“Neopopulismi. Perché sono destinati a durare” di Paolo Graziano
- 22 Febbraio 2019

“Neopopulismi. Perché sono destinati a durare” di Paolo Graziano

Scritto da Ernesto Pusceddu

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Le cause del successo dei neopopulismi

La constatazione che, alla fine del 2018, vi erano 66 partiti populisti in 30 stati europei conduce l’autore all’analisi delle cause del successo populista partendo dalla proposta di Ernesto Laclau, che in diversi contributi ha identificato la crisi come fattore scatenante del populismo, sia inclusivo che esclusivo. La crisi a cui fa riferimento può essere una crisi politica, una crisi economica o una crisi culturale, ma bisogna ricordare che esse non agiscono indipendentemente l’una dall’altra ma sono spesso legate tra loro[8].

L’Italia rappresenta un esempio perfetto in quanto la crisi del 2008, che è stata per l’Italia una double dip recession caratterizzata da una doppia e fortissima contrazione del PIL a pochi anni di distanza, ha dato il via a una serie di crisi politiche e culturali che hanno determinato una profonda sfiducia verso le istituzioni e la politica tradizionale. Tale sfiducia si sarebbe tradotta in un voto verso i partiti considerati estranei non colpevoli della crisi. L’azione retorica del partito populista agisce raccogliendo il bacino di insoddisfatti che vede nel partito e nel leader una nuova politica. In tale sfiducia vi è insito, come nel caso del Movimento 5 Stelle, un dibattito circa la democrazia rappresentativa e la possibilità che siano introdotte nuove forme di democrazia partecipativa.

Alla crisi politica e alla crisi economica si unisce la crisi culturale, meglio definita come “disorientamento culturale”, legata ai fenomeni di immigrazione: “[…] la combinazione delle tre crisi, e il loro impatto su una porzione crescente della popolazione, insieme all’abilità imprenditoriale di leader politici neopopulisti, hanno reso possibili successi fino a pochi anni fa, fuori dalla loro portata”[9].

I partiti neopopulisti e conclusioni a lungo termine

L’autore, dopo aver fissato i criteri di analisi accennati, passa in rassegna i partiti neopopulisti europei e i partiti neopopulisti italiani. Da notare che dei 66 partiti europei censiti, 11 sono ritenuti inclusivi e 55 esclusivi[10], mentre l’autore dedica un capitolo ai partiti inclusivi e un capitolo ai partiti inclusivi. Un capitolo è dedicato al caso italiano, Lega e Movimento 5 Stelle, che rappresentano rispettivamente un caso di populismo esclusivo e un caso di populismo “incerto”. La Lega ha improntato la sua retorica sull’esclusività e sul richiamo al popolo-nazione e al popolo-sovrano, riuscendo ad aumentare il suo elettorato anche in virtù dei differenti concetti di crisi espressi precedentemente. Il Movimento 5 Stelle risulta incerto in quanto non sembra essere chiara la sua natura esclusiva o inclusiva e la sua posizione politica. È indubbio che fin dagli albori il richiamo più frequente è quello al popolo-sovrano, ma è anche vero come mostrato dall’autore, che vi è parecchia incertezza su temi importanti in cui il patto di governo sembra minare la natura maggiormente inclusiva del Movimento 5 Stelle[11].

A suffragare tali analisi vi è infine lo studio dei dati sull’elettorato: la caratteristica principale dell’elettorato populista è la sfiducia nelle istituzioni e la condizione di lavoro precario, a conferma di come l’intrecciarsi delle tre crisi abbia permesso ai partiti neopopulisti di raccogliere una larga fascia di popolazione insoddisfatta. Anche i dati sul livello di istruzione sembrano confermare l’efficacia del discorso anti-élite, laddove la Lega è maggiormente votata da possessori di licenza media ed elementare, e il Movimento dai possessori di diploma superiore[12].

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[8] ivi  Capitolo 2 – Le cause del successo neopopulista

[9] ivi  pp. 43

[10] ivi  pp. 29

[11] ivi  Capitolo 5 – I partiti neopopulisti

[12] ibidem.


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Scritto da
Ernesto Pusceddu

Nato a Cagliari nel 1992, laureato in Scienze della comunicazione all'università di Pisa e attualmente laureando in Comunicazione professionale e multimedialità presso l'Università di Pavia, e nella classe di Scienze tecnologie e società presso la Scuola IUSS di Pavia. Interessato alla politica, alla filosofia politica, all'etica pubblica e appassionato di società e costume.

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