Scritto da Marco Valenziano
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Marco Folegani è fondatore e socio operativo di MEEO e SISTEMA.
In Emilia-Romagna negli ultimi anni c’è un crescente interesse verso la space economy, ma non va trascurata la presenza di realtà che, in questo territorio, operano già da diversi anni, come MEEO. Com’è nato MEEO e come si è evoluto nel tempo?
Marco Folegani: Meteorological and Environmental Earth Observation – MEEO in breve – nasce nel 2004 a Ferrara. A quel tempo io e gli altri due soci fondatori – Stefano Natali e Simone Mantovani – lavoravamo nel campo della fisica dell’atmosfera, ambito accademico tramite cui siamo venuti in contatto con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e in cui abbiamo intravisto la possibilità di evolvere da un’attività di ricerca sperimentale a un’attività imprenditoriale nel settore aerospaziale. In particolare, ci occupavamo dell’elaborazione dei dati e delle immagini satellitari, un ambito che rientra in quella che oggi viene definita space economy downstream. Il nostro background derivava dall’aver lavorato con immagini Meteosat, quindi dall’uso di dati per l’osservazione della Terra a scopo meteorologico e per lo studio della fisica dell’atmosfera. Anche se potevano contare già su una solida esperienza, le barriere all’ingresso nel settore della space economy per una piccola impresa creata da tre ricercatori trentenni non sono mancate: è stato necessario mettere parecchio impegno, fare tanti sacrifici e studiare molto per affrontare questo settore e competere con aziende immensamente più grandi e più blasonate. Nel 2006 ci siamo aggiudicati il primo contratto con ESA per lo sviluppo di algoritmi per l’elaborazione di immagini da satellite e per tanti anni il nostro partner principale è stata proprio l’ESA. In quel periodo i dati erano ancora poco utilizzati per via di politiche restrittive a livello europeo e di barriere tecnologiche, ad esempio i dati erano su nastri e quindi non di facile accesso. Noi abbiamo lavorato molto sul rendere i dati accessibili sul web per aumentarne la disponibilità e la facilità d’impiego, e lo abbiamo fatto proprio mentre questo dominio si rivelava sempre più rilevante e strategico. Con il passare degli anni abbiamo acquisito le competenze e la consapevolezza nella gestione di grandi quantità di dati, evolvendo e maturando le nostre esperienze nell’elaborare il dato di osservazione della Terra per estrarne informazioni utili per diversi scopi, dal monitoraggio della qualità dell’aria al supporto dell’agricoltura sostenibile e a molte altre aree di applicazione. A oggi, continuiamo a lavorare con l’ESA su due aspetti: applicazioni verticali e gestione dei dati. Ma le competenze acquisite in questo settore grazie ai progetti con l’ESA ci hanno consentito di proporci in altri importanti contesti pubblici: istituzioni di diversi Paesi europei, Banca Mondiale, Banca di Sviluppo Asiatico, Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF), Organizzazione europea per l’esercizio dei satelliti meteorologici (EUMETSAT). C’è dunque stata un’evoluzione lenta ma costante e una crescita in termini di tipo di attività che ci hanno portato anche a uno sviluppo cruciale: l’apertura nel 2009 di una nostra filiale a Vienna che abbiamo chiamato SISTEMA. Questa nuova azienda ci permette sia di continuare a lavorare con ESA sia di avere una configurazione più internazionale, ad esempio per collaborazioni con l’Agenzia Spaziale Austriaca.
Storicamente sembra che le vostre attività si rivolgano soprattutto a enti pubblici. Tuttavia, il contesto attuale dove una crescente quantità di dati si possono ora ottenere anche in maniera gratuita – come nel caso di Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea – vede un crescente ruolo dei privati. MEEO è attivo anche in questo frangente?
