Scritto da Marco Valenziano
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Federico Capucci è cluster manager del Clust-ER MECH della Regione Emilia-Romagna, dedicato a meccatronica e motoristica.
Che cosa sono i Cluster? Quando e per quali ragioni sono stati costituiti in Emilia-Romagna?
Federico Capucci: Il concetto di Cluster è flessibile e varia a seconda del contesto geografico e delle politiche locali di sviluppo e ricerca. La Regione Emilia-Romagna e la Regione Lombardia, ad esempio, hanno un approccio diverso, che è influenzato e influenza le rispettive strategie di promozione e integrazione nelle politiche di sviluppo. Non esiste una concezione universalmente valida ma l’approccio dipende dal livello di impegno delle istituzioni nel sostenere l’attività dei Cluster o, viceversa, nel beneficiare del loro supporto. L’attività del Cluster, nel nostro caso, è quella di favorire lo sviluppo di progetti, portare persone attorno a un tavolo e lavorare sulla promozione locale, nazionale e internazionale della capacità di filiera per poi lavorare anche sullo sviluppo delle competenze. I nostri Cluster sono nati ufficialmente nel 2017 e sono diventati operativi tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. Dopo aver stabilito le fondamenta con la costituzione dei consigli direttivi e l’aggregazione di alcuni soci, un punto di svolta si è verificato con l’identificazione dei Cluster manager, figure operative cruciali per la definizione delle attività. Successivamente, con l’ampliamento del consiglio direttivo, che attualmente conta nove membri rappresentativi, è stato possibile avviare operativamente le iniziative dei Cluster. Questo cambiamento ha segnato una trasformazione significativa a partire dal 2019, facendo del nostro ente un attore attivo e influente nel settore. La nostra struttura è relativamente giovane rispetto ad altre istituzioni esistenti e il nostro punto di riferimento principale per lo sviluppo delle attività è il panorama dei Cluster europei, poiché ci confrontiamo costantemente con questo sistema. Attualmente ci troviamo nel sesto anno di attività consolidata e stiamo vivendo un momento cruciale di rinnovo del consiglio direttivo.
Qual è l’obiettivo principale di queste realtà?
Federico Capucci: L’obiettivo primario dei nostri Cluster è facilitare il dialogo, l’interazione e la creazione di valore tra tre diverse categorie di attori. La prima sono le imprese presenti sul nostro territorio, dalle startup alle grandi aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni; la seconda sono i laboratori industriali e i centri di ricerca e innovazione, sia pubblici che privati, tra cui i laboratori delle principali Università come Bologna, Parma, Modena e Reggio Emilia, Ferrara, e la sede di Piacenza del Politecnico di Milano, ma anche una serie di altri laboratori e centri collegati, ad esempio, al CNR e all’ENEA. Per accedere ai Cluster e beneficiare dei sostegni offerti dalla Regione è necessario ottenere l’accreditamento alla Rete Alta Tecnologia. Questo accreditamento implica la capacità di fornire servizi di ricerca e sviluppo che soddisfino specifici criteri, come il numero di personale impiegato e la capacità di innovazione. La Rete Alta Tecnologia è uno strumento di mappatura che valuta la capacità di ricerca della regione, per cui mantenere standard elevati è cruciale per accedere ai benefici associati e tenere alto il livello dei servizi offerti. Diverse aziende che già disponevano all’interno della regione di un proprio sistema di ricerca e sviluppo hanno avuto l’opportunità di espandere le proprie capacità con la creazione di laboratori interni e l’accreditamento alla Rete. Pertanto, oltre ai laboratori universitari, troviamo anche laboratori con una forte impronta aziendale. Quindi le imprese e il mondo della ricerca rappresentano le prime due componenti. A queste due componenti, aziende e istituti di ricerca, se ne aggiunge una terza rappresentata dagli enti di formazione al di fuori delle università, già integrati nei Cluster tramite i propri laboratori. Questi enti si distinguono per la capacità di fornire soluzioni in ambito di rendicontazione, formazione e sviluppo delle competenze. Ad esempio, la Fondazione Aldini Valeriani a Bologna e gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) operano con specifiche competenze verticali. L’obiettivo è facilitare l’interazione e la collaborazione tra queste tre categorie di attori. Infine, una quarta categoria di soggetti rappresenta coloro che non rientrano nelle precedenti tre tipologie ma che contribuiscono alla filiera specifica di un Cluster, come nel caso della meccatronica e dell’industria dei motori e della mobilità. Sebbene al momento questi soggetti all’interno del nostro Cluster siano pochi, sono comunque rilevanti per l’ecosistema e per favorire lo sviluppo e l’innovazione.
