Recensione a: Antonio Padoa-Schioppa, Destini incrociati. Europa e crisi globali, il Mulino, Bologna 2024, pp. 208, 16 euro (scheda libro)
Scritto da Margherita Capannoli
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Il libro di Antonio Padoa-Schioppa – Professore emerito di Storia del diritto medievale e moderno presso l’Università di Milano e già Presidente del Centro Studi sul Federalismo di Torino – ripercorre i destini, appunto incrociati, di due processi “paralleli e coesistenti”: da un lato, l’evoluzione delle organizzazioni internazionali; dall’altro, quella dell’Unione Europea e della sua struttura istituzionale. L’autore si propone di dimostrare come questi due percorsi siano profondamente interconnessi e come una loro evoluzione congiunta possa rappresentare un’opportunità per il futuro dell’Europa e del mondo. «Bisogna pur fare un disegno», ha affermato Padoa-Schioppa in occasione di una recente presentazione del volume, indicando nella costituzione di una federazione europea l’unica via realistica per affrontare le sfide contemporanee. Il disegno da lui tracciato è quello di un’Europa capace di ripartire dalle crisi per diventare un attore globale, rispettoso e rispettato, promotore di pace. Come poterci riuscire è il fulcro dell’analisi: un percorso che parte dalle origini e dagli sviluppi delle strutture esistenti, ne individua ostacoli e prospettive, e si conclude con una serie di proposte concrete da cui ripartire.
Il primo capitolo affronta le crisi globali e imposta il tono che caratterizzerà l’intero volume, ovvero quello di un manuale che non solo propone soluzioni, ma insegna. Padoa-Schioppa, infatti, si prende la responsabilità di spiegare ai lettori lo stato dell’arte, come funzionano – o non funzionano – le cose, perché andrebbero cambiate e in che modo si potrebbe procedere per farlo. Nelle prime pagine, l’autore analizza la sensazione di crisi senza precedenti che attraversa il nostro tempo, sottolineando come le emergenze più gravi (la perdita di biodiversità, il cambiamento climatico, le pandemie, la povertà e le disuguaglianze) siano il risultato dell’evoluzione delle società umane. Di fronte a questo elenco non esaustivo di crisi è necessaria una strategia comune, poiché esse «sono planetarie e dunque non potranno venire contrastate se non con azioni comuni, anch’esse globali. Nessuno Stato può agire da solo, “occorre agire insieme”» (p. 17). Riguardo a come portare avanti queste azioni comuni, l’autore si sofferma su un punto cruciale che neanche nei momenti più bui dovrebbe essere messo da parte. È necessario affrontare le crisi con efficacia, che non può prescindere dal rispetto di decisioni vincolanti, ma al tempo stesso deve evitare di compromettere in modo grave la qualità della vita individuale e collettiva dell’umanità.
Proprio il concetto di efficacia è il leitmotiv delle critiche e delle proposte che attraversano tutto il libro, strettamente legato a un richiamo continuo al coordinamento multilivello (nazionale e internazionale): programmazione pluriennale e approccio basato sul principio di sussidiarietà per perseguire obiettivi comuni. Di fronte agli ostacoli politici ed economici alla cessione di sovranità verso un’entità “più grande”, l’autore evidenzia le opportunità che le crisi possono offrire, diventando esse stesse occasioni di rinnovamento se accompagnate da una leadership lungimirante e da un’opinione pubblica consapevole. Le grandi crisi, ricorda l’autore, generano mutamenti profondi nella storia umana, ma il modo in cui la struttura della società e le istituzioni al suo interno reagiscono può orientare questi cambiamenti verso esiti positivi. Esemplificativo, in tal senso, è l’affermarsi dell’idea di un’Europa unita soltanto a seguito dei due conflitti mondiali, ma anche il suo sviluppo concreto e la sua progressiva evoluzione come conseguenza delle crisi che negli anni hanno minacciato il mercato comune. L’autore sottolinea come tali risposte alle crisi possano avvenire anche senza riforme istituzionali, all’interno del processo di integrazione così com’è. Ma l’azione della classe politica è altrettanto importante. Il carisma e le capacità propri di una leadership competente, proiettata verso il futuro – come quella dei padri fondatori dell’Europa annoverata nel volume – sono oggi merce rara. Mario Albertini parlava, a questo proposito, di leadership “occasionale”, una situazione in cui un leader o un certo assetto di potere si ritrovano a svolgere un ruolo cruciale senza averlo previsto o voluto. È stato questo il caso del Parlamento Europeo, della Commissione Europea e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che negli anni si sono fatti portatori di interessi oltre i limiti delle proprie competenze formali. Il terzo elemento essenziale per una risposta efficace alle crisi è poi l’opinione pubblica, da sempre fattore importante in Europa, che ha forse contato meno rispetto a quanto potesse aspirare. Tuttavia, per quanto sia complicato tradurre la spinta propulsiva dell’opinione pubblica in una coerente azione politica, quando questo succede la mobilitazione spesso porta a risultati concreti. La “spinta dal basso” – o, come preferisce dire Padoa-Schioppa, “dall’alto”, poiché nelle democrazie i titolari della sovranità sono i cittadini – è strettamente legata alla natura democratica dei regimi europei. È nelle democrazie che l’opinione pubblica può manifestarsi liberamente ed è nelle democrazie che «il potere politico può venire influenzato, corretto e anche sostituito senza traumi» (p. 40).