Marco Folegani: Il nostro core business rimane legato al settore pubblico, ma le collaborazioni con i privati stanno aumentando in maniera importante e siamo diventati fornitori di aziende di primo piano nell’ambito dell’aerospazio tra cui: Telespazio, Leonardo, Thales Alenia Space. Siamo inoltre fornitori di aziende che operano anche al di fuori del settore aerospaziale tradizionale, come la multinazionale britannica Serco Group. Proporci alle grandi imprese private come partner industriali di ESA e di altri importanti enti ha accresciuto la nostra credibilità in maniera determinante e ci ha consentito di entrare in consorzi industriali di peso. I ruoli di cui ci occupiamo rimangono in settori di nicchia ma sono determinanti per progetti di grande respiro. Inoltre, abbiamo un contratto con Rai Pubblica Utilità a cui forniamo immagini e contenuti già elaborati per essere pubblicati e trasmessi, come testi e immagini che spieghino eventi climatici, anomalie ambientali ed eventi estremi. Lavorando su questo progetto ci siamo accorti dell’importanza e della difficoltà di riuscire a rendere le informazioni scientifiche comprensibili a un pubblico il più vasto possibile. Occorre acquisire sensibilità, esperienza e capacità nel saper promuovere questo tipo di contenuti.
Questa crescente importanza delle immagini per descrivere gli eventi ha incentivato la creazione di contenuti da parte vostra? Avete satelliti in orbita o vi appoggiate a piattaforme esterne?
Marco Folegani: Noi non abbiamo satelliti di proprietà ma ci basiamo su costellazioni di satelliti europee, statunitensi e private. Il settore dell’osservazione della Terra si sta evolvendo, passando da gestori di sensori orbitanti prevalentemente pubblici a costellazioni gestite da privati. In linea con l’evolversi di questo mercato stiamo contribuendo e supportando la creazione di costellazioni private di ultima generazione costruendo, grazie alla nostra esperienza pluridecennale nel settore, la componente di accesso e condivisione del dato. Stiamo, ad esempio, lavorando con un gestore di costellazioni spagnolo e siamo stati contattati da gruppi indiani. Contribuiamo sicuramente alle costellazioni europee ma siamo fruitori di dati da tutto il mondo. Le nostre attività, insomma, non si basano più solo sui satelliti Sentinel europei. Seppur non costruiamo gli strumenti in prima persona, recentemente siamo stati coinvolti in un consorzio, promosso dall’Unione Europea tramite Horizon Europe ma prevalentemente privato, per prendere parte al design del software delle nuove piattaforme satellitari. Ci stiamo occupando dell’implementazione, del test e della simulazione di algoritmi per analizzare le immagini direttamente a bordo dei satelliti. Mentre l’approccio tradizionale prevede l’acquisizione del dato, la sua trasmissione a terra e la successiva elaborazione, l’orientamento ora tende all’elaborazione a bordo per avere le immagini pronte non più in near real-time ma immediatamente in seguito all’acquisizione. Questo comporta diversi vantaggi, soprattutto durante dinamiche emergenziali dove servono immagini immediate. Inoltre, permette di trasferire a terra immagini elaborate e più alleggerite, eliminando ad esempio le nubi e le immagini parzialmente vuote.
Per una PMI in un mondo di colossi non dev’essere stato facile emergere, ma ora che il mercato legato alla space economy si è allargato con un fortissimo aumento dei capitali investiti c’è stata un’evoluzione dal punto di vista del numero di progetti, della loro qualità e dimensione? O continuate a operare nelle nicchie di eccellenza?
Marco Folegani: In MEEO siamo circa quaranta persone, considerando anche la filiale austriaca, tra assunti e collaboratori, e il bilancio è di circa quattro milioni di euro. Numeri che ci ricordano sempre la nostra natura di PMI. Avremmo potuto rimanere nei settori di nicchia a elevata specializzazione, ma la nostra idea è quella di seguire un percorso di costante evoluzione e di provare a cogliere anche le nuove opportunità. Abbiamo quindi allargato il nostro mercato con nuovi prodotti e cercato di avvicinarci di più nella catena del valore all’utente finale, invece di rimanere nel mezzo come intermediari o fornitori di big tech. Ad esempio, l’anno scorso siamo stati coinvolti da una ONG belga in un’attività internazionale a supporto di un ente costituito da Etiopia, Sudan e Sud Sudan. L’obiettivo era di sviluppare mappe e prodotti informativi geospaziali, utilizzando anche dati da satellite, per contribuire ad alimentare un modello idrico di gestione dell’Alto Nilo e delle sue inondazioni. Forti delle esperienze in ambito ESA, siamo riusciti a fornire questo servizio in autonomia, avvicinandoci concretamente agli utenti finali e agli utilizzatori dei nostri prodotti. Un altro esempio del tipo di lavori che stiamo svolgendo è quello di una commessa di Medici con l’Africa CUAMM, una tra le maggiori organizzazioni non governative sanitarie italiane attiva nella tutela della salute delle popolazioni africane, che ci ha richiesto di creare dei prodotti di geointelligence a supporto della loro pianificazione di aperture di nuovi ospedali in Africa.
