Essere in vita e vivere la vita: il percorso di Maria Zambrano
- 21 Gennaio 2025

Essere in vita e vivere la vita: il percorso di Maria Zambrano

Scritto da Alessandro Ranalli

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Scrivere una biografia porta con sé alcune domande chiave: è possibile farlo per intero? Se si pensa a Maria Zambrano però la questione si complica: bisogna partire da ciò che si è fatto o da ciò che non si è fatto? Zambrano, in merito, afferma: «La cosa più importante è chi sia stato non che cosa abbia fatto»[1]. La biografia di Zambrano impone di essere maneggiata con cura, perché è un continuo abitare il margine, venire rifiutata, e ciò è un indicatore di un’esperienza unica, che la porta ad aprire il suo vissuto slegandolo dalla schiavitù dei fatti. Però, è a partire dalla sua esperienza che si può cogliere quanto il richiamo delle viscere e dell’anima siano state ascoltate e dolcemente abbiano guidato il suo cammino.

Zambrano nasce nel 1904, a Vélez-Málaga per poi trasferirsi a Segovia[2] nell’aprile del 1910, luogo d’infanzia dove muove i primi passi “verso se stessa”[3]. «Segovia ha destacado siempre por su inquietud cultural»[4]. Ambiente molto stimolante culturalmente, permette a Zambrano di crescere con numerose idee e una curiosità fortemente accentuata. Come Hannah Arendt, Zambrano si approccia con il suo mondo grazie alla mediazione del padre spulciando nella sua biblioteca,[5] la quale fu il luogo del primo incontro con Miguel De Unamuno – e di approfondimento di Ortega, di cui legge per la prima volte le Meditazioni del Chisciotte, libro che sarà fondamentale per Zambrano –, in quanto Blas Zambrano custodiva un suo libro con una dedica personale. Dalla domestica della casa, Gregoria, scoprirà San Giovanni della Croce[6]. San Juan è un punto di riferimento costante in Zambrano, che permea sia la riflessione su Spinoza[7], sia la sua formazione personale rivolta alla mistica e all’ascesi[8]. Ne parlerà infatti in molteplici opere tra cui, in maniera approfondita, Claros del bosque. Il 21 aprile 1911 nasce Araceli, sorella di María Zambrano, che sarà una presenza vitale per la filosofa; difatti dopo la morte della madre nel 1946 – il padre era già morto nel 1938 – vivranno sempre insieme. “Il delirio che unisce” potrebbe essere un’ottima definizione del loro rapporto. Zambrano scrive una tesi di dottorato – seppur mai conclusa – nel 1931[9] sulla salvezza dell’individuo in Spinoza[10], sotto la guida di Ortega y Gasset – maestro di Zambrano. Gli anni di studio all’Università di Madrid, e quelli immediatamente successivi, sono estremamente prolifici anche grazie all’incontro con figure emblematiche come Ortega, Zubiri, Morente e Besteiro[11]. Anche a livello sociale, Zambrano è attivissima: ricordiamo la compagnia de las sin sombrero e l’attivismo nella Revista de Occidente di Ortega, oltre ai primi insegnamenti nel Instituto Escuela e all’Universidad Central – a cui vanno aggiunte collaborazioni con le riviste El Liberal, Nueva España e Hora de España, l’attività di scrittura nella sezione Mujeres, la creazione della Lega di educazione sociale[12] , la FUE[13], l’adesione al Frente Español[14], la AIDC[15], la cattedra di Metafisica del 1930-31 e l’attività politica per le elezioni del 1931, che la porterà a rifiutare una possibile adesione al Partito Socialista.

