Alla ricerca delle “direzioni” dell’economia sociale: la convention CGM. Intervista a Giusi Biaggi
- 20 Giugno 2024

Alla ricerca delle “direzioni” dell’economia sociale: la convention CGM. Intervista a Giusi Biaggi

Scritto da Giacomo Bottos

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Dal 20 al 22 giugno a Bologna si tiene la XV Convention del Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli (CGM), con il titolo “Direzioni. Intelligenze collettive per una nuova economia sociale”, di cui Pandora Rivista è media partner. Il tema di questa convention sono le direzioni che è necessario intraprendere per fronteggiare le transizioni ambientale, digitale, demografica e culturale. CGM, una delle principali reti nazionali di consorzi territoriali, imprese e cooperative sociali, svolge il ruolo di supportare l’azione delle reti locali per rispondere ai bisogni della comunità, favorendo lo sviluppo della produttività economica dei propri soci attraverso modelli sostenibili, inclusivi e replicabili. Per comprendere come è stata costruita questa rete, il significato della convention e dell’attualità delle tematiche affrontate in questo incontro, abbiamo intervistato Giusi Biaggi, Presidente di CGM dal 2022.


Cos’è e come nasce CGM? Quali sono le aree principali dell’attività che svolgete?

Giusi Biaggi: Quest’anno ricorre il centenario dalla nascita di Franco Basaglia, uno dei primi ad intuire che il lavoro è fondamentale per la riabilitazione delle persone e il loro ritorno a una vita civile attiva, e CGM nasce da questa consapevolezza e dal movimento emerso negli anni Settanta basato su questo principio. Sin dalla sua nascita negli anni Ottanta – ovvero prima dell’emanazione della legge 381 del 1991 che ha istituzionalizzato la cooperazione sociale – questa rete consortile è stata intitolata, inoltre, a Gino Mattarelli, parlamentare e dirigente, che ha lavorato intensamente per il riconoscimento dell’importanza della cooperazione sociale prima di venire a mancare improvvisamente nel 1986. Al tempo, quello della cooperazione sociale era un movimento maturato dal basso e fuori dall’istituzionalizzazione ma i fondatori di CGM hanno intuito che per promuovere la diffusione della cooperazione in senso innovativo e trasformativo nel Paese fosse necessario costruire una rete di supporto. CGM è una rete che aggrega intorno a sé cooperative e imprese sociali, in questo momento più di seicento. Durante i primi anni di vita la missione è stata quella di semina, funzionale a stabilire una presenza nei territori in termini numerici, dimensionali e qualitativi, per strutturare questo movimento associazionistico di volontariato impegnato nella costruzione del bene comune. Lo schema utilizzato è stato quello del “campo di fragole”, come lo chiamavano i fondatori. In questo schema, ogni territorio dava vita a cooperative sociali che si occupavano di vari gruppi di persone con diverse esigenze, tra cui minori, persone con problemi psichiatrici, disabili e anziani, poi queste cooperative si aggregavano a livello locale formando un consorzio e creando una rete integrata di supporto e servizi. Questi consorzi, diventati reti di aggregazione spesso su base provinciale, si univano a loro volta in una rete nazionale, creando un circuito virtuoso di buone prassi, di scambio e di studio reciproco. In questo modo, chiunque individuasse un’opportunità o un nuovo metodo di intervento poteva collaborare con gli altri membri della rete, favorendo così la diffusione di questa cultura. Dopo questa “semina” iniziale, con la crescita professionale e dimensionale sono nate le società di sistema, che derivano dalla necessità di verticalizzare alcuni ambiti d’intervento strategici: l’infanzia; la finanza, con CGM Finance; il lavoro, con CooperJob; o anche il digitale, con CGMoving.  Quest’ultima, in particolare, è una collaborazione tra CGM e una software house di Brescia, con la quale abbiamo sviluppato una piattaforma multicanale che gestisce il welfare pubblico, il welfare a domanda pagante e il welfare aziendale. L’ultima società è stata costituita a fine 2023, con il nome “Energie per Comunità”, realizzata da CGM e Fratello Sole per la promozione, l’accompagnamento e la crescita delle comunità energetiche. CGM è quindi tutto questo, ma anche una rete di scambio e di alleanze con le università, con i centri di ricerca, con le banche, con le fondazioni. In sostanza, rappresenta un grande patrimonio di relazioni.

