Scritto da Domenico De Marco
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Prima parte: Le “Buone Scuole”: vent’anni di riforme incomplete. Prima parte: la riforma Berlinguer
La linea politica del nuovo governo di centrodestra, con Letizia Moratti come Ministro dell’Istruzione, fu chiaramente indicata negli Stati Generali sull’istruzione che si svolsero a Roma nel dicembre 2001, dove apparve evidente l’inversione di rotta rispetto al governo di centrosinistra.
Le idee di fondo dei progetti del centrodestra (iniziati dalla Moratti e completati dalla Gelmini) si possono sintetizzare nella volontà di ridimensionare gli interventi dello Stato nelle politiche sulla formazione in nome della libertà di scelta delle famiglie e della libera concorrenza tra scuola pubblica e scuola privata. Per il centrodestra la scuola ha un costo eccessivo, ci sono troppi insegnanti, ci sono troppi sprechi e, soprattutto, le ore di scuola settimanali sono troppe: da qui la necessità di semplificare e riordinare l’intero sistema dell’istruzione riducendo progressivamente le risorse finanziarie da destinare ai progetti più innovativi, al tempo prolungato e al tempo pieno.
Al fine di superare l’inaccettabile dualismo, che aveva dequalificato i percorsi professionali, a pochissimi anni di distanza dalla riforma Berlinguer, ecco apparire un’altra riforma che trae nutrimento dagli stessi paradigmi di senso attraverso cui si era mossa la scuola in precedenza, cioè dal modello “domandista” (basato sulle attese del mondo del lavoro), a quello interattivo (fondato sulla capacità di apprendere), fino al modello “personalista” che pone le istituzioni scolastiche al servizio della persona. Secondo tali direttrici di orientamento la specificità del sistema scolastico italiano si è dovuta armonizzare con gli obiettivi comuni dei sistemi di formazione europei.
Approda quindi nel panorama dei sistemi riformatori della pubblica istruzione la legge 53/2003, meglio nota come riforma Moratti, che abrogherĂ la 30/2000. Nella fattispecie, la riforma avrebbe adattato la sua struttura alle attese del mondo del lavoro, la didattica si sarebbe fondata sulle capacitĂ cognitive per giungere infine al modello personalista riconoscendo alla persona un ruolo centrale, ponendo le istituzioni scolastiche al suo servizio.
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Indice dell’articolo
Pagina corrente:Â Le riforme Moratti e Gelmini
Pagina 2: Il modello “duale” della riforma Moratti
Pagina 3:Â La sfida per la scuola italiana