Chi è Fethullah Gülen? Il movimento Hizmet nella politica turca
- 28 Dicembre 2018

Chi è Fethullah Gülen? Il movimento Hizmet nella politica turca

Scritto da Federico Lanza

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Dal 1999, a 150 chilometri a nord di Philadelphia, in Pennsylvania, vive in una sorta di esilio “auto-imposto” l’uomo accusato dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan di essere la mente del fallito colpo di stato del 15 luglio 2016: Fethullah Gülen.

Gülen, nato nel 1941 in un villaggio nei pressi di Erzurum, è presente sulla scena politica, sociale ed economica turca da ben prima che l’AKP di Erdoğan (Adalet ve Kalkınma Partisi, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo) salisse al potere nel 2002; da ben prima, quindi, che iniziasse a cementarsi l’alleanza di convenienza tra quelli che – di fatto – si sono configurati come due attori islamisti che hanno condiviso per almeno un decennio gli stessi obiettivi politici, ma che sono presto entrati in aperto conflitto per il controllo esclusivo e l’allocazione delle risorse statali. L’atto conclusivo di questo conflitto è stato il golpe del 15 luglio, sventato da una combinazione di diversi fattori: opposizione popolare, mancanza di coordinamento tra i cospiratori, errori logistici e militari.

Quali sono state le congiunture politiche e sociali che hanno fatto convergere gli interessi di Erdoğan e Gülen? Cercheremo ora di contestualizzare l’alleanza tra l’AKP e il Movimento di Gülen all’interno del panorama sociale e politico turco degli ultimi trent’anni, con particolare attenzione sulla figura del predicatore di Erzurum, sulla macro-area culturale di provenienza del suo Movimento transnazionale e sugli obiettivi che, di volta in volta, si è posto sfruttando a proprio vantaggio il mutato contesto politico e sociale della Turchia di fine XX secolo. Rispondere a questa domanda, tuttavia, sarebbe impossibile senza prima illustrare la struttura organizzativa del Movimento – chiamato Hizmet o Cemaat dai suoi seguaci – e ribattezzato dopo il 15 luglio in Turchia con l’acronimo FETÖ (Fethullahçı Terör Örgütü).

 

La struttura organizzativa del Movimento di Gülen

Hizmet fa della complessità organizzativa e intellettuale, della segretezza e della cautela la propria ragion d’essere, e ridurre l’analisi a categorie monolitiche ed omogenee risulterebbe fuorviante. Per questo motivo, le categorizzazioni proposte di seguito sono puramente indicative e di supporto in modo da avere, per comodità di analisi, sia un riferimento temporale che strutturale. Possiamo suddividere l’evoluzione di Hizmet in tre grandi fasi. La prima, dal 1970 al 1994, è quella che Hakan Yavuz chiama “communitarian network of piety”, ossia una cemaat, una comunità modellata sull’esperienza delle comunità sufi dell’Anatolia orientale; la seconda, dal 1994 al 2002, ha visto il Movimento trasformare i propri obiettivi e abbracciare il neoliberismo, sfruttando il clima politico e sociale in divenire, la liberalizzazione economica e le deregolamentazioni avviate un decennio prima da Turgut Özal: questa fase viene efficacemente chiamata da Yavuz con il nome “hareket” ossia “movimento”. La terza fase, dal 2002 ad oggi, è definita da Yavuz con il termine turco “Parallel Yapı” (struttura parallela).

È intuitivo pensare alla struttura organizzativa del Movimento di Gülen come ad una serie di cerchi concentrici: al centro ci sono i seguaci che, in uno spirito di totale lealtà, fedeltà e obbedienza alle idee di Gülen, dirigono le operazioni vitali del Movimento. Il cuore di Hizmet è fortemente esclusivo, ed è composto da circa 30 “büyük abiler” (fratelli maggiori) stipendiati dal Movimento o dalle istituzioni ad esso affiliate, come il Centro Culturale Turco con sede a New York, l’Istituto per il Dialogo Inter-Religioso a Houston, l’Atlas Foundation a Los Angeles o il Rumi Forum, con sede a Washington D.C. Tra questi “fratelli maggiori” ci sono individui dal background marcatamente nazionalista come Harun Tokak, Abdullah Aymaz – che nel marzo 1997 fece da intermediario tra la Santa Sede e Gülen per organizzare l’incontro con Papa Giovanni Paolo II – Şerif Ali Tekalan, Mustafa Yeşil, Mustafa Özcan e İsmail Çelebi.