Come si gestiscono e si commercializzano i dati satellitari? La transizione digitale e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale hanno avuto un impatto sulla space economy downstream e su MEEO?
Marco Folegani: Sicuramente l’evoluzione dei media è presente ed è necessaria. È sempre più necessario, infatti, evolvere dal dato all’informazione, per allargare la platea degli utenti. Il dato è un oggetto che è comprensibile solo da chi ha competenze simili alle nostre. L’informazione richiede invece una trasformazione che renda il prodotto satellitare utilizzabile da una platea più ampia e diversificata di soggetti e settori che possono beneficiare di queste informazioni. La trasformazione digitale la viviamo da protagonisti, perché i prodotti che generiamo contribuiscono alla digitalizzazione e gli strumenti per condividere le informazioni contribuiscono alla democratizzazione del dato che abbiamo sempre sostenuto. Rendere accessibili i dati e consentire di non dipendere necessariamente da pochi intermediari è una delle chiavi delle nostre attività. Quanto all’intelligenza artificiale, noi non possiamo permetterci di ignorarla. Difatti siamo stati quasi degli antesignani perché, quando ancora non si chiamava intelligenza artificiale, nel 2012 abbiamo sponsorizzato un dottorato di ricerca con l’Università di Ferrara che ha ospitato nel Dipartimento di Informatica una laureata in informatica vietnamita che per tre anni ha lavorato sullo sviluppo di modelli statistici per analizzare i dati satellitari. Negli anni abbiamo sempre continuato a usare tecniche statistiche affiancate a modelli fisici di interpretazione di dati e, a oggi, abbiamo internamente a MEEO e SISTEMA un intergruppo di dieci persone che si confrontano su base settimanale sull’uso dell’intelligenza artificiale per l’interpretazione dei dati. Anche qui siamo stati dei precursori e abbiamo una conoscenza approfondita, e intendiamo continuare a studiare ulteriormente l’intelligenza artificiale perché siamo consapevoli delle nuove opportunità che si stanno aprendo.
I vostri programmi usano intelligenza artificiale generativa?
Marco Folegani: Non al momento. Abbiamo testato l’intelligenza artificiale generativa in qualche recente progetto di ricerca e sviluppo ma al momento sono sospesi. Siamo andati avanti con altri approcci non generativi per costruire modelli statistici di interpretazione dei dati e di aumento di capacità informativa dell’immagine. Il nostro algoritmo Super-Resolution, ad esempio, aumenta artificialmente la risoluzione delle immagini satellitari dai dieci metri per pixel degli strumenti sui Sentinel a tre metri, costruendo una versione sintetica ma più dettagliata. Si tratta però di oggetti che vanno maneggiati con grande cura perché l’intelligenza artificiale crea immagini sintetiche e non corrispondenti al 100% alla realtà. Inoltre, fotografano situazioni statiche. Tuttavia, compresi questi limiti, il potenziale dell’intelligenza artificiale è notevole perché si possono estrarre con maggiore regolarità temporale feature geometriche, come reticoli stradali, edifici, nuove costruzioni o qualsiasi altra forma che risulti più apprezzabile con una risoluzione maggiore.
Per quanto riguarda invece la transizione ecologica, quale ruolo hanno i dati derivati dall’osservazione della terra di MEEO?
