Scritto da Enrico Cerrini
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Dobbiamo infine considerare che qualsiasi modello contrattuale proposto non sarebbe in grado di risolvere il problema del lavoro nero autonomamente. Questo accade perché il governo può creare incentivi per mitigare il fenomeno, ma il lavoro nero avrà sempre un costo inferiore alle altre forme contrattuali. Lo stesso uso del potere coercitivo dello Stato può influire solo parzialmente sul fenomeno. Non è possibile controllare il Paese a tappeto e chi svolgerà i controlli dovrebbe certificare altre irregolarità di minore impatto sulla qualità del lavoro. Si potrebbero creare situazioni surreali dove chi utilizza il lavoro nero riesce a sfuggire alle sanzioni, mentre vengono penalizzati piccoli imprenditori con contratti regolari ma che non hanno posto il cartello indicante l’uscita di sicurezza.
Se questo accadesse, possiamo realisticamente immaginare una tornata di indignazione popolare contro l’abuso del potere statale verso le piccole e medie imprese. Una campagna che causerebbe l’ennesimo provvedimento d’emergenza mirante a risolvere un problema contingente e che provocherebbe altri problemi e conseguente indignazione nel medio termine. I fenomeni cui abbiamo finora assistito tornerebbero a ripresentarsi ciclicamente sotto forma di emergenze che pensavamo risolte a colpi di decreti. Prendendo in prestito il nome del divertente film con Bill Murray dove il protagonista si risveglia sempre nel solito giorno, si assisterebbe ad una sorta di Giorno della Marmotta del mercato del lavoro in cui il lavoro nero ritorna sempre malgrado ne sia stata decretata la sconfitta. Da questo punto di vista, dobbiamo rassegnarci e comprendere che un problema economico e culturale non può essere sconfitto da strumenti legislativi più efficaci e dalla coercizione, ma solo da una migliore educazione civica.