A proposito di questo ecosistema e della collaborazione che viene promossa per favorire l’innovazione, che tipo di approccio adottate?
Federico Capucci: Per favorire efficacemente l’innovazione, la collaborazione avviene attraverso diversi approcci strategici. Innanzitutto, con l’obiettivo di consentire una conoscenza reciproca approfondita tra i vari attori, superando i limiti dei tradizionali contesti di incontro. Questo implica la condivisione delle proprie sfide e necessità, promuovendo soluzioni e sinergie. Fondamentali sono anche il networking e lo scambio di competenze, know-how e interessi, che facilitano le collaborazioni concrete. Un altro aspetto cruciale è mettere in comune strutture e infrastrutture, creando valore attraverso la disponibilità di risorse come attrezzature di laboratorio che possono essere utilizzate da più soggetti. Ciò favorisce partnership collaborative per la partecipazione congiunta a progetti di ricerca e sviluppo o di innovazione, sia a livello regionale che nazionale, e sempre più frequentemente a livello europeo. Partecipare a partenariati e progetti finanziati, inoltre, rappresenta la piattaforma principale per l’interazione all’interno del Cluster. Questi progetti non solo stimolano la collaborazione effettiva, ma supportano anche le scelte politiche di investimento in ricerca, sviluppo e competenze a livello istituzionale. Ad esempio, fornendo input alla Regione rispetto a dove concentrare i propri sforzi e risorse. Infine, un terzo punto cruciale è il trasferimento delle priorità e delle esigenze reali del territorio agli stakeholder istituzionali, in modo da guidare politiche più mirate ed efficaci. Questo dialogo continuo è essenziale per ottimizzare gli investimenti e le politiche regionali, al contempo migliorando costantemente l’efficacia e l’impatto delle iniziative del Cluster.
Nell’ambito delle attività del Clust-ER Mech, una delle direttrici che si è andata a delineare è appunto relativa allo sviluppo dell’economia legata allo spazio e all’aerospazio, attraverso iniziative di advocacy relative a questo settore, sempre più attuale e promettente, anche nel contesto emiliano-romagnolo. Come avete lavorato, anche in relazione alle linee programmatiche della Regione Emilia-Romagna, per far crescere questo settore?
Federico Capucci: La costellazione di soggetti che agisce in questo territorio nell’ambito dell’innovazione è molto variegata. Porto solo un esempio per capire dove diamo supporto alla Regione nell’orientare le sue politiche. Ogni sette anni la Regione deve redigere la propria Smart Specialization Strategy (S3), che è il documento programmatico che guida le scelte di crescita della Regione per un ciclo di sette anni, determinando la destinazione degli investimenti in R&D provenienti dall’Unione Europea. Recentemente, la Regione ha raddoppiato i finanziamenti rispetto al precedente ciclo, segno di un interesse a migliorare l’efficacia e l’incidenza degli investimenti precedenti. La S3 definisce le linee guida di sviluppo basate su analisi approfondite e parole chiave strategiche e nell’ultima edizione (relativa al settennio 2021-2027) è stato introdotto l’aerospace come ambito ad alto potenziale di sviluppo, una priorità precedentemente non contemplata nel documento. La Regione ci ha richiesto di fornire elementi per valutare l’opportunità di sviluppare questa filiera e, in collaborazione con diversi attori, abbiamo presentato una serie di elementi che hanno dato sostegno all’inserimento di questo punto nel documento strategico. Un obiettivo perseguito anche insieme a personalità quali il professor Paolo Tortora, uno dei nostri attori principali anche all’interno del Cluster, e il professor Alessandro Talamelli, vicedirettore di CIRI Aerospace e coordinatore del Laboratorio Ciclope di Predappio, in cui vengono sperimentati gli effetti delle turbolenze. Lo stesso approccio è stato adottato per le altre priorità tematiche del Clust-ER MECH e per gli altri Cluster che rappresentano gli asset strategici regionali. Sebbene il documento completo sia dettagliato in trecento pagine, esiste una sintesi che riassume le priorità strategiche per migliorare la competitività regionale, come l’industria della mobilità, lo sviluppo dei materiali avanzati e l’industria 4.0. Clust-ER MECH, oltre alla mobilità, ha contribuito significativamente anche nel settore della aerospace economy e in altre aree prioritarie attraverso un’interazione trasparente e costruttiva, sostenuta da un impegno per favorire interessi comuni in modo etico e chiaro. La nostra rete ha dimostrato l’interesse e le competenze volte a favorire lo sviluppo di questa filiera offrendo spunti importanti. È stata quindi condotta una mappatura dettagliata e sono state elaborate analisi approfondite delle capacità e degli interessi per favorire gli investimenti. Inoltre, attraverso un solido quadro di contenuti, la Regione ha potuto consolidare ulteriormente l’intenzione di trasformare questa filiera in un nuovo asset territoriale. Questa evoluzione, complessivamente, dimostra come le strategie regionali si adattino dinamicamente per affrontare nuove sfide e opportunità emergenti, influenzando significativamente il futuro dell’innovazione e dello sviluppo economico.
