Le direzioni del futuro: un racconto della XV Convention CGM
- 13 Settembre 2024

Le direzioni del futuro: un racconto della XV Convention CGM

Scritto da Anna Bonazza, Emma Ceragioli, Daniele Molteni

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Dal 20 al 22 giugno a Bologna si è tenuta la XV Convention del Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli (CGM), con il titolo “Direzioni. Intelligenze collettive per una nuova economia sociale”, di cui Pandora Rivista è media partner. Il tema della Convention sono state le direzioni che è necessario intraprendere per fronteggiare le transizioni ambientale, digitale, demografica e culturale. Questo articolo approfondisce alcuni dei temi trattati nei tre giorni della Convention.


La XV Convention CGM ha rappresentato un momento cruciale di riflessione per le imprese e cooperative sociali della rete, e uno stimolo per la mobilitazione di risorse e competenze in modo strategico e sinergico in un contesto di trasformazioni che sta ridefinendo i confini del lavoro sociale. L’evento, tenutosi dal 20 al 22 giugno 2024 a Bologna con il titolo Direzioni. Intelligenze collettive per una nuova economia sociale, ha visto la partecipazione di oltre cinquecento delegati – esperti di settore, accademici e rappresentanti istituzionali – che hanno contribuito a delineare le traiettorie future di un terzo settore chiamato a innovare e a rafforzare il proprio ruolo, soprattutto in tema di digitalizzazione, sostenibilità ambientale e coesione sociale.

I tre giorni di Convention hanno visto succedersi sessioni plenarie, workshop e tavole rotonde, organizzati attorno a tre principali direttrici: gli “scenari”, i “focus tematici” e i “segnali dal futuro”. Queste direttrici non solo hanno offerto una visione organica e integrata delle sfide che attendono le imprese sociali, ma hanno anche evidenziato come le diverse questioni affrontate siano profondamente intrecciate e riflettano la complessità e l’interdipendenza dei problemi del nostro tempo. Nell’analizzare l’evoluzione del terzo settore negli ultimi quattro decenni, il sociologo Sebastiano Citroni, professore associato in Sociologia dei processi culturali presso il Dipartimento di Diritto, Economia e Culture dell’Università degli Studi dell’Insubria a Como, ha esplorato le radici storiche e le dinamiche di cambiamento attuali sollevando la domanda cruciale: «In quale direzione andare?». La riflessione di Citroni ha sottolineato l’importanza di restare fedeli ai valori fondanti delle cooperative per adattarsi alle nuove sfide, sfruttando quelle “intelligente collettive” che nei suoi interventi la presidente di CGM Giusi Biaggi ha definito necessarie per navigare in un mondo sempre più complesso in cui serve una governance coordinata e sinergica. Proprio il concetto di “intelligenza collettiva” è stato esplorato in diversi contesti e trova espressione concreta dentro “la bussola”, il piano strategico illustrato durante uno dei focus principali, che mira a guidare la rete CGM nei prossimi anni ponendo l’accento sulla co-progettazione tra imprese sociali e amministrazioni pubbliche. Un piano che individua l’urgenza di costruire reti di collaborazione sempre più strette, in grado di affrontare le sfide poste dalla transizione ecologica e digitale, espresso in modo pratico nei workshop dedicati in cui si è discusso di come le imprese sociali possano diventare attori chiave nella creazione di un welfare inclusivo e sostenibile, grazie alla capacità di mobilitare risorse locali e conoscenze specifiche.

Particolare attenzione è stata riservata alla dimensione phygital e all’uso strategico dei dati, con l’intervento di Flaviano Zandonai, open innovation manager di CGM, che ha sottolineato come i dati rappresentino non solo un patrimonio informativo, ma un vero e proprio specchio della realtà organizzativa, capace di orientare le decisioni strategiche e rafforzare la fiducia degli stakeholder. Questa visione è stata corroborata dal contributo di Corrado Priami, Prorettore per la valorizzazione della conoscenza e suo impatto dell’Università di Pisa, che ha presentato il progetto Start Attractor, volto a favorire l’innovazione attraverso il trasferimento tecnologico e a fare da ponte tra mondo accademico e imprenditoriale per rendere l’ateneo pisano un motore di sviluppo per il territorio locale e nazionale, agevolando la ricerca, la formazione continua e il reclutamento di nuovi talenti. Sono state diverse le voci del settore intervenute sull’educazione all’innovazione, dalle realtà private a quelle pubbliche, dalla fondazione Bruno Kessler alla Fondazione Innovazione Urbana, e poi Entopan Innovation e Open Group. In questo contesto, la gestione consapevole e trasparente dei dati è stata individuata come uno dei pilastri su cui costruire una governance più efficace e partecipativa, sfruttando il passato per migliorare le scelte del futuro.

