IoT, comunicazione satellitare e intelligenza artificiale: il caso di CShark. Intervista a Alessandro Fanni
- 22 Luglio 2024

IoT, comunicazione satellitare e intelligenza artificiale: il caso di CShark. Intervista a Alessandro Fanni

Scritto da Daniele Molteni

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Alessandro Fanni è amministratore delegato di CShark.


Come è nata CShark e quali sono la missione e i principali valori che guidano il vostro lavoro?

Alessandro Fanni: CShark è nata per soddisfare le crescenti esigenze di digitalizzazione e si è evoluta successivamente in un polo di ricerca, ma con una filosofia diversa rispetto ai centri di ricerca tradizionali dove il lungo iter porta a brevetti che spesso non rispondono tempestivamente alle esigenze di mercato. La nostra idea è quella di un centro che possa controbilanciare le necessità del mercato con gli aspetti della ricerca, per avere un impatto migliorativo più esteso possibile sulla vita delle persone attraverso soluzioni etiche, utili e italiane e con un approccio di ricerca connesso al nostro mercato di appartenenza. Nel perseguire questo obiettivo, inizialmente abbiamo brevettato un sistema di intelligenza artificiale che nel 2018 ha vinto il premio “Milano Finanza – Top 100 prodotti Italia”. Nel 2019 abbiamo iniziato a lavorare su un piccolo satellite, lanciato con successo il 13 gennaio 2022 senza contributi pubblici. Nel 2023 in quanto amministratore dell’azienda sono entrato nella classifica Forbes Under 30, CShark è stata eletta miglior startup d’Italia al DigithON e abbiamo preso parte a progetti dell’Agenzia Spaziale Europea e all’incubatore ESA/BIC Lazio. Al momento abbiamo quattro sedi in Italia e due all’estero, ma la maggior parte degli investitori rimangono italiani. La peculiarità di CShark è che sono sia l’inventore delle tecnologie brevettate sia l’imprenditore, possedendo la quasi totalità dell’azienda, il che mi consente di continuare a guidare la ricerca e l’innovazione.

 

Quali sono gli elementi di innovazione che caratterizzano i vostri prodotti, e qual è il valore aggiunto per il settore aerospaziale?

Alessandro Fanni: La nostra realtà offre l’unica rete neurale completa point to point al mondo. Abbiamo creato un nodo di telecontrollo di terra in diversi formati che può rendere controllabile qualsiasi dispositivo elettronico, come orologi, schede di controllo per automobili, lampioni e pullman. Questo sistema permette ai dispositivi di comunicare con uno sciame di satelliti che stiamo distribuendo in cinque orbite tramite deployer progettati da noi, ovvero delle “scatole” che vengono connesse con i razzi rilasciando di volta in volta i satelliti. Ogni satellite è dotato di innovazioni che sono alla base dei miglioramenti che vediamo nella vita quotidiana, seguendo il principio delle missioni Apollo. Siamo partiti con un rilevatore di particelle per satelliti più grandi, il Cosmos IPM, sviluppato con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), quindi con l’ausilio di un centro di ricerca nazionale. Dopodiché lo abbiamo analizzato e ne abbiamo aumentato la precisione – rendendolo allo stesso tempo molto più piccolo di dimensione, tanto da farlo rientrare nell’ordine dei nano-satelliti e pico-satelliti – e oggi è il più preciso nel suo genere, capace di spegnere il satellite in presenza di eccessive radiazioni, prevenendo danni e consentendo anche il monitoraggio delle condizioni climatiche spaziali: lo space weather. Questa tecnologia è stata applicata anche per creare un sensore per il rilevamento del radon nelle cantine, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza domestica. Il sensore, basato sulla nostra ricerca, collegato al satellite e all’intelligenza artificiale che elabora i dati, avvisa quando c’è un accumulo di radon potenzialmente pericoloso, offrendo una soluzione accessibile rispetto ai costosi rilevatori tradizionali che richiedono un investimento di circa 3.000 euro che, seppure se ne parli poco, sono strumenti necessari dal 2019. Questo esempio fa capire come lavoriamo, sempre con l’ausilio di centri di ricerca e dei nostri addetti alla ricerca e sviluppo, partecipando anche a bandi regionali, nazionali e internazionali per sviluppare tecnologie innovative.

