Scritto da Marco Valenziano
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Paolo Tortora è Professore ordinario all’Università di Bologna di “Impianti e sistemi aerospaziali” e Direttore del CIRI Aerospace di Forlì.
Il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Aerospace (CIRI Aerospace) di Forlì è un’istituzione di primo piano nell’ambito spaziale. Quali sono state le principali attività del CIRI? In quali campi ha maggiormente operato?
Paolo Tortora: Il CIRI ha una lunga tradizione di partecipazione a missioni spaziali sia senza che con equipaggio umano, in particolare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. I nostri gruppi di ricerca hanno inoltre preso parte a numerose missioni di esplorazione del sistema solare, e in particolare a missioni di esplorazione planetaria. La prima in linea temporale è stata la missione Cassini-Huygens ideata per studiare Saturno e le sue lune e operata congiuntamente da NASA, ESA e ASI, e proprio tramite la collaborazione con ASI il CIRI ha lavorato alla missione. Cassini ha conseguito grandi risultati scientifici, a cui noi abbiamo contribuito in maniera importante. Il CIRI si occupa di esperimenti di radio scienza, cioè di esperimenti scientifici tesi a misurare i campi di gravità dei corpi oppure a determinare la densità delle atmosfere e delle ionosfere attorno a corpi planetari. Queste analisi vengono fatte tramite l’apparato di telecomunicazioni delle sonde. Sono quindi esperimenti scientifici che impiegano come strumento scientifico un qualcosa che già esiste per altri usi, cioè il sistema di telecomunicazioni della sonda che è normalmente utilizzato per ricevere i telecomandi da terra e per trasmettere verso la terra i dati scientifici acquisiti a bordo. È il caso, ad esempio, della missione BepiColombo dell’ESA in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA), volta all’esplorazione di Mercurio (in arrivo nella sua orbita nel 2025), della missione NASA Juno avviata nel 2016 per l’esplorazione di Giove e per determinare il campo di gravità del pianeta e delle lune Galileiane. Altre due missioni in cui il CIRI è impegnato su Giove sono Europa Clipper della NASA, focalizzata all’esplorazione della luna Europa, e JUICE (Jupiter Icy Moons Explorer) dell’ESA, indirizzata verso altre lune ghiacciate di Giove, e in particolare Ganimede. Queste missioni sono state concepite insieme tra il 2008 e il 2009, le due strade si sono poi separate, ma l’impegno del CIRI rimane su entrambe. Il CIRI partecipa inoltre a Hera, la missione di difesa planetaria dell’ESA, che segue i risultati della missione DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA. Dopo che DART ha impattato su un asteroide binario e ha deviato leggermente la traiettoria del secondario, Hera andrà a studiare il cratere da impatto per valutare i risultati. Basta infatti una variazione della velocità di un millimetro al secondo per avere, dopo qualche anno, un cambio di traiettoria tale da scongiurare un possibile impatto con la Terra. Altre piccole missioni si concentrano sui CubeSat, satelliti miniaturizzati, come LICIACube (Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids) a cui il CIRI ha contribuito per la navigazione interplanetaria, un ambito adiacente alla radio scienza. Rispetto a grandi missioni da miliardi di dollari, la messa in orbita di CubeSat ha un costo totale nell’ordine delle decine di milioni di euro, quindi non sono disponibili grandi budget per la navigazione. Perciò l’ESA ha stimolato i ricercatori del CIRI, forti dell’esperienza nel campo della radio scienza, a creare uno soggetto imprenditoriale che si occupasse di navigazione e determinazione orbitale per piccoli satelliti in deep space. È nato così Nautilus, spin-off congiunto dell’Università di Bologna e del Politecnico di Milano, creato nel segno del CIRI e basato in Emilia-Romagna.
La Regione Emilia-Romagna ha di recente spostato la sua attenzione sulla space economy e sta aggregando le aziende interessate a questo settore con azioni istituzionali e finanziamenti. Com’era la situazione precedente? E quali sono le caratteristiche del settore spaziale emiliano-romagnolo?
