotti dalla Arianespace in Francia e da Avio in Italia; ma la prima ha incontrato forti ritardi nello sviluppo dei nuovi lanciatori Ariane 6 e nel contempo ha dismesso il precedente, affidabile lanciatore Ariane 5; la seconda ha avuto dei problemi tecnici sul lanciatore Vega C, di cui si prevede la ripresa dei lanci alla fine del 2024. Data la sospensione dei lanci dallo spazioporto europeo di Kourou, con i vettori Soyuz russi a causa del conflitto ucraino, l’offerta europea si è fortemente ridotta (solo tre lanci nel 2023), portando sostanzialmente tutti gli attori privati e anche l’ESA stessa a optare per soluzioni americane, in particolare il Falcon 9 di SpaceX (91 lanci nel 2023), per mancanza di alternative. Questa situazione porta a forti criticità per l’Unione Europea nel beneficiare della crescita della new space economy. Paradossalmente, l’Europa si ritrova ad avere un moderno spazioporto a Kourou nella Guiana Francese ma di non poter rispondere alla necessità delle sue PMI, soprattutto nel settore dei satelliti di piccola taglia.
Eppure, in ambito civile l’Unione Europea tecnicamente può affrontare questo problema, per giunta con strumenti che non necessitano dell’unanimità degli Stati membri o del Consiglio Spaziale. L’Unione può intervenire direttamente sulle infrastrutture spaziali europee tramite la Procedura Legislativa Ordinaria ai sensi dell’Art. 189 TFU. Sebbene non si possano prevedere armonizzazioni normative secondo questo articolo (comunque modificabile dato che le clausole passerella permettono agli Stati membri, con voto unanime, di trasferire competenze all’Unione Europea senza la necessità di modificare i Trattati nel loro complesso), si possono alternativamente pensare programmi comuni. Ad esempio, la Commissione potrebbe proporre la creazione di un’Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) per lo sviluppo di lanciatori europei per piccoli satelliti, ovvero il settore momentaneamente lasciato scoperto dagli Ariane 5, 6 e Vega di Arianespace. Soluzioni nazionali simili si possono ritrovare in Francia dove il governo ha finanziato il primo lancio del razzo Baguette One di HyPrSpace con 35 milioni di euro dell’iniziativa France 2030. Questo lanciatore di dimensioni molto modeste intende supportare il lancio di piccoli satelliti, ma la riuscita di questa missione dipende dal successo operativo dell’innovativo motore ibrido tra combustibile solido e liquido. L’Italia e Avio hanno ottenuto alla riunione ministeriale ESA di Siviglia nell’ottobre 2023 la possibilità di commercializzare i lanci del Vega indipendentemente da Arianespace. Una collaborazione tra più Stati sotto l’egida dell’Unione potrebbe garantire uno o più nuovi player europei tra i vettori. Allo stesso tempo, il coinvolgimento degli Stati membri tramite aiuti di stato e obiettivi comuni potrebbe neutralizzare le recriminazioni di quegli Stati che partecipando al consorzio Arianespace vedrebbero questa frammentazione come controproducente. Dopotutto, questi stessi Stati sono incentivati economicamente a favorire l’introduzione di nuovi lanciatori poiché i ritardi dell’Ariane 6 e l’esclusione dei lanciatori Soyuz hanno portato ulteriori costi, o per l’attesa o perché le missioni sono state spostate su altri lanciatori.