Marco Folegani: Stiamo portando avanti diversi progetti sull’agricoltura con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e con il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), in cui supportiamo realtà locali nell’ottimizzare le procedure di coltivazione. Ad esempio, delineiamo i periodi migliori per piantare o raccogliere i prodotti agricoli, anticipiamo l’impoverimento del terreno, diamo indicazioni tematiche sulla sostenibilità ambientale di certe produzioni. Al momento stiamo inoltre lavorando con OI Pomodoro, un consorzio che associa i produttori e gli altri soggetti economici della filiera del pomodoro del Nord Italia, sulla sostenibilità di questa coltivazione in campo aperto nel lungo termine. In generale, l’orientamento alla sostenibilità ambientale e alla transizione ecologica, nel supportare la digitalizzazione dei processi agricoli e di gestione ambientale, è sempre più diffuso e i dati geospaziali possono giocare un ruolo di primo piano in questi sviluppi.
Queste attività sono venute prima o dopo il libero accesso a Copernicus e l’invito dell’Unione Europea all’utilizzo di questi dati per combattere il cambiamento climatico?
Marco Folegani: Sono venute dopo. Un interesse precedente esisteva, ma una grande accelerazione è arrivata senza dubbio dalle iniziative del programma Copernicus. Il mercato ha seguito un incentivo politico e un impegno delle istituzioni europee che ha portato a una lenta alfabetizzazione sul dato e sui processi digitali. Una volta acquisite queste competenze a livello continentale, la domanda di tanti nuovi soggetti è arrivata.
L’Emilia-Romagna sembra essersi impegnata in questo settore in maniera decisa. Avete avuto interlocuzioni con la Regione? Avete partecipato, ad esempio, al bando verticale per progetti spaziali del 2023?
Marco Folegani: Le nostre interazioni con la Regione Emilia-Romagna risalgono già al 2014, quando abbiamo avuto contatti con l’Assessorato alle Attività Produttive segnalando il dominio della space economy come settore di grande potenziale tecnologico ed economico. A quel tempo era forse un ragionamento un po’ prematuro e ancora non si intravedeva quell’attenzione che invece era rivolta ad altri comparti dell’economia locale, a partire dall’automotive e dai settori a esso più strettamente collegati. Un primo passo in avanti della Regione è venuto con le iniziative legate alla Data Valley che includevano, considerato il suo fortissimo legame coi dati, il tema della space economy downstream. Da lì noi abbiamo continuato le attività di sensibilizzazione nei confronti della Regione sulla space economy in senso lato grazie al nostro accreditamento con istituzioni a livello nazionale e internazionale quali ASI, ESA, e Commissione Europea e anche con altre iniziative in cui abbiamo voluto essere coinvolti, come i Clust-ER regionali. Ci siamo impegnati in tutto ciò che ci consentiva di non subire i processi ma di tentare di governarli attraverso i meccanismi istituzionali democratici, come i gruppi di discussione e la partecipazione alla stesura di position paper, report e altri documenti. Tramite questo networking abbiamo trovato persone che avevano interesse ad ascoltare e capire questo mondo. Da lì c’è stato il salto di qualità. La Regione ha deciso di impegnarsi nella space economy, i canali si sono aperti e noi ci siamo fatti trovare pronti per dare il nostro contributo. Non abbiamo partecipato al bando verticale regionale, poiché per come è stato concepito era molto orientato alla parte meccanica della space economy e meno a chi produce dati o informazioni. Però sono state introdotte altre iniziative che abbiamo preso in considerazione e dove ci siamo impegnati in modo diretto, se c’era margine e potenziale per partecipare.
La vostra partecipazione alla Data Valley come attore legato al settore spazio ha avuto un’influenza sull’aggiornamento della Smart Specialisation Strategy (S3) regionale che ha incluso lo spazio tra le priorità?
Marco Folegani: Abbiamo partecipato con interesse alle consultazioni in merito all’aggiornamento della S3, anche perché come contesto regionale e come azienda, nasciamo proprio nell’ambito delle iniziative AST-ER (ora ART-ER) per il supporto alla creazione di nuove aziende. Per cui siamo legati a questo strumento operativo della Regione che ci ha sempre coinvolto e dato supporto. Perciò quando la Regione chiedeva contributi ci siamo sempre fatti trovare disponibili e pronti. Anche per quanto riguarda l’S3 e le iniziative legate alla Data Valley abbiamo sempre portato le nostre idee e la nostra disponibilità a ospitare iniziative, tirocini, seminari, ecc. Per esempio, abbiamo esteso questo tipo di attività alle scuole locali e ospitiamo i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO), progetti curricolari che permettono agli studenti di integrare gli insegnamenti ricevuti in aula con periodi formativi presso imprese o altri soggetti convenzionati. Inoltre, facciamo molta sensibilizzazione su ciò che riguarda il dato, sulle sue possibili applicazioni e sugli sviluppi della space economy.