Paolo Tortora: Fino a circa il 2010-2012 il CIRI esisteva e lavorava su fondi sostanzialmente pubblici ma nazionali. La Regione non aveva mai usato fondi del POR FESR per finanziare la ricerca in ambito aerospaziale. In Emilia-Romagna esisteva però una quantità di piccole e medie imprese, alcune con anche meno di dieci dipendenti, che rappresentavano delle eccellenze notevolissime su determinate particolari competenze. Solo per fornire un esempio, Thales Alenia Space Italia (TAS-I) per particolari produzioni meccaniche aveva già da anni diversi fornitori in Emilia-Romagna, dato che sapeva di poter realizzare alcune lavorazioni molto particolari solo qui. Ad esempio, la Gianni Andalò di Imola ha la capacità di produrre parti meccaniche super specializzate che hanno risolto problemi che a TAS-I parevano insormontabili, e ha non più di qualche decina di dipendenti. Ci sono tante altre PMI come questa ed è importante vedere come siano state capaci di ricavarsi nicchie cruciali. Però queste realtà si sono sempre occupate solo di specifici passaggi della filiera e non di costruire, ad esempio, interi satelliti in autonomia. Questo approccio è cambiato quando Sitael nel 2014 ha acquisito lo spin-off dell’Università di Bologna AlmaSpace (ora Sitael Forlì) che si occupava di piccoli satelliti. Sitael, importante impresa del settore dell’elettronica spaziale, ha così potuto sviluppare il business dei piccoli satelliti con uno stabilimento basato a Forlì. Nel 2018 ha lanciato ESEO, satellite di 50-60 kg, e nel 2023 ha lanciato MicroHETSat, primo esperimento di satellite a propulsione elettrica ad altissima efficienza. Simili esperienze si ritrovano oggi in aziende ancora di ridotte dimensioni, come la Bercella di Parma per produzioni in fibra di carbonio e materiali compositi e la NPC Spacemind di Imola sui satelliti CubeSat, che hanno meno di cento dipendenti. Queste realtà ora si stanno parlando per fare emergere la loro massa critica e per arrivare a un maggior dialogo con le istituzioni. Già prima dell’avvio della partnership con Axiom, l’Emilia-Romagna è stata rappresentata da molti ricercatori in missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale in diversi ambiti non solo tecnologici, ma anche per esperimenti in orbita che richiedono l’intervento umano per comandare gli strumenti e riportare a terra i risultati. C’è quindi una tradizione emiliano-romagnola di progettazione ed esecuzione di esperimenti in orbita in ambiti che vanno dalla medicina, alla chimica fino all’astrobiologia. Tutto questo bagaglio culturale e scientifico è stato fondamentale per convincere la Regione e in particolare l’assessore Vincenzo Colla, che è stato il promotore dell’ingresso dell’Emilia-Romagna nel settore della space economy e della partecipazione a nuove partnership internazionali. Per concludere, la presenza di aziende del settore in regione era forte ma la politica negli ultimi cinque anni l’ha fatta concretamente emergere, constatando che in precedenza la ricerca delle università e delle imprese era poco valorizzata da un punto di vista mediatico. L’amministrazione regionale ha fatto suo questo obiettivo e sta promuovendo con efficacia l’importanza del settore spaziale emiliano-romagnolo, anche grazie alla missione Axiom AX-3, alle future partecipazioni con Axiom e ad altre importanti iniziative promosse.
Abbiamo citato la missione Axiom AX-3. Come mai è nato questo asse di collaborazione con gli Stati Uniti, piuttosto che restare in una dimensione europea?