 

In che modo il progetto della vostra costellazione satellitare globale utilizza la tecnologia blockchain per le comunicazioni machine-to-machine, e quali vantaggi offre rispetto alle soluzioni tradizionali di trasmissione dati?

Alessandro Fanni: I vantaggi sono numerosi, intanto perché i satelliti sono miniaturizzati e il loro costo è calmierato, ma anche perché possiamo lanciarli con vettori più leggeri e occupando molto meno spazio, possiamo impiegarne di più con un solo lancio che abbiamo co-sviluppato. La Regione Emilia-Romagna ci ha supportato in questo senso, facilitata anche dalla sua esperienza in missioni passate come quella in Corea del Sud. La nostra tecnologia utilizza una connettività a bassa frequenza, sotto il gigahertz, che trasmette con pochissima energia, evitando l’elettrosmog e garantendo una sostenibilità praticamente infinita se si utilizzano i pannelli solari. Il tema principale è quello di creare un ecosistema nuovo attraverso un’intelligenza artificiale programmabile connessa a una serie di antenne inseguitrici capaci di comunicare con oggetti a 550 km di distanza, che dialogano con la nostra costellazione di satelliti italiani. Questa rete è compatibile con le frequenze di tutto il mondo e permette di collegare sensori e attuatori creando una rete neurale, esattamente come un neurone con le varie dendriti che si collega ad altri neuroni. Il nucleo raccoglie i dati, poi prende decisioni e attua comandi attraverso un motore intelligente che si aziona, a seconda delle necessità, in base ai big data generati dai sensori in giro per il mondo. I sensori Andromeda, ad esempio, sono in grado di recuperare le informazioni empiriche e trasmetterle tramite satellite alla centrale nel data center, dove un’intelligenza artificiale analizza e invia comandi per attivare motori, pompe d’acqua, illuminazione pubblica e altro ancora. Questa tecnologia è utile anche in situazioni di emergenza come il monitoraggio di centrali nucleari, e può funzionare anche durante i blackout. Ma può essere utilizzata anche in contesti remoti come i deserti, per la gestione dei pannelli solari, dove la connettività tradizionale con sistemi come Starlink richiederebbe molta più energia. Nel settore dei trasporti, questa tecnologia può trasmettere dati vitali per la sicurezza delle automobili, per la comunicazione con le centrali di controllo sui dati del motore di aerei ultraleggeri, e può servire anche agli alpinisti, migliorando la sicurezza e l’efficienza. Recentemente abbiamo connesso la nostra tecnologia all’attività marittima in Romagna, perché il nostro satellite fornisce copertura in mare superando i limiti della tecnologia 5G, che necessita di infrastrutture che consumano molta elettricità. Il nostro sistema, infatti, richiede pochissima energia e fornisce una connettività affidabile per le macchine e i dispositivi che non richiedono larghezza di banda elevata. Le applicazioni, dunque, spaziano dall’agricoltura all’automazione industriale, alla sicurezza sul lavoro, fino ad arrivare a eventi legati al cambiamento climatico.

 

Sembra che il tema dell’ambiente sia importante per il vostro operato, ma come affrontate le sfide legate alla sostenibilità ambientale nelle vostre operazioni, specialmente per quanto riguarda la progettazione e il lancio?

Alessandro Fanni: Pilot, che è il nome del nostro satellite, riprende il principio delle 5L: low orbit, low cost, low frequency, low pollution, low energy. Dal punto di vista della sostenibilità i nostri satelliti sono tecnologicamente avanzati, dotati di sistemi di propulsione autonoma, puntamento, radio e computer di bordo e questo ci permette di estendere la loro vita utile da tre a quindici anni. Inoltre, possiamo deorbitarli in modo controllato per evitare di generare detriti spaziali, anche se per le loro ridotte dimensioni brucerebbero comunque in atmosfera senza lasciare traccia. Per quanto riguarda i dispositivi di terra, come gli Andromeda, prevediamo il riutilizzo e il riciclo delle batterie e stiamo collaborando con produttori di batterie al grafene, biodegradabili poiché composte di carbonio. Inoltre, abbiamo già la capacità di integrare pannelli solari organici ed eco-friendly nelle nostre operazioni e i nostri data center, che ospitano l’intelligenza artificiale, utilizzano energia pulita, allineandosi con i principi dell’industria 5.0 che enfatizza appunto il concetto di sostenibilità ambientale. Il nostro impegno per la sostenibilità include anche la creazione di crediti di carbonio attraverso la nostra infrastruttura per raggiungere una compensazione perfetta delle emissioni. Non facciamo parte di quel gruppo di aziende che effettua pratiche come il greenwashing o il “colonialismo verde”, che consistono nell’acquistare terreni esistenti e dichiararli come assorbitori di CO₂ senza realmente contribuire alla piantumazione di nuovi alberi, perché il nostro approccio mira realmente ad avere un impatto positivo sull’ambiente.