Il tema dell’educazione, che ha permeato tutta la Convention, si è intrecciato con quello del lavoro nell’intervento di Stefano Laffi, sociologo e fondatore di CODICI, focalizzatosi sulla necessità di preparare le nuove generazioni a gestire l’imprevedibilità perché, se è vero che i dati riguardano il passato e il presente, il futuro non ha ancora dati a cui guardare. Da questa consapevolezza emerge la necessità di sviluppare la “capacità negativa” predicata dal poeta John Keats, quella di imparare a stare nell’incertezza e improvvisare, fermarsi, confrontarsi e a volte ammettere di non avere ancora le risposte. Poiché non si conosce il futuro, servono strumenti utili ad affrontare l’incertezza nel miglior modo possibile, tramite la formazione, il dialogo tra generazioni e l’ammissione dei propri punti di forza e di debolezza, così da uscire dall’individualismo e dalla paura del fallimento.

Questa riflessione ha trovato risonanza anche nei momenti dedicati alla rigenerazione urbana, dove è stato evidenziato come la capacità di navigare l’incertezza sia fondamentale anche nella gestione delle città, dei territori e delle persone che li abitano. Le nuove geografie territoriali sono infatti uno dei temi più rilevanti di questo tempo e hanno posto un ulteriore tassello nel mosaico tematico della Convention attraverso l’analisi proposta dal sociologo Tommaso Vitale, preside della Sciences Po Urban School di Parigi, che ha illustrato le caratteristiche dei modelli urbani europei, fondati su piccole e medie capitali regionali molto attrattive – le cosiddette città di secondo livello – che risentono dell’impatto della trasformazione demografica e sono interessate da dinamiche comuni, a cominciare dalla povertà giovanile e da centri urbani che vivono un costante aumento del valore fondiario, mentre i territori più periferici perdono la loro attrattività. Sempre più persone si muovono dalle aree periferiche verso le città medie alle prese con le stesse prove sociali delle città di primo livello, come Parigi o Los Angeles, preoccupate dall’esclusione sociale, dalla gestione della povertà e dall’incremento della criminalità. Una condizione che richiama a ripensare il dialogo tra classi sociali per mirare a una maggiore integrazione nella gestione delle città europee, senza dimenticarsi delle città periferiche in cui troviamo un’intelligenza individuale che risente di una carenza di intelligenza collettiva, a causa dell’esclusione dai flussi di secolarizzazione e dalla scarsa socializzazione imprenditoriale.

Il modo di interpretare la gerarchia urbana permette di pensare nuovi spazi e dunque la speranza per l’Italia sta nell’integrazione territoriale dei sistemi, nella capacità di uscire dalle dicotomie. I territori periferici non vanno pensati come totalmente abbandonati e richiedono un’intelligenza collettiva integrata. Questo perché il contesto influisce sul funzionamento umano, come sottolinea nel suo intervento Pierluigi Sacco, Professore ordinario di Biobehavioural Economics all’Università di Chieti, a cominciare dalle capacità intellettuali e cognitive che cambiano a seconda che ci si trovi in spazi bene o male illuminati, che accolgono o respingono. Si parla in questo caso di prevedere un nuovo welfare culturale che permetta di affrontare le sfide del presente con una nuova esposizione ad attività culturali. Attività che influiscono sulla nostra capacità di sopravvivenza perché, se è vero che “chi ha letto mille libri ha vissuto mille vite”, il tempo libero può diventare una risorsa fondamentale per superare sfide interpretative complesse e sviluppare un welfare con effetti positivi, superando le distinzioni tra ambito sociale e culturale. Beniamino Ferroni, direttore del Consorzio Oscar Romero, a questo proposito ha riportato la sua esperienza con la Polveriera di Reggio Emilia, un ex deposito di polveri e materiale militare riqualificato e rigenerato per creare uno spazio di incontro e aggregazione al servizio della comunità. Un laboratorio attivo di cultura sociale, che produce e trasmette bellezza grazie all’impegno delle persone coinvolte, non soltanto offrendo servizi ma investendo ogni giorno sulla promozione del cambiamento e sul futuro delle cooperative del territorio, al fine di attribuire nuovi significati a modelli di relazioni esistenti, con nuove connessioni tra persone e nuovi modelli di consumo.