In che misura lo sviluppo della space economy rappresenta un’opportunità per il territorio e quali tipi di interazioni virtuose possono determinarsi con altre filiere e processi?
Federico Capucci: Il tipo di azioni che abbiamo descritto hanno grande importanza per mantenere la competitività del territorio e sviluppare delle nuove filiere che, nel contesto della space economy, non solo mirano a creare nuove direzioni e traiettorie, ma anche a trasferire competenze verso nuovi ambiti. Tale prospettiva è particolarmente importante in relazione alla transizione verso la mobilità elettrica, che sta avendo un impatto significativo in Emilia-Romagna, una regione nota a livello mondiale per la sua industria della componentistica. Sebbene, ad esempio, la produzione di componenti dell’industria “tradizionale” della mobilità continuerà per un periodo considerevole, la sua centralità sta cominciando a essere messa in discussione in quanto componente essenziale dei motori a combustione interna. La riflessione su quali settori traslare nel nostro sistema economico è essenziale anche per la space economy, poiché le competenze sviluppate nel settore della meccanica avanzata possono essere facilmente adattate dal motorsport nell’industria automobilistica, che richiede meno adattamenti rispetto ad altre filiere. Questa continuità è evidente anche nelle certificazioni e nelle tracciabilità richieste, che sono comuni sia nel motorsport che nel settore dei materiali avanzati. La nicchia esistente legata all’aerospazio ha funzionato come un acceleratore per l’avvio di questa strategia regionale, che è stata intravista fin dalle prime fasi operative del Cluster. La nostra organizzazione è una non profit con una struttura leggera, non facciamo direttamente ricerca ma ci concentriamo principalmente sull’intelligence strategica, unendo i punti e facilitando lo sviluppo di iniziative tra sostenibilità e profitto. Nel definire le aree di focus, abbiamo costituito una serie di gruppi di lavoro tematici e di interesse specifico già dalle prime fasi di costituzione del Cluster, a cui i nostri soci possono accedere. Questi gruppi comprendono la robotica e l’automazione, il digital manufacturing per le innovazioni nelle tecniche produttive, i materiali avanzati, l’idraulica e l’oleodinamica, altro settore essenziale per l’economia regionale per l’alto impatto economico, occupazionale e di innovazione. Inoltre, abbiamo gruppi dedicati all’industria della mobilità, tra cui uno allo sviluppo della mobilità connessa ed efficiente, e un altro all’elettrificazione della mobilità. L’ultimo gruppo è FLY.ER, dedicato non tanto al singolo contenuto tecnologico quanto alla filiera dell’aeronautica e dell’aerospazio, identificata come un’area chiave e come verticalità specifica su cui concentrare una parte importante delle nostre attività già circa cinque anni fa.
Come funziona il coinvolgimento dei soci, ad esempio, nel gruppo FLY.ER? Come lavorate dal punto di vista operativo?
Federico Capucci: L’interesse dei nostri soci si traduce nella scelta dei gruppi di lavoro a cui desiderano partecipare. Creiamo delle mailing list per ogni gruppo, i cui iscritti periodicamente si riuniscono per discutere e affrontare le specifiche tematiche di interesse. Ogni gruppo funziona attraverso il coordinamento di due figure che guidano le attività e le azioni e identificano le priorità: un rappresentante del mondo dell’impresa come, ad esempio, Alessandro Curti di Curti Costruzioni Meccaniche; e un rappresentante del mondo della ricerca, come il professor Paolo Tortora dell’Università di Bologna. Questo approccio mira a integrare e coordinare le attività tra ricerca e impresa, stimolando una collaborazione sinergica tra i due mondi. Attualmente, il gruppo di lavoro FLY.ER conta trenta rappresentanti aziendali, dodici laboratori e centri per l’innovazione, oltre a due enti di formazione. Una delle iniziative è stata il supporto della definizione della Smart Specialization Strategy (S3) che citavo prima, per inquadrare le priorità strategiche, e un’altra attività ha riguardato un confronto sulle modalità di contributi possibili per la creazione di progetti regionali significativi. Ad esempio, abbiamo collaborato alla presentazione di progetti per diversi bandi, tra cui il cosiddetto “bando laboratori”, che mirano allo sviluppo della filiera aeronautica e aerospaziale; e abbiamo dato supporto alla nascita del network ANSER (AeroNautics and Space in Emilia-Romagna) che raggruppa circa venti aziende che operano nel settore dell’aeronautica e dell’aerospazio. ANSER non è focalizzato a sviluppare progetti innovativi ma ha più un imprinting di posizionamento economico. L’obiettivo, in questo caso, è quello di presentarsi in modo compatto per interloquire con grandi player globali che al di sotto di una certa dimensione e capacità produttiva non potrebbero essere altrimenti coinvolti. Questo lavoro è stato efficace e abbiamo introdotto alcune delle prime imprese che hanno aderito al progetto e noi rimaniamo partner continuando a collaborare con iniziative internazionali. Un’iniziativa molto interessante attivata da ANSER è stata quella di mappare le capacità di ogni soggetto coinvolto e le sue capability per ogni soluzione di velivolo: dal punto di vista dell’aeronautica, dello spazio e delle soluzioni legate ai servizi. In questo modo è possibile persino capire, da un punto di vista di filiera, cosa può essere sviluppato nella costruzione, ad esempio, di un elicottero o di un satellite.