 

Nel 2022 CShark ha lanciato il suo primo satellite tramite il razzo Falcon 9 di SpaceX. Può raccontarci come è nata l’esperienza di questo lancio e quali erano i suoi obiettivi? E inoltre, in che modo lavorate con istituzioni locali, università o altre aziende, anche estere, per promuovere l’innovazione nel settore spaziale?

Alessandro Fanni: Nel periodo della pandemia anziché fermarci abbiamo lavorato al nostro primo satellite che poi abbiamo lanciato con il Falcon 9. Questa è stata la nostra prima missione spaziale, un momento molto emozionante anche da un punto di vista personale. Il lancio ha confermato la validità del nostro investimento e, nonostante il progetto sia stato portato avanti in un periodo difficile e durante tempi bui, ci ha dato grande soddisfazione e gioia. Dall’idea al compimento della missione è trascorso un anno e mezzo, un tempo record rispetto a quelli usuali in campo spaziale e il suo successo ci ha permesso di entrare a far parte a pieno titolo del settore e di diventare membri dell’ESA. A proposito delle collaborazioni, al momento desideriamo fortemente mantenere la nostra indipendenza per evitare le complicazioni che spesso si presentano in contesti più grandi. La filosofia delle grandi imprese americane, ad esempio, è molto complicata perché comporta la frammentazione dei processi produttivi, come nel caso dell’iPhone, dove il design viene pensato negli Stati Uniti, poi il prodotto assemblato in Vietnam o in India, ma i componenti provengono dalla Cina e sono certificati dalla Corea del Sud, mentre i transistor sono stampati a Taiwan. In questo processo può esserci grande forza contrattuale da parte delle multinazionali, ma è necessario controllare che questo veda la luce senza problemi, e non è semplice. La nostra filosofia è diversa perché noi preferiamo sviluppare internamente tutte le fasi del progetto, dal firmware, al design fino al lancio, per garantire il controllo completo e minimizzare i problemi. Questo approccio ci ha permesso di compiere un significativo passo avanti nella storia del settore aerospaziale, anche se non siamo una multinazionale. In Europa stiamo vedendo un’apertura graduale verso la commercializzazione privata, ma se il progetto non funziona, oppure non è sicuro che abbia successo, è difficile compiere progressi. Sebbene, ad esempio, la missione europea Ariane 6 sia promettente, la burocrazia rallenta lo sviluppo e resta difficile competere in un mercato libero se i costi e i rischi sono più elevati rispetto a quelli relativi a un Falcon 9, i cui lanci al chilogrammo presentano costi intorno ai 200 euro, che sono risibili se paragonati a quelli del Saturn V della NASA, i cui lanci avevano un costo di 36.000 dollari al chilogrammo. Nel complesso, per l’Unione Europea oggi è difficile competere, perché negli Stati Uniti oltre 90 miliardi di dollari all’anno vengono spesi per finanziare la NASA e l’ecosistema a essa collegato, un importo immensamente superiore al budget europeo.

 

Quale importanza può avere in futuro l’Emilia-Romagna per l’economia dello spazio e, viceversa, quest’ultima per lo sviluppo tecnologico ed economico della regione?

