“Interregno. Iconografie del XXI secolo” di Mattia Salvia
- 28 Luglio 2023

“Interregno. Iconografie del XXI secolo” di Mattia Salvia

Recensione a: Mattia Salvia, Interregno. Iconografie del XXI secolo, Nero, Roma 2022, pp. 218, 22 euro (scheda libro)

Scritto da Chiara Benini

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Interregno. Iconografie del XXI secolo di Mattia Salvia è un’analisi della realtà politica e sociale del XXI secolo condotta attraverso lo studio del linguaggio e dei luoghi in cui si è spostato il rapporto – e il conflitto – tra i diversi attori mondiali nonché tra i cittadini e gli Stati: il mondo dei social network, del meme, dell’immagine e dell’hashtag. La celebre frase di Lenin per cui «ci sono decenni in cui non accade nulla, e poi settimane in cui accadono decenni» rende perfettamente l’idea di un momento storico, quello che stiamo vivendo, in cui è la comunicazione a caratterizzare e decodificare la realtà, sostituendo ai caratteri scritti l’immagine e rendendo tutto più facilmente e velocemente fruibile. L’autore problematizza, tramite l’analisi del linguaggio del “potere” – scritto e visuale –, il cambiamento della nostra percezione della realtà, mettendo in luce il collegamento tra la crisi del mondo unipolare post 1989 e l’utilizzo di nuovi media in questi primi decenni del XXI secolo. Per dirlo con le parole di Gramsci, laddove il vecchio muore e il nuovo non può nascere, noi viviamo in un interregno in cui «si verificano i fenomeni più svariati». Mattia Salvia mostra così quanto la realtà dell’oggi si fonda con la realtà virtuale che ormai detta le regole del linguaggio e dei rapporti, generando un presente confuso, dove le regole dei “due mondi” si mescolano generando un interregno dalle nebulose conseguenze.

L’autore mette sotto la lente di ingrandimento il fenomeno che ha portato la discussione politica a spostarsi dalla realtà fisica e collocarsi sulle piazze virtuali dei social network, analizzando come essi abbiano fatto proprio il linguaggio e il “modo di vivere” dei social, approcciandosi al mondo reale con le regole del mondo virtuale. Facebook e Twitter fino a pochi anni fa erano il terreno in cui i singoli attaccavano il sistema politico e culturale attraverso un linguaggio epurato dalle regole della realtà fisica. Botta e risposta tra politici di schieramenti opposti sui social, governi che si combattono a suon di meme, annunci ufficiali di governi ed enti sovranazionali che prima di ogni altro mezzo comunicativo vengono pubblicati su Twitter, Facebook, Reddit o TikTok, e infine colpi di Stato e bombardamenti in diretta YouTube sono oggi forme di comunicazione percepite come normali, ma che fino a poco tempo fa sarebbero apparse quantomeno stranianti. Il linguaggio dei social è conosciuto per essere estremamente diretto, privo dei filtri tipici della diplomazia vis à vis, e sovente violento e sprezzante. Così, quando la diplomazia dei governi passa attraverso Twitter o Facebook, si creano situazioni grottesche e prive dei fondamentali del dialogo. Salvia analizza ad esempio due tweet che Biden pubblica riguardo a Putin: nel primo il presidente russo viene definito «un criminale» e nel secondo Biden afferma: «Perdio! Quest’uomo non può stare al potere». Al di fuori delle bagarre sui social, tali affermazioni non portano alcuna conseguenza concreta mentre, in una normale logica di diplomazia, dichiarazioni di questo tipo avrebbero causato non pochi problemi. Esiste davvero, allora, una spaccatura tra la realtà virtuale e quella fisica? Quanto restano separate o si fondono le due realtà?

Protagonista indiscusso del libro è il meme, che da immagine ironica nata sui social per prendere in giro qualcuno o qualcosa diviene strumento politico e mezzo per metabolizzare il reale. Le regole del mondo virtuale influiscono sulla realtà fisica per assimilare un evento: quando ciò che accade è assurdo, o sbagliato, si innesca un meccanismo per cui se è possibile ironizzare su quanto successo, «memificare», si può allora anche interiorizzare, normalizzare. Nel testo uno degli esempi più emblematici è ciò che accade con l’elezione di Trump alla Casa Bianca. Inizialmente la vittoria del tycoon lascia di stucco il mondo intero, ma ad un primo periodo di spaesamento e preoccupazione subentrano i meme che ironizzano sul personaggio, sulle sue costanti dichiarazioni e sulle scelte politiche della sua amministrazione, via via rendendo il tutto accettabile. Il “mostro” si può prendere in giro, sull’assurdo si può ironizzare e quindi può essere accettato.