Il secondo cerchio è composto dai seguaci che si rispecchiano negli obiettivi socio-politici, religiosi ed economici del Movimento, e lavorano alacremente per promuovere gli ideali e diffondere l’interpretazione dell’Islam di stampo gülenista. Questo è l’hizmet – il servizio – reso possibile solo attraverso una continua aksiyon (azione): uno dei pilastri del pensiero di Gülen, infatti, è la convinzione secondo cui solo attraverso l’attivismo religioso e sociale, declinato sia a livello individuale che attraverso le istituzioni dello Stato, è possibile formare e perpetuare una nuova coscienza religiosa, e quindi dei nuovi cittadini, che siano devoti musulmani, culturalmente conservatori, politicamente nazionalisti, economicamente liberali e sostenitori della libera impresa.

La differenza tra “religione oggettiva” e “religione soggettiva” formulata da Hegel è utile per capire il ruolo ricoperto dall’Islam all’interno della Comunità: per religione oggettiva Hegel intende “verità universali, specialmente verità morali, che ogni religione degna di chiamarsi tale dovrebbe insegnare”. La religione soggettiva, invece, è quella che i suoi fedeli esprimerebbero attraverso le azioni, l’impegno e i sentimenti. L’obiettivo morale di Gülen è proprio questo: trasformare la religione da oggettiva – un insieme di pratiche, codici e regole – in soggettiva; questo è, in ultima istanza, quello che muove le coscienze e le azioni dei seguaci. Al secondo cerchio è delegata la responsabilità di coordinare e orientare la direzione di questo rinnovato attivismo socio-religioso: il prodotto finale di questo attivismo prende il nome di eser. Del secondo cerchio fanno parte gli esnaf (la piccola e media impresa) e gli işadamı (dal turco iş=lavoro e adam=uomo). Operano, a differenti livelli, nelle numerose fondazioni affiliate al Movimento e costituiscono una sorta di consiglio di amministrazione della comunità, nonché il motore economico di tutta la confraternita.

Il terzo cerchio concentrico è meno omogeneo rispetto ai primi due: i seguaci del terzo cerchio proteggono, con il loro servizio, il lavoro degli esnaf e degli işadamı e operano nelle scuole, nei giornali, nelle università e nei dormitori. Non necessariamente sono musulmani osservanti e molto spesso neanche credenti, ma condividono alcuni dei valori e degli obiettivi socio-politici del Movimento e sono attratti dalla possibilità di guadagno. La comunità di Gülen appare, quindi, meno coesa e più eterogenea ai margini, mentre agisce con disciplina militaresca al centro.

 

Gülen e Hizmet: la centralità dell’Islam come ideologia

Per capire un altro aspetto importante del pensiero di Gülen – la centralità dell’Islam come ideologia – occorre pensare al contesto culturale e sociale e alla regione geografica da cui proviene: quella dell’Anatolia Orientale. Questa regione è quella con l’altitudine media più elevata, con l’area territoriale più estesa ma con la più bassa densità di popolazione di tutto il Paese. Il villaggio di Korucuk, dove Gülen nacque nel 1941, si trova a meno di 300 chilometri dai confini di quelli che un tempo erano l’Impero Russo e la Persia safavide, contro cui i sultani ottomani hanno combattuto più o meno incessantemente dal 1541 al 1823. Questa porzione di territorio si è trovata per secoli al crocevia tra tre stati-nazione in competizione: quello ottomano, quello russo e quello persiano.