Paolo Tortora: L’attuale scenario della new space economy – la definizione data a quella che dovrebbe essere una nuova “età dell’oro” dello spazio – è caratterizzato da vasti investimenti privati. Negli Stati Uniti, i due noti imprenditori Elon Musk e Jeff Bezos stanno spostando ingenti fondi da aziende che operano fuori dal settore spaziale alla new space economy. E lo stanno facendo in maniera molto efficace. Ad esempio, gli Stati Uniti, costretti a non usare più le sonde Sojuz russe per lanciare i propri astronauti si sono affidati a SpaceX di Musk, che è ora il monopolista dei voli umani americani con Crew Dragon poiché ha mostrato affidabilità ed efficienza con il Falcon 9. In questo assetto, dove gli investimenti privati superano quelli pubblici, sono i privati che sviluppano prodotti affidabili e poi li propongono alla NASA che paga per usufruire dei loro servizi. E i ricavi sono così alti che l’azienda riesce a ripagarsi tutti i costi di sviluppo. SpaceX sta seguendo la stessa strategia con la costellazione Starlink che ha un totale monopolio della banda larga nelle regioni rurali. Con i capitali pubblici ormai in minoranza, le Agenzie ora guidano le politiche spaziali e hanno ridotto la componente di finanziamento e progettazione. La NASA, ad esempio, appalta esternamente ma tiene un saldo controllo sulla politica spaziale per evitare una totale deregulation. Anche perché nello spazio i rischi potenziali sono molto elevati, ad esempio, nell’ambito della difesa. Tutto questo si riflette anche in Europa, che però è – come di consueto – più lenta nel muoversi, malgrado anche nel nostro continente ci siano ormai capitali privati dell’ordine delle centinaia di milioni di dollari investiti in startup operanti nella space economy. Dunque, trovare capitali non è più il problema principale, come era in passato, ma le nuove difficoltà riguardano il ricavarsi una fetta di mercato in un ambito che è ora decisamente affollato da attori statunitensi.
In questa “età dell’oro” che vede protagoniste le aziende spaziali private come si colloca un’istituzione pubblica come il CIRI?
Paolo Tortora: L’opportunità per gli istituti pubblici è duplice. Noi possiamo ora lavorare con fondi pubblici sulle tecnologie a basso TRL (technology readiness level) e continuare a studiare soluzioni potenziali per il futuro, ma anche lavorare con le imprese su tecnologie già disponibili e operanti oggi e aumentare così le nostre sinergie con il settore privato. Il CIRI oggi sta lavorando sia su bandi dell’ASI sulle future tecnologie di frontiera, sia collaborando con le imprese private per le missioni di domani che non richiedono tecnologie disruptive, come evidenziato ad esempio nel caso della missione LICIACube.
Quali sono stati gli aspetti principali del rapporto e della collaborazione con la Regione Emilia-Romagna?
Paolo Tortora: Noi abbiamo lavorato molto attraverso l’ente regionale ART-ER affinché l’aerospazio arrivasse a occupare la posizione che merita tra le priorità regionali. A ogni cambio di Giunta, abbiamo presentato le nostre attività ai responsabili dell’Area Alta Tecnologia per chiedere di inserire l’aerospazio nella S3 (Smart Specialisation Strategy) regionale. Durante l’aggiornamento di questa roadmap nel 2021 il CIRI ha aperto un confronto con la politica regionale. Nei colloqui abbiamo evidenziato la presenza di una massa critica in Emilia-Romagna, sia dal punto di vista delle imprese che della ricerca e sviluppo, e le opportunità connesse a questa caratteristica dell’ecosistema regionale. Anche attraverso questi confronti è maturata l’inclusione dell’aerospazio nella S3 aggiornata. Possiamo dire che c’è stato un forte impegno da parte nostra, ma anche che abbiamo trovato un fondamentale atteggiamento di ascolto e un “terreno fertile” nelle istituzioni e nella politica.
Oltre alla dimensione prospettica e di pianificazione strategica, siete stati coinvolti in altre iniziative, come bandi o finanziamenti, che stanno maturando nella strategia regionale sulla space economy?