 

Quindi avete attraversato una prima fase di espansione quantitativa, seguita da un’intensificazione delle attività per settori verticali, in risposta alla crescente complessità. Sin dall’inizio avete promosso forme di riflessione e di elaborazione di conoscenza su ciò che stavate facendo, oppure i bisogni percepiti erano predominanti e la componente teorica e riflessiva è emersa solo successivamente?

Giusi Biaggi: La necessità di una riflessione è emersa sin da subito in quanto CGM nasce da un centro studi. È significativo, in questo senso, considerare che il professore di politica economica Carlo Borzaga – che è venuto a mancare il 4 marzo di quest’anno, peraltro, lo stesso giorno di Claudia Fiaschi, Vicepresidente di Confcooperative – è stato uno dei fondatori del Consorzio dal punto di vista della ricerca e dello studio. Affinché questo fenomeno diventasse una realtà concreta e un settore economico attraverso la creazione di un consorzio nazionale, la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione sono stati aspetti centrali per CGM. In questo percorso è stata creata anche la Rivista Impresa Sociale, una rivista di approfondimento e studio dei temi legati a questo settore, il cui marchio è attualmente ancora di CGM, ma con la redazione affidata a Euricse e Iris Network. La ricerca e lo studio sono sempre stati ambiti con cui abbiamo instaurato un dialogo e una contaminazione costante e da cui abbiamo tratto grande beneficio.

 

Quindi fin da subito c’era l’idea che questo processo fosse qualcosa che andava coltivato, anche per merito di una riflessione preliminare che delineava la direzione. All’interno di questo ecosistema, quando nasce l’idea di organizzare una convention di CGM?

Giusi Biaggi: Anche questo aspetto è sempre stato ricorrente all’interno del Consorzio. Tra gli anni Novanta e i primi Duemila questi temi erano affrontati nelle convention da poche realtà e CGM era tra queste. Oggi, l’offerta formativa e di incontro, soprattutto attraverso il digitale, ha reso molto più accessibile una pluralità di contenuti rispetto al passato e anche il settore dell’economia sociale e di impatto è popolatissimo da questo punto di vista, ma un tempo non era così. Il momento della convention ha sempre rivestito un’importanza significativa non solo dal punto di vista culturale e formativo, ma anche come occasione per costruire e consolidare le relazioni tra i nodi della rete e i partner che formano le alleanze. La convention di CGM è diventata un’istituzione, quasi un rito consolidato nel tempo e ormai giunto alla quindicesima edizione. Ogni convention è concepita come un momento di ritrovo costruito attorno a un tema centrale, integrato nella strategia complessiva della rete, in quanto al suo interno trovano spazio i contenuti che emergono dal lavoro e che vengono considerati i più decisivi e importanti. Quest’anno, fin dal titolo, abbiamo voluto enfatizzare il tema delle direzioni che vogliamo intraprendere per l’impresa sociale.

 

A proposito di questo, come siete arrivati a elaborare il titolo “Direzioni. Intelligenze collettive per una nuova economia sociale”?

Giusi Biaggi: Il titolo è stato elaborato in risposta alla fase attuale di CGM, caratterizzata dall’evoluzione delle cooperative e delle società verticali di cui parlavo in precedenza, nonché dalla necessità di intraprendere un nuovo piano strategico con il Consiglio di Amministrazione insediatosi nel 2021. Questo nuovo approccio strategico è stato sviluppato attraverso uno strumento flessibile chiamato Bussola, progettato per navigare efficacemente nella complessità. A differenza del tradizionale piano strategico con obiettivi successivi e indicatori di raggiungimento, ci siamo orientati verso la scoperta di nuove rotte e soluzioni innovative per affrontare le grandi sfide del momento. Di fronte a queste sfide, possiamo avere paura, subirle sentendoci ai margini; oppure possiamo osare di più ed essere protagonisti, o a volte magari attori secondari, con un nostro posizionamento. Noi abbiamo scelto di essere presenti e abbiamo reso ogni sfida un cantiere, provando a interpretare il nostro ruolo riguardo la sostenibilità ecologica, la transizione digitale, il lavoro, la grande crisi demografica. Abbiamo realizzato tutto questo sperimentando e imparando molto in questo percorso, come l’importanza di allearsi. Da questa consapevolezza sono nate molte alleanze che saranno rappresentate anche nella nostra convention.

 

Dal punto di vista operativo e organizzativo, come hanno funzionato questi cantieri?