Salvia mostra come la nostra realtà sia, in sostanza, un meme della realtà fisica. Ciò si mostra limpidamente con l’esempio del colpo di Stato in Guinea, quando il colonnello Mamady Doumbouya annuncia la chiusura dei confini e un periodo di 18 mesi di governo militare sui social prima che sulla televisione di Stato. In questo contesto, una fotografia dell’ex presidente deposto, che compare prigioniero dei militari, inaugura una challenge in cui i cittadini si sfidano a memificare la foto, mostrando da un lato il processo di “normalizzazione” di quanto accaduto e dall’altro, nella realtà virtuale, la partecipazione della popolazione al processo di abbattimento dell’ex leader.

Ma il rapporto tra realtà fisica e virtuale è per lo più caratterizzato da distorsioni. Ad esempio, il meme è utilizzato anche come strumento di guerra nel contesto del conflitto russo-ucraino: i canali ufficiali dei governi dei due Paesi si sfidano infatti in una costante lotta di meme, quelli ucraini diventano virali, gli hashtag che accompagnano i post e le immagini che pubblicano sono tra i più ricondivisi. Stessa sorte tocca alle immagini che documentano le vittorie sui russi. Sono gli ucraini i vincitori costanti di queste battaglie, ma i rapporti di forza su internet non sempre coincidono con quelli sul vero campo di battaglia e sorge quindi la domanda: «Parafrasando il celebre aforisma di Stalin, “quante divisioni ha Internet?”». Si crea insomma una spaccatura tra realtà virtuale e fisica, per cui ciò che accade nella prima può non lasciare traccia nella seconda. Ma può anche succedere che ciò che nel mondo virtuale viene normalizzato e archiviato lasci tracce indelebili nel mondo fisico senza che questo ci sia completamente chiaro.

Una grande parte del testo viene poi dedicata all’immagine. Nel corso degli anni si è staccata sempre di più dall’apparato scritto e dai canali di informazione che la filtravano e la adattavano alle necessità comunicative. Laddove le immagini della guerra nell’ex Iugoslavia arrivavano al mondo occidentale tramite giornali e telegiornali, le immagini del conflitto in Siria e in Ucraina oggi provengono dagli account di cittadini e di gruppi indipendenti, trasmettendo anarchicamente tutto ciò che si vuole mostrare. Le immagini vengono condivise da tantissimi account. Spesso, però, il fine non è la sola trasmissione di informazione, ma anche la sua spettacolarizzazione. L’immagine eletta a simbolo di un evento diviene il vero oggetto di attenzione. Essa non è il tramite necessario per la conoscenza di un fatto, ma la celebrazione della sua estetica. Questo vale per la guerra come per i disastri naturali: durante la stagione dei devastanti incendi australiani del 2019-2020 sono diventate virali le immagini dell’ambiente naturale e degli edifici devastati dal fuoco. L’attenzione internazionale si è focalizzata sull’analisi delle fotografie, che avevano tutte una luce rossastra: rosso è il tono del fuoco, rosso è il tono delle case e dei boschi, rosso è il tono delle persone. Quello che stride con la realtà è il tono delle fotografie e si è acceso un intenso dibattito alla ricerca di una spiegazione. Infine, si è giunti alla conclusione che era semplicemente il colore reale. Ma davvero ciò che stride in quelle fotografie è il tono rossastro e non il disastro ambientale in atto?

Tutta questa sovraesposizione alle notizie-immagini da un lato ci conferisce l’ingenua sicurezza che ciò che viene mostrato è la realtà per come è – e non per come qualcuno vuole che appaia –, dall’altro ci porta alla continua e ossessiva ricerca di testimonianze visive di qualunque avvenimento. Ogni evento è una nuova stagione del Grande Fratello, in cui noi siamo gli spettatori che vivono la storia in presa diretta, siamo in grado vedere in ogni momento qualunque dettaglio, anche il più insulso, possiamo soffermarci su ogni aspetto, vederne tutti i frammenti. Questo, che può apparire una presa diretta della realtà, secondo l’analisi dell’autore, fa sì che si crei una spaccatura tra la realtà fisica e quella virtuale in cui il l’importante non è ciò che accade bensì la sua immagine. Gli eventi del mondo fisico vengono mostrati in quello virtuale con le regole dei reality show e delle serie tv, per cui che sia la guerra in Siria, gli incendi dell’Australia o della California, la vittoria di Trump, la guerra in Ucraina o il Covid, ogni situazione ha le sue star che diventano così la personificazione degli eventi stessi. Dell’assalto a Capitol Hill, ad esempio, il vero protagonista è diventato Jake Angeli travestito da sciamano. Il fatto sconcertante è stato certamente l’assalto in sé ma quello che è rimasto impresso nella memoria collettiva è l’estetica degli attentatori. Il mondo si è concentrato a osservare le stranezze dei partecipanti dell’attacco, gli utenti dei vari siti di informazione sono impazziti alla ricerca delle immagini più iconiche, esse sono state protagoniste di memificazione ossessiva. Tutta l’attenzione si è concentrata sulla questione estetica e il fatto che una moltitudine di individui armati ha assaltato il Congresso, lo ha invaso e devastato causando morti e feriti, è solo lo sfondo in cui tutto si è svolto.