Paolo Tortora: Siamo coinvolti in molti progetti derivanti da due bandi della Regione. Il POR FESR regionale del 2023 include due progetti in campo aerospaziale che hanno il CIRI Aerospace come coordinatore (PI). Il primo è a carattere aeronautico e riguarda la urban air mobility, cioè tutti quei sistemi di movimentazione merci o persone automatizzati che ormai non sembrano più futuristici. Il secondo progetto riguarda i piccoli satelliti, detti SmallSat. Nello stesso bando sono stati selezionati anche due altri progetti di area aerospaziale a cui il CIRI partecipa come partner. Nel bando verticale aerospace della Regione il CIRI è stato invece coinvolto da altre imprese come subcontractor. Ad esempio, stiamo supportando la società piacentina C-Shark che sta progettando una costellazione di picosatelliti (satelliti miniaturizzati che operano in formazione) per l’Internet of Things, e la Alma Automotive su un progetto che si occupa di sistemi di propulsione a idrogeno e ibridi per l’ambito aeronautico. C’è in cantiere anche un ultimo progetto, ancora non reso pubblico dalla Regione, che mira a portare un grande player nazionale a sviluppare un importante progetto tecnologico nella città di Forlì, in collaborazione con altre sei o sette piccole e medie imprese. L’idea è di avere un hub di tipo spaziale all’interno del polo tecnologico aerospaziale forlivese basato nell’area aeroportuale della città.
L’ecosistema regionale è decisamente in crescita e sembra che stia raggiungendo un maggiore livello di visibilità e riconoscimento, anche attraverso iniziative come la partecipazione alla missione Axiom AX-3. Quale può essere un primo bilancio?
Paolo Tortora: Il settore ha chiaramente beneficiato del significativo ritorno mediatico dato dalla missione Axiom AX-3. Le imprese emiliano-romagnole che hanno collaborato a questa missione hanno dato un ottimo esempio e hanno dimostrato come si può salire alla ribalta anche con esperimenti inizialmente di dimensioni limitate. Queste, e altre aziende simili del territorio, possono ora entrare efficacemente nella new space economy usando tecnologie di aziende space messe a disposizione da attori classici, compreso il CIRI, per estendere al settore spazio eccellenze di settori non spaziali, ad esempio nella telemedicina o nell’alimentazione. Garantire un comfort maggiore durante i voli è uno degli obiettivi di questa missione e tutte le aziende hanno già preso contatti con il CIRI per uno sviluppo ulteriore, dalla missione Axiom AX-4 in poi. Il nostro contributo potrà formalizzare concretamente la ricerca e sviluppo spaziale di queste aziende. Siamo, ad esempio, in contatto con GVM e Dallara e ci prepariamo per sviluppare con loro le soluzioni tecnologiche spaziali del futuro.
Per concludere, in un orizzonte di dieci anni come si immagina questo settore?
Paolo Tortora: Considerano lo sviluppo avvenuto negli ultimi due o tre anni c’è quasi da essere intimoriti dalla crescita esponenziale a cui stiamo assistendo. Solo l’Università di Bologna è passata da condurre una mezza dozzina al massimo di progetti all’anno nel 2015-16 all’ordine delle decine l’anno oggi. Contestualmente, il budget del CIRI Aerospace è cresciuto di un ordine di grandezza nel giro di tre-quattro anni: siamo passati dall’avere un budget di circa 3-400.000 euro a condurre oggi progetti per un valore di un paio di milioni di euro all’anno solo per quanto riguarda ricerca e sviluppo. Contemporaneamente, la quantità di imprese che lavorano in ambito aerospaziale è cresciuta moltissimo in tutta la regione. Se si avviasse il nuovo progetto nella città di Forlì a cui ho accennato prima, ci aspettiamo che il fatturato e il numero di dipendenti in ambito spaziale possano crescere in modo ancora più significativo. Ritengo che quando delle competenze di tipo tecnico, che sono molto forti in Emilia-Romagna, si sposano con un vero supporto da parte delle istituzioni allora si fa davvero la differenza. Perché, finché le imprese, le università e i centri di ricerca hanno lavorato da soli, hanno sviluppato delle eccellenze ma la curva di crescita era molto piatta e si avanzava con lentezza. Nel momento invece in cui le istituzioni mettono in campo risorse importanti ma soprattutto anche tanta volontà politica, allora è evidente che si possono indirizzare le grandi aziende a fare investimenti importanti con un potere che i singoli istituti, università o PMI non hanno. E infatti le grandi aziende si stanno muovendo in questa direzione. Vedo una crescita molto rapida e ampia del numero di progetti che possiamo fare, della visibilità che la Regione Emilia-Romagna avrà in ambito aerospaziale e del numero di addetti e del fatturato. Auspico che questo percorso di crescita possa proseguire e accelerare ulteriormente in futuro.