Continuando a esplorare le vicende di María Zambrano, vediamo due grandi differenze di vita con Ortega[16]: il battersi favorevolmente per la Repubblica e il vivere differentemente la gestione della causa spagnola. Zambrano si sposa nel 1936 con Alfonso Rodríguez Aldave e si trova in Cile per il lavoro del marito – prima di arrivare a destinazione fece uno scalo a La Habana, dove conosce José Lezama Lima, un amico speciale tanto da essere una presenza costante per tutto l’esilio[17]. Ma, appresa la situazione della guerra civile in Spagna, decide subito di tornare per dare il suo appoggio, decisione presa senza dubbi; come senza ripensamenti non tornerà in Spagna dopo la Seconda guerra mondiale in quanto la situazione non era stabile[18]. «Non potevamo sopportare di restare così lontani, sapendo per di più che la guerra era persa […]. E perché tornare in Spagna se la guerra è persa? Per questo, proprio per questo, perché era persa»[19]. Tutto il contrario di Ortega che non si schierò completamente con la Repubblica – almeno non quanto si aspettava Zambrano – e scappò appena scoppiata la guerra civile per tornare poco dopo nel 1948, rientro giudicato prematuro dalla filosofa. Zambrano non tornerà in Spagna nemmeno dopo la morte del dittatore Franco – se non dopo molti anni, nel 1984 –, proprio a indicare il suo rifiuto di convivere con qualsiasi forma di repressione e violenza. Costretta all’esilio il 27 gennaio 1939, Zambrano risiederà in Messico, scappando prima a Parigi con la madre, Araceli, i suoi due cugini José e Rafael Tomero[20] e la domestica Rosa. Il 1939 fu un anno di pubblicazioni significative, come Filosofia y poesia e Pensamiento y poesia en la vida española. Dal 1946 al 1948 risiede a Parigi[21], città molto dolorosa per le sorelle Zambrano che ricordava loro la perdita della madre[22] – molto significative sono le pagine di Delirio e destino che mostrano la straziante situazione delle sorelle, in particolar modo Araceli. Poco dopo nacque l’idea di un trasferimento in Italia, che fu realizzato grazie agli aiuti soprattutto di Josefina Tarafa[23]. La vita nelle isole, Cuba e Porto Rico, per quanto piacevole non era semplice soprattutto per i vari problemi di salute delle sorelle Zambrano, aggravati da una forte solitudine. «¿Cómo explicar lo que es América? Si tuviese que elegir una palabra sería esta: desolación»[24]. Il marito di Zambrano scrive ad Araceli: «Aquí se puede vegetar, ni se vive ni se muere»[25].

Nel 1949 ci fu il primo viaggio in Italia. Emblematico fu l’incontro con Elena Croce[26], figlia di Benedetto Croce che Zambrano volle conoscere con grande curiosità – ci riesce grazie alla mediazione di Diego De Mesa[27] –, soprattutto per il suo modo di abitare Napoli, che era molto simile a come Ortega abitava Madrid e Unamuno Salamanca. L’Italia stupì positivamente le sorelle Zambrano, che decideranno poi nel 1953 di stabilirsi a Roma. Il café Rosati fu per Zambrano e i suoi amici un luogo attrattivo entro cui orbitare e mischiare i vissuti spesso molto diversi tra loro. Nel settembre del 1964 le sorelle – insieme a docici gatti[28] e al cugino Rafael Tomero – si trasferiscono a La Piéce, in Svizzera. «La retirada a la soledad del campo en La Piéce es su ruptura con la sociedad. María Zambrano que empezó su vida profesional como filósofo, vinculando su filosofía a la poesía, acaba convirtiéndose en mística»[29]. Nel 1980 si trasferisce a Ginevra e finalmente – come una fiamma che ha bruciato su se stessa fino ad esaurire ogni energia – si compie il ritorno in Spagna: il 20 novembre 1984. Mera consolazione fu la vittoria del premio Cervantes nel 1988 – prima donna a vincerlo. Si spegnerà il 6 febbraio 1991, ponendo fine, per la seconda volta, a un esilio.

 

Ragione poetica: dalla scaturigine delle viscere verso un sapere dell’anima

La proposta filosofica di María Zambrano può essere racchiusa nella dicitura “ragione poetica”. È però sbagliato parlare, per l’autrice, della ragione al singolare. Difatti, per lei esistono differenti ragioni; in Note di un metodo ne elenca cinque: ragione seminale, mediatrice, vivificante, poetica e sommersa[30]. La ragione poetica ha un suo statuto privilegiato: non va vista in contrapposizione alle altre – in Zambrano non vi è esclusione o scissione – ma rappresenta l’essenza intima che si incontra quando si vede la ragione completamente, oltre qualsiasi barriera logica. «Della ragione poetica è molto difficile parlare, quasi impossibile. È come se facesse morire e nascere a un tempo; essere e non essere, silenzio e parola, senza cadere nel martirio né nel delirio». Per Zambrano cogliere qualcosa, significa non strappare con la forza il suo segreto, ma mettere ciò che vogliamo osservare nelle condizioni di rivelarsi – senza forzare la fuoriuscita. Difatti, la ragione poetica non va indagata come fosse un qualsiasi ente conoscibile, è più una risonanza di ciò che si vive nelle viscere. L’unico metodo per avvicinarsi a tale ragione è un metodo a-metodico[31]. Quindi, studiare tale ragione impone un’etica della conoscenza; perché, se la ragione ha una solida base razionale, bisogna salvaguardare la parte poetica, che rischierebbe di soccombere e di omettere il segreto di una razionalità “aperta”. La ragione poetica ha «Terrore di perdersi nella luce più ancora che nell’oscurità».