In questo senso, quanto sono importanti le competenze e come lavorate per promuovere la formazione?
Federico Capucci: Con il Clust-ER Innovate e il Tecnopolo di Forlì-Cesena, che svolge un ruolo cruciale sia per la sua posizione centrale sia per le competenze presenti al suo interno, ad esempio, abbiamo organizzato lo scorso anno un evento chiamato “Spazio alle Skills”. Questo evento ha riunito diversi attori regionali e nazionali, tra cui la Fondazione Nord-Est e lo Space Economy Evolution Lab dell’Università Bocconi, per fare il punto sui trend delle competenze necessarie per lo sviluppo della space economy e per valutare le risorse e le esigenze su cui il nostro territorio può contare per aumentare la sua competitività. L’evento ha rappresentato la prima occasione di confronto sistemico sulle competenze necessarie per il settore, fornendo numerosi spunti interessanti per il futuro, con interventi, sessioni di lavoro e un white paper elaborato insieme al Clust-ER Innovate e al Tecnopolo di Forlì-Cesena per raccogliere le principali conclusioni dell’evento, i risultati, i sondaggi e gli approfondimenti successivi. La nostra intenzione è di sviluppare ulteriormente questo lavoro nei prossimi mesi, con una possibile seconda edizione focalizzata su aspetti più specifici come, ad esempio, il mondo delle certificazioni, che è un ambito fondamentale per operare con successo nel settore. L’obiettivo è raccogliere informazioni e stilare un documento che delinei le tendenze globali e il contesto locale sul territorio in termini di capacità e offerta, stimolando eventualmente ulteriori iniziative e progetti, come lo sviluppo di nuovi corsi o l’integrazione di nuovi contenuti.
Al di là delle attività nel gruppo di lavoro FLY.ER, lo spazio emerge come tema trasversale anche all’interno degli altri gruppi di lavoro o è concentrato solo in questa unità operativa?
Federico Capucci: Il settore aerospaziale è concentrato nel gruppo FLY.ER, ma esistono altri gruppi desiderosi di collaborare maggiormente in questo ambito. Uno di questi è il gruppo dei materiali avanzati, molto importante perché in Emilia-Romagna abbiamo una notevole capacità in questo settore. L’applicazione aerospaziale rappresenta solo una percentuale minima dell’impatto economico dell’aeronautica, ma ha un potenziale tecnologico significativo e dobbiamo mirare a essere leader globali in questa filiera. Inoltre, c’è anche la dimensione delle soluzioni per l’intelligenza della mobilità, come la connettività, la guida autonoma e l’elettrificazione della mobilità, che possono avere ricadute rilevanti nell’applicazione al settore della mobilità aerea. Il mercato dei droni, per esempio, è in crescita, anche grazie alla recente diffusione del loro uso in ambito industriale. Per i droni, la necessità di batterie leggere, potenti e ricaricabili rapidamente è fondamentale e ciò richiede infrastrutture tecnologiche avanzate per operare, e dunque si tratta di una potenziale industria su cui lavorare. Due esempi in questo settore sono la nostra azienda Zephyr – che sta sviluppando una soluzione software per stabilizzare i carichi sui droni con capacità di trasporto elevata, utilizzando l’intelligenza artificiale per evitare oscillazioni e per amplificare la capacità adattiva, elementi cruciali per l’uso dei droni in contesti come le costruzioni o il movimento di carichi pesanti in situazioni ambientali critiche – oppure il programma Exadrone, che nel contesto del centro ENEA del Brasimone si occupa di progettare droni da impiegare per il monitoraggio ambientale, affiancando anche iniziative per la formazione dei piloti nella gestione di operazioni critiche. Inoltre, la Camera di Commercio della Romagna ha recentemente vinto un bando regionale per sviluppare un laboratorio territoriale per la sostenibilità. Questo progetto mira a creare un tavolo di lavoro territoriale con aziende e altri stakeholder per valutare la fattibilità e l’impatto sociale e di filiera industriale di una soluzione per la consegna di farmaci in situazioni