Il libro prosegue analizzando i conflitti del passato e del presente, e il ruolo svolto dalle Nazioni Unite. Vengono spiegate nel dettaglio le competenze dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza, insieme a una rassegna delle risoluzioni più significative che sono state approvate, come la Risoluzione 377 (V) A del 1950 dal titolo Uniting for Peace, nella quale si afferma che l’Assemblea sarebbe intervenuta autonomamente, qualora il Consiglio di Sicurezza fosse stato impossibilitato ad esercitare la propria responsabilità per il mantenimento della pace, a seguito di uno o più veti da parte dei Paesi membri del Consiglio. Dati alla mano, dal 1946 ad oggi il totale dei veti posti è pari a 246, di cui 145 da parte dell’Unione Sovietica/Russia, 86 dagli Stati Uniti, 19 dalla Cina, la maggior parte riguardo il Medio Oriente (p. 53). L’autore riflette quindi sulla necessità di una profonda riforma del regime di funzionamento delle Nazioni Unite: maggiori poteri all’Assemblea, modifica della composizione del Consiglio di Sicurezza, abolizione del diritto di veto, e dotazione di un proprio nucleo di forza armata per prevenire i conflitti in maniera strutturale.
Il terzo capitolo è dedicato al cambiamento climatico. Dopo un excursus sui primi studi pionieristici su clima, produzione industriale ed economia del benessere, Padoa-Schioppa racconta i principali accordi regionali e globali a tutela dell’ambiente. Accanto alle emissioni tradizionali, l’autore richiama l’attenzione sull’impatto ambientale provocato dal dispendio di energia necessario al funzionamento dell’intelligenza artificiale, facendo riferimento a prodotti già fruibili dal grande pubblico come ChatGPT e i cloud di archiviazione online. Di fronte a quella che considera la sfida più urgente del nostro tempo, l’autore sottolinea come gli attuali accordi siano insufficienti. Ritiene che, sebbene sia dovere di tutti impegnarsi su questo fronte, è fondamentale che i Paesi più sviluppati diano il buon esempio, indicando nell’Unione Europea un attore che potrebbe – e dovrebbe – fare da guida.
I capitoli successivi si concentrano in particolare su come rendere l’Unione Europea più efficiente. Questo passaggio si apre con la Conferenza sul futuro dell’Europa, lanciata nel maggio 2021 con l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella definizione delle priorità dell’Unione, attraverso la formulazione di proposte riguardo il futuro dell’Europa, da trasmettere alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo. Nonostante la buona volontà, molte delle proposte si sono arenate al vaglio del Consiglio Europeo. Tuttavia, questo non costituisce un motivo sufficiente ad arrestare il dibattito sulle sfide che l’Unione si trova e si troverà ad affrontare, fra le quali Padoa-Schioppa indica clima, risorse digitali e intelligenza artificiale, salute, pandemie, migrazioni, politica sociale, politica estera, difesa e sicurezza, risorse, ruolo internazionale dell’euro. Nella sezione successiva, l’autore delinea gli strumenti utili per procedere con una riforma dell’Unione Europea. I primi su cui decide di soffermarsi sono quelli già contenuti nei Trattati, come l’astensione costruttiva, la cooperazione rafforzata, la clausola passerella, l’opting out. Dimostrando che alcuni cambiamenti sono già possibili, anche senza una riforma, l’autore mette in luce un aspetto cruciale: in non poche circostanze le riforme non vengono portate a termine in quanto viste come impossibili da realizzare; il fatto di poter procedere “entro i Trattati” permette di immaginare un’Unione Europea diversa, già in parte riformata. Per Padoa-Schioppa la riforma istituzionale rimane comunque auspicabile e urgente. Egli pensa ad una nuova struttura basata su quattro pilastri: superamento del potere di veto, doppia legittimazione democratica del Parlamento Europeo e dei due Consigli, capacità fiscale autonoma, e una Commissione Europea con maggiori funzioni di governo. Una riforma di questo genere implicherebbe la creazione di un nuovo regime costituzionale europeo.