Il background culturale di Gülen e la sua identità sono stati profondamente influenzati non solo dai valori comunitari tramandati della famiglia, ma dalla stessa formulazione e trasformazione a cui l’Islam è stato sottoposto nel corso dei secoli in questa particolare area geografica. Nel corso delle invasioni nemiche e durante i lunghi periodi di crisi socio-politica, l’Islam si è trasformato in uno strumento di difesa territoriale e identitaria. Difendere l’Islam equivaleva a difendere la comunità e viceversa. Come somma di queste esperienze storiche, la popolazione di quella parte dell’Impero iniziò a pensare che la religione non potesse esistere in assenza di uno Stato abbastanza forte per difenderla e perpetuarla. Questo spiega il carattere fortemente statuale dell’impostazione di Gülen, nonché la grande enfasi posta sull’integrità territoriale dello Stato e sulla minaccia ontologica alla sopravvivenza della nazione rappresentata dal movimento separatista curdo.

Il Movimento di Gülen rappresenta quello che da molti studiosi è stato definito come la perfetta articolazione del “calvinismo islamico”. Una delle caratteristiche più sorprendenti del Movimento è stata la sua capacità di adattarsi e di volgere a proprio favore l’apertura di nuovi spazi politici e l’emersione di nuove opportunità economiche. Gradualmente, il Movimento di Gülen si è trasformato da una comunità religiosa – ağlayan cemaat – a una comunità socio-economica fortemente “market-oriented”. Il Movimento ha saputo inserirsi nel mercato sfruttando, da un lato, le politiche neoliberiste (privatizzazioni, deregolamentazioni, liberalizzazioni) avviate da Turgut Özal dal 1983 in poi; dall’altro, è andato incontro alla domanda di quei beni e servizi che tradizionalmente lo Stato turco faceva fatica ad offrire, come dei curriculum scolastici moderni, un sistema di istruzione meritocratico in cui i professori e gli insegnamenti venissero adeguatamente retribuiti e valorizzati e un’estesa rete di dormitori, residenze universitarie e scuole di preparazione ai test di ingresso universitari (dershane).

Come suggerisce Tuğrul Keskin, per comprendere cosa è cambiato e cosa sta cambiando in Turchia occorrerebbe osservare la crescente islamizzazione del Paese attraverso la cornice sociologica della weberizzazione e della diffusione nello spazio pubblico dell’Islam, un fenomeno parallelo ma di segno opposto alla privatizzazione del kemalismo e della figura di Mustafa Kemal Atatürk descritto dall’antropologa Esra Özyürek nel suo libro Nostalgia for the modern: State Secularism and Everyday Politics in Turkey. Secondo Weber, l’Islam non è sistema di credenze e valori prestabilito, bensì è un sistema fluido e liquido, capace di relazionarsi con l’ambiente circostante e di interagire con esso: non per altro, la rapidità, il pragmatismo e la flessibilità delle comunità islamiche locali turche nel rispondere ai cambiamenti urbani e ad orientare di conseguenze la propria retorica, avrebbero costituto alcune delle caratteristiche imprescindibili del successo economico-politico targato AKP-Gülen. Weber sosteneva, infatti, che la cultura islamica non è contraria all’ordine capitalistico e che, dunque, sarebbe un errore considerare l’Islam come portatore di una cultura arcaica e incapace di trasformarsi.

Le caratteristiche peculiari dell’Islam gülenista – pluralismo e sincretismo politico-culturale – lo hanno trasformato in un movimento a sé stante e autonomo rispetto alle tradizionali espressioni islamiste locali e regionali. Ha introdotto nel pensiero islamista concetti tipicamente occidentali e marcatamente illuministi, come la razionalità e il progresso scientifico, sostenendo alla stesso tempo la loro compatibilità con i precetti dei testi sacri.