Giusi Biaggi: Nel contesto relativo alla sfida ambientale, ad esempio, abbiamo concretizzato due azioni significative. La prima è stata avviata attraverso il progetto europeo SER Hub, mirato a comprendere le necessità finanziarie degli enti di terzo settore e religiosi per efficientare gli immobili da un punto di vista energetico e sostenibile. Questa iniziativa ha dato il via a una serie di sperimentazioni sugli edifici, dalle quali è emerso il concetto delle comunità energetiche. Con l’inizio della guerra in Ucraina e l’impennata dei prezzi del gas e dell’energia, molte delle nostre organizzazioni hanno affrontato crisi significative. Le residenze sanitarie assistenziali (RSA), ad esempio, notoriamente ad alto consumo energetico, hanno risentito particolarmente degli aumenti dei costi, mettendo a dura prova l’equilibrio finanziario. È così che all’interno del concetto di comunità energetica abbiamo individuato numerosi impatti potenziali per il nostro settore, concentrandoci sul concetto di comunità in generale – che comprende cittadini, imprese, enti pubblici, scuole e altri attori – che già ci apparteneva, per poi declinarlo legandolo al bisogno di energia. La seconda azione ha riguardato la cooperazione di tipo B, focalizzata sull’inserimento lavorativo. Alcune delle nostre cooperative hanno avviato progetti per installare pannelli solari e sviluppare settori produttivi correlati, come pulizia e manutenzione, e servizi adiacenti come la mobilità sostenibile e il bike sharing. Insieme a Fratello Sole, abbiamo investito in una società per creare queste opportunità, ottenendo finanziamenti dalla Fondazione Vismara e dalla Fondazione Sud per creare quattordici comunità energetiche. Questa iniziativa è funzionale non solo a impiegare persone ai margini del mercato del lavoro attraverso l’installazione di pannelli solari, ma anche a formare nuove professionalità, tramite due istituti formativi che sono partner e offrono percorsi per studenti e riqualificazione per adulti. Il progetto fornisce nuove competenze alle cooperative di tipo B e al contempo affronta il tema della povertà energetica, estendendo i benefici alla comunità e al territorio. Questo è soltanto un esempio, ma è andata così anche per altri cantieri dove abbiamo adottato un approccio analogo, promuovendo una serie di investimenti nelle sfide per valutarne l’appeal, l’impatto e l’attinenza con il nostro mondo. Oggi abbiamo completato questo primo blocco di lavoro che riguarda l’identificazione delle sfide e la promozione dei cantieri.

 

Ci sono dei canali in cui le vostre cooperative sociali e le realtà che fanno parte della rete vengono coinvolte organicamente in maniera continuativa? Quali sono i modi in cui realizzate lo scambio tra l’alto e il basso? Immagino alle diverse realtà associate, anche per dimensioni, e al rischio che talvolta le riflessioni teoriche possano essere percepite come lontane rispetto alla realtà quotidiana.

Giusi Biaggi: Quello che solleva è sicuramente un tema rilevante per la nostra rete, che è in effetti molto diversificata. Siamo consapevoli che alcune iniziative possano risultare più interessanti per alcuni e meno per altri e capita che ci venga detto che CGM intraprende progetti che non sempre si collegano con la quotidianità. Tuttavia, cerchiamo sempre di comprendere quale possa essere la ricaduta positiva. Un esempio tangibile riguarda gli accordi con due grandi enti professionali per la formazione di nuovi elettricisti, ingegneri e installatori, dal valore significativo in quanto percorsi che possono offrire sbocchi professionali promettenti soprattutto per i minori presi in carico da comunità, e quindi avere un impatto positivo sul territorio. Al contempo, esistono cooperative abituate a fornire servizi più tradizionali come pulizie e facchinaggio che impiegano persone con grandi svantaggi. Queste cooperative potrebbero beneficiare dall’avvio di settori produttivi con maggiore margine di mercato, per questo offriamo loro la possibilità di apprendere buone pratiche da altre cooperative che stanno già implementando tali settori, favorendo spin-off produttivi. Inoltre, abbiamo esteso il concetto della piattaforma welfareX, inizialmente pensata solo per il welfare, alle comunità energetiche. Questo perché una comunità interessata all’energia potrebbe essere curiosa di conoscere i servizi di welfare disponibili all’interno della stessa piattaforma, creando così interconnessioni diverse. Abbiamo lavorato per evidenziare tutti questi temi, offrendo alla rete punti di accesso diversificati. La scorsa settimana è partita la nostra prima comunità energetica, nata dal Consorzio di Biella e da altri partner e questo è un esempio di come, mettendo insieme tanti tasselli, si possano realizzare progetti significativi.