I tre giorni di Convention sono stati conclusi con un dialogo tra il teologo Vito Mancuso e l’economista Stefano Zamagni, che hanno affrontato il tema della felicità da prospettive complementari. Nel suo intervento, Mancuso ha distinto tra gioia e felicità, con la prima descritta come “accordo di sé con sé” e la seconda come “accordo di sé con il mondo”, identificando l’armonia tra individuo e ambiente come elemento chiave per il benessere personale e collettivo. Emozioni, sentimenti, passioni, ideali e virtù: queste sono le cinque componenti strutturali che compongono l’interiorità di ogni essere umano, e la gioia è l’accordo tra esse. Dall’altro lato, il termine felicità, dal latino felix che significa fertile, richiama a coltivare la nostra fertilità interiore, perché solo quando il terreno interiore è produttivo è possibile lavorare per il bene comune in maniera proficua e armoniosa. Ma per farlo, secondo Mancuso serve una nuova filosofia della storia, perché una civiltà può dirsi in salute solo se rispetto alla propria storia ha una visione ottimista: quella di una spirale ascendente, che rispecchia la stessa forma del nostro DNA o delle galassie, e di un processo che ha una tendenza complessiva a salire anche se a volte può portare a discese limitate, ma sempre all’interno di un cammino progressivo di evoluzione. Evidenziando la chiave economica del problema, Zamagni ha invece sottolineato l’attributo democratico della felicità e i fattori che impediscono alle persone di perseguirla: l’aumento endemico e sistemico delle disuguaglianze, la questione dell’incidenza del lavoro e la cosiddetta perdita del desiderio, soprattutto dei più giovani. Nella moderna economia capitalistica il desiderio che tende all’infinito e spinge ad andare oltre è sempre più sostituito dalla voglia di consumare tesa all’appagamento momentaneo. L’aumento del livello di consumo può quindi anche aumentare il livello di infelicità, poiché il consumo appaga ed esaudisce la necessità del momento senza un vero effetto sull’infelicità. Un altro elemento che causa infelicità secondo Zamagni è il singolarismo, una conseguenza estrema dell’individualismo come configurazione antropologica da contrastare tramite un dialogo tra intelligenze collettive per tendere all’obbiettivo della felicità generale. Come già diceva Aristotele, la felicità individuale non esiste e si è felici nel rapporto e nella relazione con l’altro. “La felicità arriva non quando l’esistenza è spesa per essere felice ma quando l’esistenza è felice di essere spesa”, conclude Zamagni al termine della Convention.

Questa Convention CGM ha mostrato di poter essere collante tra tecnica e realtà per provare a gestire le sfide digitali, economiche e lavorative tramite il confronto e lo scambio di esperienze. A oggi non sappiamo cosa ci attende e non ci sono istruzioni d’uso, ma esiste la possibilità di esplorare insieme un mondo incerto interrogandosi costantemente. La XV Convention CGM ha rappresentato non solo un momento di confronto e riflessione di questo tipo, ma anche un laboratorio di idee e progetti, destinati a plasmare il futuro del terzo settore, soprattutto in una regione come l’Emilia-Romagna che è centro nevralgico di associazioni e cooperative, emerse a partire dalla Cooperativa Ceramica d’Imola fondata nel 1874, la più antica cooperativa di produzione e lavoro italiana.

In una città come Bologna, solidale nelle fragilità e nelle spaccature sociali sempre più evidenti nel nostro Paese, CGM sottolinea come l’economia debba stare al servizio delle persone e garantire alle imprese sociali di crescere indipendenti in una rete, con diverse identità e specializzazioni che solo se unite sono in grado di rispondere ai bisogni delle persone. Per lavorare in questa direzione, la rete esorta le città a ricoprire un ruolo abilitatore per creare nuove imprese del terzo settore, garantendo un inserimento finanziario e la protezione adeguata ai rischi, così da ricomporre un sistema più equo. Le sfide della transizione digitale, della sostenibilità ambientale e della rigenerazione urbana richiedono risposte collettive, universali, e la rete CGM si è dimostrata pronta a raccogliere questa sfida ponendo l’innovazione sociale e la collaborazione intersettoriale al centro della propria azione e delle proprie direzioni future.


A questo link sono disponibili altri contributi dedicati alla Convention CGM, tra cui il position paper della Convention e le interviste a Giusi Biaggi, Flaviano Zandonai, Stefano Granata, Pierluigi Sacco e Giulio Quaggiotto.

Scritto da
Anna Bonazza

Laureata in Scienze politiche sociali e internazionali e attualmente iscritta al corso di laurea magistrale in Governance e politiche dell’innovazione digitale, presso l’Università di Bologna. È appassionata di storia contemporanea, questioni politiche italiane e internazionali, giornalismo e comunicazione politica. Ha collaborato con l’Università di Bologna per un progetto di indagine sociale durante le elezioni politiche del 2022.

Scritto da
Emma Ceragioli

Studente di Scienze giuridiche all’Università di Bologna, è appassionata di attualità e politica, con un focus particolare sugli aspetti giuridici. Dimostra un forte interesse per le dinamiche sociali e l’evoluzione della società. Ha svolto attività di volontariato in vari ambiti del servizio sociale, tra cui l’educazione infantile e i campi antimafia, collaborando con organizzazioni come ARCI e Libera.

Scritto da
Daniele Molteni

Editor di «Pandora Rivista», si è laureato in Relazioni internazionali all’Università Statale di Milano e ha collaborato con diverse realtà giornalistiche, tra cui «Africa Rivista», «Lavialibera» e «Modern Insurgent». Si occupa di politica internazionale, questioni sociali e tecnologia. È membro del collettivo giornalistico “Fuorifuoco”.

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