Il Movimento di Gülen, nella sua espressione socialmente ed economicamente più articolata degli anni Ottanta e Novanta, è il prodotto dell’interazione tra Islam, economia, politica e in un certo senso, anche del secolarismo di stato kemalista. La formulazione “gülenista” dell’Islam è diventata in Turchia, nell’arco di pochi decenni, una “ideologia alternativa” all’implementazione virulenta del laicismo di stato, all’islamismo radicale di Necmettin Erbakan o a movimenti islamisti transnazionali come la Fratellanza Musulmana. A questo riguardo, Gülen ha sempre rifiutato con forza qualsiasi tentativo di coordinamento e di costruzione di una sorta di “Internazionale Islamica” sostenendo l’unicità del modello turco. Paradossalmente, l’Islam è ritornato ad essere per i seguaci di Gülen quello che era stato per secoli per gli abitanti degli altipiani anatolici di Erzurum: un’ancora di salvezza e un richiamo identitario contro ideologie “altre”. Kemalismo ma soprattutto socialismo e comunismo.

Ma chi è, dunque, Fethullah Gülen? Richiamandosi ad uno dei più noti autori islamo-nazionalisti, Necip Fazıl Kısakürek, Gülen sostiene di essere “uno straniero a casa propria, un paria nella sua patria.” Hakan Yavuz ci mette in guardia dal considerarlo come un “semplice attivista radicale il cui obiettivo è distruggere quello che esiste già per creare un ordine nuovo.” Tutt’altro: è una personalità dallo spiccato orientamento conservatore, e il suo conservatorismo lo avrebbe portato, nel corso della sua vita, ad apprezzare le istituzioni esistenti – pur nella loro imperfezione – lavorando allo stesso tempo per riformarle dall’interno. Uno degli obiettivi di Hizmet, sin dagli Ottanta, è stato infatti il tentativo di infiltrare progressivamente la struttura statale turca (specialmente gli apparati di polizia) di membri appartenenti alla confraternita gülenista, in modo da rafforzare la propria presenza nelle istituzioni dello Stato.

Il pensiero gülenista fin qui illustrato potrebbe richiamare alla mente un’altra personalità importante della storia turco-ottomana: Said Nursi, intellettuale teologo curdo attivo nella prima metà del Novecento.  La differenza principale tra le azioni di Said Nursi, i cui scritti influenzarono profondamente il pensiero di Gülen in età adolescenziale, e quelle di Hizmet risiede nei rispettivi diversi obiettivi e nei metodi proposti per raggiungerli. Per Said Nursi era necessario rafforzare la coscienza religiosa individuale contro il pericolo rappresentato dal positivismo e dal materialismo; le condizioni socio-politiche sotto cui si trovò a predicare il maestro spirituale di Gülen – che non si impegnò mai in politica fino al 1950 quando espresse apertamente il proprio sostegno al Demokrat Parti di Adnan Menderes – e l’ostilità kemalista nei confronti di qualsiasi discorso religioso che non fosse quello ufficiale statale, lo costrinsero a formulare un messaggio essenzialmente spirituale e auto-contemplativo. Gülen porterà, invece, il messaggio di Nursi ad un livello successivo: quello della collettività. Per il predicatore di Erzurum, al contrario, sono l’azione e l’impegno collettivo nello spazio pubblico che permettono alle coscienze individuali di elevarsi moralmente e spiritualmente. La coscienza individuale, secondo Gülen, esiste e si perpetua solo a livello di comunità, una comunità che definisce l’identità e la coscienza individuale attraverso la richiesta di continua aksiyon: ossia servire la comunità per servire Dio.


L’analisi del ruolo di Fethulah Gülen nella politica turca prosegue nel seguente articolo: Gülen e Erdoğan: da alleati a nemici mortali in cui Federico Lanza affronta in maniera approfondita il significato del colpo di stato del 1980 e l’affermazione del movimento Hizmet, dalla sua iniziale comunione di interessi con l’AKP alla fine dell’alleanza tra Gülen e Erdoğan.

Scritto da
Federico Lanza

Nato nel 1994. Frequenta il corso di laurea magistrale in Studi Afro-Asiatici presso l'Università di Pavia. La sua area di studi è la Turchia: si interessa di nazionalismo, etnicità, processi politici e studi strategici.

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