di emergenza ambientale, un tema particolarmente rilevante in Romagna dopo i recenti eventi drammatici. Il progetto, denominato “Drone Care”, coinvolge diversi partner, oltre alla Camera di Commercio e al CISE (Centro per l’Innovazione e lo Sviluppo Economico) come coordinatori, al Clust-ER MECH, al Clust-ER Innovate e al Clust-ER Health. Clust-ER Innovate e laboratorio En&Tech saranno coinvolti nell’analisi dei dati per la simulazione della logistica umanitaria, mentre il Clust-ER Health contribuirà con la gestione delle esigenze legate ai farmaci e ai rapporti con le unità sanitarie e i produttori locali. Ecco, sebbene non sia strettamente aerospace, questo progetto integrerà il know-how tecnologico legato a questo settore e promette di portare avanti un’importante innovazione tecnologica.
Qual è la prospettiva per i prossimi dieci anni relativamente al settore spaziale vista dalla vostra prospettiva?
Federico Capucci: Come accennato in precedenza, negli ultimi anni si è registrata una crescita significativa del settore spaziale in termini di volumi di investimento, di interesse mediatico e di capacità di orientamento delle tendenze economiche. Quando grandi attori come Elon Musk o Jeff Bezos intraprendono nuove iniziative, innescano una serie di attività e di sviluppi a catena. Anche le istituzioni mondiali stanno adottando misure in questa direzione, riaccendendo la “corsa allo spazio” e le opportunità correlate. Attualmente, da un lato, vi è una tendenza globale che favorisce la riflessione su questa filiera, specialmente se si dispone già di infrastrutture attive; dall’altro, emerge la necessità di trasferire competenze e know-how verso settori contigui, come quello della mobilità, dove esistono già competenze rilevanti che possono essere reimpiegate. Questo è particolarmente significativo alla luce dei potenziali impatti derivanti dal passaggio alla mobilità elettrica, un settore anch’esso in profonda evoluzione, tant’è che stiamo lavorando all’avvio di un gruppo di lavoro sulla circolarità delle batterie. Recentemente ho partecipato al “Battery Show” di Stoccarda, una fiera che offre una panoramica delle tendenze e degli sviluppi nel settore delle batterie. Ho parlato con una nostra grande azienda che ha partecipato alla prima edizione sei anni fa, quando la fiera contava un solo padiglione, mentre quest’anno ne erano presenti undici. La crescita è importante ma la domanda di batterie e il lavoro sulle materie prime non sembrano essere sempre proporzionati all’offerta tecnologica attuale, e questo solleva degli interrogativi sulla sostenibilità di questa crescita esponenziale nel breve termine. Questa incertezza riflette le difficoltà legate a politiche di grande impatto come quelle volte alla transizione energetica ed ecologica. Ad esempio, durante l’evento “Research to Business” abbiamo organizzato un incontro dedicato agli e-fuel (carburanti sintetici prodotti combinando chimicamente idrogeno e anidride carbonica) poiché il governo e le imprese tedesche puntano su soluzioni tecnologiche di gestione della transizione che richiedono tempi più lunghi rispetto ai prossimi cinque anni. In conclusione, il settore della space economy rappresenta un’opportunità interessante per il nostro comparto industriale, ma ci vorrà un po’ di tempo prima che possa avere un impatto economico paragonabile a quello di altri settori più tradizionali. È comunque cruciale che anche i grandi gruppi industriali e le aziende valutino investimenti sul territorio, poiché la loro presenza può servire da catalizzatore per l’intera filiera, un fenomeno che vediamo già in regioni quali Puglia, Lombardia, Lazio e Piemonte che hanno una forte capacità produttiva grazie alla presenza di grandi imprese come Leonardo o Thales Alenia Space. Dunque, promuovere politiche di attrattività e incentivare nuovi investimenti – come si sta facendo – può rappresentare una strategia vincente anche per l’Emilia-Romagna, perché può conferire un significativo vantaggio competitivo al territorio nel suo complesso.