Alessandro Fanni: Le istituzioni della Regione Emilia-Romagna stanno gestendo la tematica spaziale nel modo migliore. È l’unica regione che ha creato un polo di innovazione praticamente dal nulla sostenendolo economicamente, a Forlì. Questo è stato possibile anche grazie alla collaborazione con persone come il professor Paolo Tortora e i componenti del team del CIRI Aerospace, ma in generale anche ai livelli più elevati esiste una cooperazione storica in diversi settori che sta portando grandi benefici. L’Emilia-Romagna ha un obiettivo chiaro e, pur avendo meno fondi rispetto ad altre regioni, riesce a perseguire questa ambizione con una maggiore efficacia e l’assessore Vincenzo Colla ha sottolineato, in particolare, come ciò che funziona altrove può funzionare efficacemente anche nel nostro territorio. Un esempio concreto è il motore trifase che abbiamo sviluppato, che presenta un’efficienza del 98%, superiore a quella di Tesla che è del 76%. Questo motore è stato miniaturizzato per essere utilizzato nel vuoto e quindi nei satelliti, ma può essere adattato per uso terrestre, portando benefici all’industria automobilistica e anche ad altri settori. Lo scambio di tecnologie può agire da acceleratore e, specie con l’avvento della mobilità elettrica, la filiera tecnologica ha bisogno di questo tipo di impulso per cui lo spazio rappresenta un’opportunità unica. Soprattutto in Emilia-Romagna, l’industria automobilistica può beneficiare enormemente del trasferimento tecnologico dal settore aerospaziale e viceversa. Ma l’aerospazio offre un’enorme opportunità anche ad altri settori, basti solo pensare alle missioni Apollo che hanno generato centinaia di migliaia di nuovi brevetti, molti dei quali hanno avuto un impatto duraturo nella nostra vita quotidiana.

 

Secondo lei, quanto aiuta da questo punto di vista il fatto che in Emilia-Romagna non ci sia storicamente una grande tradizione nel settore aerospaziale, per cui è possibile una sorta di rincorsa che efficacemente si inserisca e privilegi le tendenze più avanzate? 

Alessandro Fanni: Pur non essendo una delle regioni con tradizione spaziale più forte, vanno ricordate alcune figure importanti per il settore come Rodolfo Guzzi, che per noi è una grande fonte di ispirazione essendo stato una figura chiave dell’Agenzia Spaziale Italiana, nonché il padre dei Cosmo-SkyMed e fondatore e direttore dell’Istituto per le Metodologie Geofisiche e Ambientali presso il CNR di Modena, solo per citare parte del suo vasto curriculum. Il punto cruciale è che in questo territorio tutto viene coordinato molto bene e c’è un forte spirito di collaborazione tra le istituzioni e le imprese, e tra le varie imprese che non si intralciano ma tendono a cooperare. Esistono realtà diverse, che si occupano di aspetti specifici come singole parti di un satellite o il coordinamento delle missioni, ma in Emilia-Romagna abbiamo un settore aerospaziale potenzialmente completo, eccetto per il vettore che comunque è presente a livello europeo. Inoltre, penso che i più grandi successi derivino dall’aver superato delle difficoltà ed essere usciti da un ambiente ostile, perché nella necessità si è spinti a compiere maggiori sforzi, anche da un punto di vista tecnologico. Questo principio di necessità vale a livello europeo e mondiale, se pensiamo che l’aerospazio può essere visto come l’unica zona franca di collaborazione scientifica e tecnologica, aperta anche ai russi nonostante la guerra. Dunque, lo spazio può essere visto come qualcosa che unisce e in Emilia-Romagna è evidente che questa visione è chiara e porta a un approccio costruttivo, che favorisce lo sviluppo tecnologico ed economico. Come CShark abbiamo viaggiato con la delegazione aerospaziale della Regione in diverse parti del mondo, come Montreal, Tokyo e Brema, raccogliendo esperienze e consolidando una visione d’insieme che ci ha permesso di avanzare nel settore spaziale con una prospettiva globale. Questa sensibilità e capacità di vedere il quadro generale sono fondamentali per il successo nel settore e per il nostro sviluppo tecnologico ed economico. La cosa più importante per il settore, a mio parere, è quella di privatizzare in modo regolato e controllato, mettendo i valori e l’etica al primo posto e in Emilia-Romagna, così come in Italia e nell’Unione Europea, questi valori sono presenti e saldi.

Scritto da
Daniele Molteni

Editor di «Pandora Rivista», si è laureato in Relazioni internazionali all’Università Statale di Milano e ha collaborato con diverse realtà giornalistiche, tra cui «Africa Rivista», «Lavialibera» e «Modern Insurgent». Si occupa di politica internazionale, questioni sociali e tecnologia. È membro del collettivo giornalistico “Fuorifuoco”.

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