Siamo talmente abituati a decodificare la realtà attraverso l’immagine che, quando i talebani hanno ripreso il potere in Afghanistan, quello che ci ha colpito maggiormente non erano i miliziani immortalati armati fino ai denti per le strade o alla conquista di luoghi strategici. A catturare l’attenzione occidentale erano le situazioni in cui essi venivano ritratti nelle azioni più banali: dirigere un telegiornale, utilizzare gli attrezzi della palestra del palazzo governativo, girare in una pista di autoscontri. Del resto, gli stessi talebani hanno iniziato a cimentarsi nella creazione di meme e contenuti intrisi dei propri valori, ironizzando su aspetti della civiltà occidentale, facendo capolino anch’essi nelle logiche comunicative odierne. Questo può apparire paradossale, ma lo è ancora di più il fatto che i canali social dei gruppi di estrema destra occidentali hanno iniziato a ricondividerli e viceversa: tutto ciò trova una logica esclusivamente nella realtà virtuale dove tutto è possibile e, anche quando è estremamente assurdo, rientra in una logica propria.

Come ha fatto Trump a vincere le elezioni? Come è arrivato il Covid? Perché la crisi climatica ci sta sconquassando con i suoi devastanti effetti? Perché in Russia hanno pensato di aumentare la produttività delle mucche fissando loro sul muso dei visori VR in modo che vedano verdeggianti pascoli al posto delle stalle degli allevamenti intensivi? Perché i talebani e l’estrema destra occidentale si ricondividono reciprocamente i post? Una risposta che sembra la più plausibile ci viene fornita dalla teoria della “timeline sbagliata”. Il mondo cinematografico ci ha trasmesso una concezione che via via si è inserita prepotentemente nella discussione comune. Da Internet e i social è entrata nel nostro linguaggio. La teoria si basa sul concetto che tutte le assurdità e tutte le cose sbagliate accadono perché siamo entrati in una linea temporale errata, dove allora la crisi culturale, economica e sociopolitica risponde appunto a una non-logica che serve a esprimere il nostro disagio e incredulità. Quest’idea si è trasformata in «una lente di ingrandimento attraverso cui guardare l’attualità sociale e politica, che a ogni ciclo di eventi ci sembra sempre più irreale, sempre più incomprensibile, sempre più… sbagliata, appunto». Se siamo quindi all’interno di una timeline sbagliata possiamo sperare che presto «torneremo alla normalità»: una visione rassicurante che usiamo come risposta alla continua logica delle emergenze.

Fino alla simbolica data del 9 novembre 1989 il mondo era diviso in due blocchi con due sistemi statali antitetici (almeno sulla carta) e culture estremamente diverse. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica l’Occidente si è definitivamente convinto di essere il sistema-mondo più efficiente e meglio funzionante. Si è prodigato nell’esportazione del proprio modello e fino alla crisi economica del 2008 tutta la polvere veniva ben nascosta sotto il tappeto. La crisi economica ha finito per mettere in luce tutte le fragilità e i paradossi del sistema capitalista innescando una forte autocritica nella popolazione. I cittadini americani ed europei hanno iniziato a contestare il sistema economico-sociale, i vari Stati si sono dovuti concentrare molto di più sui conflitti interni che su quelli esterni. L’Occidente non è più il faro del mondo, stanno emergendo altri centri di potere, e allo stesso tempo le popolazioni di molti Stati africani e mediorientali si stanno ribellando contro il sistema impostogli creandone di alternativi. Mattia Salvia con il suo libro mette in luce il percorso che ci ha portati dal vecchio e sicuro XX secolo all’irrequieto e incomprensibile XXI secolo, mostrandoci come, alla fine, non si tratta di timeline sbagliata, ma della nostra realtà con tutte le radici storiche che l’hanno prodotta. Ed è proprio in questa realtà che «noi utenti siamo il soggetto che usa Internet, ma anche l’oggetto che produce i dati di cui Internet si nutre; Internet è una tecnologia che usiamo, ma anche un soggetto che rivoluziona completamente i nostri rapporti reciproci, la nostra visione del mondo e i fondamenti delle nostre società. Chi è l’uomo e chi la macchina, chi è che sta mettendo il visore VR a chi?».

Scritto da
Chiara Benini

Studentessa del Master in Middle Eastern Studies (MIMES) dell’Università Cattolica di Milano in collaborazione con ASERI (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali). Ha conseguito una laurea magistrale in Sviluppo locale e globale all’Università e una laurea triennale in Scienze politiche all’Università di Bologna.

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