 

Abbiamo parlato del contesto strategico che si è aperto nel 2021 con il nuovo Consiglio di Amministrazione, in cui si inserisce questa riflessione sulle direzioni e sulla bussola. È molto efficace anche la scelta di “intelligenze collettive” nel sottotitolo, che rimanda al discorso sulle modalità di messa in circolo delle pratiche di cui parlavamo. Dentro a tutto questo, come si inserisce la convention e come avete pensato di organizzarla? Quali saranno gli obiettivi principali e i temi che in questo quadro siete più interessati ad affrontare?

Giusi Biaggi: La convention deriva dalla necessità di una nuova direzione per l’impresa sociale. Vogliamo trasmettere il messaggio che, sebbene abbiamo una storia importante, oggi il potenziale del nostro settore fa emergere degli elementi che superano la nostra storia. I temi legati alla sostenibilità integrale, ad esempio, coinvolgono imprese, pubbliche amministrazioni, finanza e non solo, e rappresentano una nuova direzione che dobbiamo percorrere, consapevoli che abbiamo davanti un futuro più importante del passato. Anche l’intelligenza collettiva è fondamentale per noi, e un elemento imprescindibile delle nostre organizzazioni cooperative, che non deriva dalla banalizzazione del concetto di intelligenza, spesso associato all’intelligenza artificiale, ma piuttosto vuole enfatizzare il ruolo dell’uomo. Questo si inserisce all’interno di una nuova direzione nel contesto dell’economia sociale, riconosciuta dall’Unione Europea come un ecosistema fondamentale per lo sviluppo. Dobbiamo impegnarci a stimolare l’economia, la società civile e le istituzioni assumendo una nuova postura, perché non ci viene chiesto solo di migliorare il nostro settore, ma di essere un modello che ispiri e stimoli altri sistemi ed è un compito cruciale. La convention l’abbiamo strutturata lungo tre prodotti principali: le plenarie, che sono occasioni di orientamento antropologico, con cui cerchiamo di nutrire le nostre imprese attraverso una visione umana che possa trasformarsi in pratica, aprendo a voci diverse lungo cinque scenari che sono l’economia sociale, l’intelligenza collettiva, il capitale umano, la vivibilità dei luoghi e l’interazione tra impresa sociale e comunità nel raggiungimento della felicità; i focus, che sono momenti legati ai cantieri aperti e offrono opportunità di innovazione e promozione della nostra rete, situandosi a metà tra ciò che stiamo già facendo e ciò che vorremmo fare, e includono le comunità energetiche, il capitale umano, l’aspetto formativo e consulenziale legato al lavoro, l’open innovation e le alleanze, ma anche l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e il tema dell’invecchiamento demografico; infine, i segnali dal futuro, ovvero le riflessioni sul tema dell’innovazione sociale con l’obiettivo di individuare e supportare colore che si trovano a occuparsi dei temi di attualità come i dati, l’intelligenza artificiale e le piattaforme. L’obiettivo è quello di costruire una comunità di innovatori che possa promuovere pratiche all’avanguardia con un approccio dal basso, alimentando al contempo le alleanze tra imprese in ottica non solo di promuovere maggiori standard ambientali, ma anche sociali. Vorremmo che si costituisse una comunità tra chi sta provando ad innovare e chi vorrebbe farlo attraverso un’intelligenza collettiva.

 

Quindi la struttura stessa discende direttamente, come diceva, dalla riflessione che state facendo. Abbiamo già parlato dell’economia sociale in relazione all’impostazione promossa da parte dell’Unione Europea. Veniamo al tema dei luoghi e dei territori.

Giusi Biaggi: In effetti c’è molta armonia fra il percorso che abbiamo fatto in questi due anni e il contenuto di questa convention. Dal punto di vista dei luoghi, come dicevo, molte delle nostre imprese sono imprese di comunità, profondamente legate al territorio in cui nascono. Queste imprese evidenziano le risorse e i bisogni del loro contesto, cercando di rispondere ad essi. Spesso da un punto di vista sociale e sociologico il confronto si polarizza tra aree interne, città metropolitane e periferie. Ma la nostra rete è prevalentemente presente nelle città medie, che rappresentano un collante tra aree interne e grandi metropoli, e sono un vero laboratorio di innovazione. Abbiamo iniziato a discutere di questo tema con Tommaso Vitale nel 2019-2020, durante un’altra iniziativa di CGM chiamata gli Stati generali e, come ha sottolineato Vitale, l’Europa è composta da città medie, con popolazioni che vanno dai 50mila ai 200mila abitanti. Nella nostra convention non ci concentriamo però esclusivamente sulle città medie, ma parliamo di luoghi in generale perché la nostra impresa sociale ha successo quando rimane in dialogo con i luoghi che abita, rispondendo ai bisogni e valorizzando le risorse delle comunità locali. Le nostre imprese sono permeabili e si contaminano con i luoghi in cui operano, affrontando fenomeni come lo spopolamento, l’isolamento e le difficoltà delle economie di prossimità. Nonostante le sfide, la nostra natura di essere radicati nei territori offre un vantaggio nell’affrontare queste difficoltà attuali.