Per voi ci sono state opportunità maggiori dopo l’introduzione dell’aerospazio nell’S3 o la situazione è rimasta stabile? Quali pensate che siano le prospettive del settore per i prossimi dieci anni?
Marco Folegani: Sull’S3 si è percepito un cambio di rotta e un rinnovato interesse del territorio per queste tematiche. Quindi, anche se un po’ alla volta, ci sono stati dei ritorni in termini di visibilità, di importanza e di contributo dato e ricevuto. Anche i soggetti privati locali si sono mostrati più interessati. Dieci anni sono forse un po’ troppi per fare previsioni dal nostro punto di vista. Nei prossimi cinque anni, se non ci sono inversioni di rotta, il trend del settore è positivo sia a livello locale che europeo. Gli investimenti aumentano e i costi si riducono. L’interesse per valorizzare queste opportunità e per mantenere competitive la regione Emilia-Romagna e l’Unione Europea ci sono. Noi siamo pienamente inseriti in questo flusso e, dunque, se le cose non andranno bene sarà solo per demerito nostro. Per quanto riguarda la space economy downstream, attualmente consideriamo il dato una commodity quasi scontata e sempre disponibile. L’informazione è diventata quindi il vero prodotto, e c’è bisogno di prodotti molto concreti per portare beneficio a un’audience più ampia di settori economici e sociali. L’evoluzione verso la produzione di informazioni finora c’è stata in modo moderato ma il trend mostra che non ci sono più scuse, perché i dati e gli strumenti per elaborarle ci sono. I macroparametri a livello europeo e internazionale danno il trend di investimenti in crescita, con più costellazioni e più tecnologie. Nei prossimi anni bisognerà soprattutto creare le competenze di ricerca e la cultura d’impresa necessarie a realizzare prodotti utili. La domanda che deve stimolare chi, come noi, produce servizi è però generata e guidata da un’utenza consapevole e informata sulla digitalizzazione, che in Italia è ancora piuttosto debole. Non sarebbe propriamente la nostra attività ma capiamo che per indurre sul territorio, e nel nostro Paese in generale, la domanda occorre che ci siano più infrastrutture tecnologiche e più persone competenti e informate sul potenziale che in futuro sempre più avranno i dati e l’informazione. A questo noi contribuiamo con il nostro data center, formando tramite corsi e proponendo seminari nelle università per raccontare quello che facciamo e le potenzialità di questa tecnologia.
Quindi c’è un’intera parte dell’attività che possiamo definire di alfabetizzazione digitale?
Marco Folegani: Come detto in precedenza, noi già dal 2012 abbiamo sponsorizzato un dottorato e continuiamo a farlo. Tramite il PNRR e i dottorati industriali stiamo co-finanziando un dottorato e stiamo dando il nostro contributo ad un altro dottorato in termini di contenuti e di indirizzo. Poi, ovviamente con i numeri che riusciamo a mettere in campo – siamo comunque un’azienda di quaranta persone – facciamo il possibile, però sono aspetti che riteniamo cruciali e sfide dalle quali non ci sottraiamo. Nel lungo termine questo ci ha portato e ci porta dei benefici. Il valore aggiunto per MEEO, che non produce hardware, sono le persone e l’organizzazione. Per questo puntiamo molto sulla formazione interna, proponendo tirocini e stage. Il nostro team è internazionale, con colleghi europei e africani, e questo rappresenta sicuramente un valore aggiunto. Penso che in Emilia-Romagna la nostra impostazione aziendale non sia più un’avanguardia, e non siamo più soli proprio perché la digitalizzazione dei processi spinge a superare certe dinamiche tradizionali. Oggi si considerano – finalmente – più le competenze che il genere o la provenienza dei collaboratori, come nelle industrie più avanzate a livello globale.