In questa prospettiva, l’autore spiega anche perché l’Unione Europea dovrebbe dotarsi di un esercito comune, di una fiscalità propria e di efficaci politiche di coesione sociale. L’Unione dovrebbe dotarsi di strumenti militari e tecnologici che le consentano di difendere i propri cittadini in caso di minaccia in modo autonomo, pur rimanendo nel quadro dell’alleanza con gli Stati Uniti (il libro è stato concluso nel settembre 2024). La necessità di un esercito europeo – integrato, sovranazionale, ma compatibile con la NATO e gli eserciti nazionali – è resa ancora più attuale dal contesto internazionale. L’autore sostiene inoltre che, in prospettiva, il peso per i contribuenti potrebbe non accrescersi o salire di poco, mentre in termini di efficienza una difesa comune farebbe una notevole differenza. Quanto alla fiscalità, viene illustrato l’attuale funzionamento del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), il documento che stabilisce l’ammontare dei massimali annui degli stanziamenti per gli impegni di spesa e per i pagamenti, nel rispetto del quale viene stabilito il bilancio annuale dell’Unione, evidenziando come le risorse di quest’ultimo provengano ancora da trasferimenti volontari degli Stati. L’Unione Europea, tuttavia, è più di una mera “somma di Stati”: è «una costruzione politica che, fondata sulla doppia legittimazione dei cittadini europei e dei singoli Stati membri, possiede una propria autonomia». Per perseguire i propri obiettivi avrebbe bisogno di risorse proprie provenienti «quanto meno in parte, da poteri di fiscalità radicati nelle istituzioni dell’Unione e non al di fuori di essa» (p. 123). Assieme alla politica monetaria comune sarebbe quindi opportuno affiancare una politica economica comune. Infine, la coesione sociale è vista come un campo di investimento europeo imprescindibile. Alcuni beni pubblici fondamentali sono conseguibili solo da istituzioni pubbliche (sovranazionali) «perché debbono soddisfare esigenze che trascendono ovunque la dimensione privata» (p. 133), come l’equità e la giustizia sociale, tematiche a cui Padoa-Schioppa dedica particolare attenzione. Anche in questo caso, la dimensione multipolare è centrale: il coordinamento con altri attori del sistema internazionale dovrebbe essere di carattere globale.
Nelle pagine conclusive, l’autore propone un confronto tra UE e ONU, evidenziando le analogie storiche e le differenze strutturali tra le due istituzioni, ponendo l’accento sulla funzione sinergica che le prima dovrebbe avere rispetto alla seconda. In termini di capacità di riforma, l’Unione Europea appare più efficiente, e secondo Padoa-Schioppa è dotata di un potenziale ruolo globale che però al momento non esercita appieno. Il passaggio a pagina 151 riassume bene il nodo centrale, l’impasse in cui ci si trova: «L’Europa non è assente ma è debole, è divisa, è incerta, è paralizzata anche là dove gli strumenti giuridici, economici e politici ci sarebbero». Serve, insomma, un salto di qualità. Padoa-Schioppa dice elegantemente che l’Europa andrebbe dotata di credibilità, raggiungibile attraverso un autonomo potere di difesa e governo comune dell’economia e della fiscalità. Insieme a questo, l’autore si augura una cooperazione di carattere globale, perché soltanto in questo modo si potrà realmente far fronte alle sfide del presente (e del futuro), fra le quali figura il mantenimento stesso dei regimi democratici europei. Per rispondere all’assenteismo e alla deviazione informativa – indicati come i due elementi alla base delle crisi delle democrazie – l’autore reputa inoltre essenziale il ruolo rivestito dall’educazione civile: «L’etica della solidarietà e della responsabilità – al pari dell’amore per la libertà, per la democrazia e per la giustizia sociale – vanno sempre trasmesse a ogni generazione. Con la scuola e con l’esempio» (p. 169). Una “trasmissione viva di modelli condivisi”. È quindi necessario un ripensamento delle fondamenta del modello educativo, che ritorni fedele ai valori enunciati nelle nostre Costituzioni. Una riflessione ricca (e purtroppo isolata) su come ricostruire una società in maniera sana e democratica in Europa, partendo dalla formazione dei più giovani.
Le ultime pagine del volume sono dedicate ad una lettera che Padoa-Schioppa indirizza alla Presidente della Commissione Europea. Dalle sue parole emergono candidamente preoccupazione, gioia e speranza, e anche l’incoraggiamento di cui l’Unione Europea di oggi, forse, avrebbe bisogno.