 

Come sta evolvendo la cultura del lavoro all’interno delle organizzazioni di cooperazione sociale, considerando i cambiamenti generazionali e l’evoluzione delle motivazioni dei lavoratori nel settore?

Giusi Biaggi: Il nostro lavoro è caratterizzato da una forte motivazione che deve essere costantemente alimentata e aggiornata. Inoltre, una parte della gratificazione è legata al fatto che il nostro non è volontariato ma lavoro retribuito. Negli anni abbiamo sempre posto grande attenzione al benessere delle comunità, concentrandoci sui bisogni degli utenti, ma a volte dimenticandoci di curare le persone che lavorano all’interno delle nostre organizzazioni, che nel frattempo sono molto cambiate. I cooperatori dei primi anni e i fondatori erano altamente motivati, così come la mia generazione, perché cresciuti in contesti di associazionismo con un ideale di lavoro che si è trasformato in dedizione e approfondimento. Oggi, i giovani che si uniscono al settore della cooperazione sociale percorrono strade completamente diverse rispetto al passato e lo fanno con un approccio differente. La cultura del lavoro è cambiata, così come le ragioni per cui le persone scelgono quello sociale, spesso non per motivazione intrinseca ma per necessità di uno stipendio, avvicinandosi quindi a queste settore con un approccio più tradizionale. Per questa ragione dobbiamo rifondare il nostro approccio verso le persone che lavorano con noi, rendendo i nostri luoghi più attrattivi e migliorando la remunerazione del lavoro sociale così da accompagnarle nel percorso lavorativo, che è sempre caratterizzato da alti e bassi. Dobbiamo sostenere le persone e aiutarle a riscoprire la bellezza di vedere concretizzati i propri valori anche attraverso il lavoro quotidiano.

 

Questo discorso si lega a un altro tema affrontato nel documento programmatico, quello della felicità. Qual è il suo significato e la sua attualità?

Giusi Biaggi: È un tema attualissimo, soprattutto considerando le significative problematiche della solitudine e della depressione nella società contemporanea. Recentemente, nel contesto della preparazione della nostra convention, abbiamo avuto un confronto con il professor Stefano Mancuso, durante il quale abbiamo approfondito diversi aspetti cruciali. Discutendo con Mancuso e con l’economista Stefano Zamagni, è emerso come l’accumulo di risorse e beni non conduca necessariamente alla felicità, ma esistono altri elementi che mediano tra questi due aspetti di accumulazione e felicità. Un altro punto chiave della discussione ha riguardato le crisi storiche ricorrenti, che all’apparenza mostrano un’umanità che tende a replicare gli stessi errori per l’incapacità di generare un vero cambiamento. In questo contesto, la sfida di credere alla possibilità di una società diversa, dove le disuguaglianze si riducono e l’accessibilità si amplia, è cruciale per continuare a trovare la motivazione per perseguire il nostro lavoro. Nonostante il contesto storico attuale non ci sta aiutando, perché vediamo molti fenomeni negativi che non vanno nella direzione giusta, è essenziale identificare elementi, siano essi spirituali, filosofici o antropologici, che ci permettano di credere che valga la pena perseguire e generare un cambiamento significativo. Il Stefano Mancuso ci ha offerto una prima risposta a questa difficoltà, sottolineando come una dimensione di coerenza e pace interna debba essere coltivata dentro ciascuno di noi, indipendentemente da ciò che accade all’esterno. Se questa consapevolezza viene amplificata attraverso l’azione collettiva, possiamo realizzare una piccola rivoluzione.

Scritto da
Giacomo Bottos

Direttore di «Pandora Rivista» e coordinatore scientifico del Festival “Dialoghi di Pandora Rivista”. Ha studiato Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha scritto su diverse riviste cartacee e online.

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