Il problema della concorrenza è un altro fattore di rischio crescente per la new space economy. A livello continentale i ritardi della Arianespace si riflettono in costi più alti e limitata capacità di carico, pregiudicando l’accesso al settore per molti attori. Il Consiglio Europeo ha riconosciuto la necessità di promuovere un ambiente concorrenziale per le imprese europee nelle Conclusioni del Consiglio Europeo del maggio 2019, ma nessuna iniziativa è stata presa a riguardo. Se questo problema viene ovviato dalla presenza di lanciatori americani come SpaceX, bisogna considerare che non solo c’è una fuga di capitali dall’Europa (un problema sempre più pressante per le Istituzioni) ma anche che questa compagnia ormai presenta un sostanziale monopolio per i lanci privati. Considerando che l’Unione Europea include l’aerospazio tra i settori critici in cui monitorare gli investimenti esteri diretti, è necessario quantomeno verificare la legalità dell’attuale assetto. L’Unione Europea ha politiche commerciali e di concorrenza molto rigide e viene da chiedersi se non sia il momento di agire in maniera comunitaria per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, come sta già accadendo in altri settori ad alto tasso tecnologico quali l’industria energetica e il digitale. Se gli Stati “frugali” non sembrano propensi a creare un nuovo piano di indebitamento comune che possa supportare questo settore come per le transizioni ecologica e digitale, non è da escludere invece che possano supportare una misura a protezione della concorrenza nella new space economy con una normativa simile al Digital Markets Act, che possa normare il potere dei gatekeeper spaziali come SpaceX. In questa maniera, l’Unione Europea potrebbe garantire agli attori europei una protezione tramite la Corte di Giustizia Europea che non è presente per i piani di finanziamento e le missioni ESA, la quale non dispone di tali meccanismi nei suoi trattati.
Dunque, in ambito civile l’Unione Europea può ancora migliorare i suoi strumenti di agevolazione per i finanziamenti e, allo stesso tempo, dispiegare il suo potere normativo in ambito internazionale per garantire un accesso sostenibile alle aziende europee. La creazione di IPCEI per il settore spazio, con la protezione della politica europea di concorrenza, può portare a grandi opportunità per le ambizioni spaziali delle aziende europee che godrebbero della protezione comunitaria nei confronti di attori stranieri e allo stesso tempo avrebbero gli strumenti per coordinarsi e organizzare missioni efficaci con una filiera totalmente europea. Questa architettura porta anche benefici per le Regioni europee, ben più del sistema ESA. Attualmente, l’ESA distribuisce i progetti tra gli Stati membri sulla base del contributo finanziario apportato da parte degli stessi sulla base del loro PIL. Questa misura viene vista come una protezione per i piccoli Stati poiché garantisce loro di non essere schiacciati dai giganti tedeschi, francesi e italiani. Allo stesso tempo però questo non permette a potenziali eccellenze di questi Stati piccoli di accedere a una quota maggiore dei fondi senza impegnare i loro governi ad aumentare i contributi. Questo vuol dire che la partecipazione sarebbe soggetta a un forte condizionamento politico. Al contrario la politica di concorrenza europea ha dato prova di poter governare i comportamenti distorsivi e di permettere un equo accesso al mercato a tutte le parti interessate. In questo modo le Regioni possono sentirsi più protette e allo stesso tempo più titolate ad investire in questo settore senza dover necessariamente incappare in problemi di bilancio nazionale. Inoltre, la creazione di IPCEI significa la creazione delle cosiddette Valley, aree geografiche tendenzialmente corrispondenti ai confini delle Regioni o parte di esse, come nei casi delle Hydrogen Valley. Questo darebbe centralità alle politiche regionali e gli permetterebbe anche di poter collaborare direttamente a livello regionale in un’ottica di politica multilivello.
In conclusione, le Regioni avrebbero tutto l’interesse a spingere l’Unione Europea a dotarsi di un’architettura comunitaria per quanto riguarda la concorrenza nel settore spaziale civile e di politiche che rendano l’Unione autonoma strategicamente. Ad esempio, l’innovativo progetto della Regione Emilia-Romagna potrebbe avere un carattere più strutturale e ricevere aiuti di stato per progetti volti a bilanciare il divario con gli Stati Uniti nella new space economy. Al contempo, le aziende emiliano-romagnole avrebbero accesso a più lanciatori, con un rigoroso controllo sui prezzi, a catene del valore più vicine al territorio e alla possibilità di più collaborazioni a livello continentale.