Zambrano attua una filosofia “dell’oscurità”, la sua specificità è quella di non estrarre il buio per portarlo, con violenza, nella luce; ciò che propone è un’esperienza che riesce a riconoscere le sfumature del buio e le sa abitare, con l’obiettivo di conoscere il palpitare trascendente che dimora nella persona. Difatti, ciò che ricerca è la conoscenza dell’anima. Tale questione gnoseologica in lei assume uno statuto maieutico-rivelativo, permettendo di conoscere l’anima senza costringerla a darsi nella forma che gli viene imposta violentemente. «In questo cammino avvertiamo la necessità di un sapere dell’anima, di un ordine della nostra interiorità»[32]. Perché però c’è questa necessità? Non basta il sapere logico? Zambrano risponde: «Ci sono sì ragioni del cuore, c’è un ordine del cuore che la ragione ancora non conosce»[33]. Per Zambrano la ragione non ha uno statuto solo logico, razionale; essa vede una ragione poetica che permette di sentire la sequela di richiami che l’anima, il cuore e tutte le parti sommerse della persona gridano.

A livello politico, questo modo di vivere – che si differenzia dal semplice stare in vita[34] – reclama uno spazio sociale in cui si possa accogliere ciò che dimora nella persona e la rende tale. Difatti, la ragione poetica, negli anni della guerra civile[35], è anche ragione militante. Cercare un tipo di razionalità che abbracci gli aspetti più intimi della persona, che chiedono di essere visti, non significa rinunciare all’ambito politico; però, occorre che esso sia purificato da forme di violenza assassine. È la narrazione dell’opera Persona y democracia e per Zambrano l’assetto che può provare a garantire ciò è la democrazia. In quest’opera Zambrano difende la democrazia come luogo in cui le persone possono ascoltare e rivelare ciò che hanno dentro. Il percorso politico di Zambrano nasce dalla vicinanza con il maestro Ortega y Gasset, partendo da un liberismo generale per andare verso uno di stampo socialista. La filosofia di Zambrano, seppur concentrata sull’ascolto di se stessi, nasce proprio dall’ascolto del suo tempo e della politica attuale. Nulla «potrà evitare all’essere umano di abbracciare il suo tempo […] per quanto questo gli possa fare orrore»[36]. Questa frase fa eco al motto di Ortega, in cui spiega che si è non solo se stessi, ma anche le proprie circostanze. Quanto contano, le circostanze, nel percorso della persona? Pensiamo alla vita di Zambrano, probabilmente senza l’esilio sarebbe stata un’altra persona – «yo no concibo mi vida sin el exilio que he vivido»[37]. Per questo è fondamentale abbracciare il proprio tempo, non solo nel senso di prenderne atto, ma di percorrere l’irripetibilità delle circostanze – positive e negative – per dare luce, che ospiti il buio, a quella specifica parte dell’essere umano che sentiamo completamente nostra e che altrimenti non sarebbe mai nata. In conclusione, le proposte filosofiche di Zambrano che qui sono solamente accennate, cercano un’armonia tra un’ermeneutica della persona e dei suoi stati più intimi, con una dimensione più politica. È proprio l’esperienza politica che permette un’apertura verso le parti meno ascoltate: l’anima, il cuore, le viscere.


[1] M. Zambrano, Unamuno, tr. it. di C. Marseguerra, Mondadori, Milano 2006, p. 168.

[2] Per uno studio approfondito di Segovia, e dell’influenza che ha avuto in Zambrano, rimando al saggio di Abellán: María Zambrano. Una pensadora de nuestro tiempo (citata nelle note seguenti).

[3] Importante è l’incontro con il poeta Machado, presenza viva e costante nella famiglia Zambrano, prima come persona e solo dopo come poeta, almeno per Zambrano. Sull’influenza di Machado in Zambrano rimando a: A. Savignano, María Zambrano: La Ragione Poetica, Marietti 1820, Milano 2004, pp. 41-48.

[4] J. L. Abellán, María Zambrano. Una pensadora de nuestro tiempo, Anthropos, Barcelona 2006, p. 13. “Segovia si è distinta sempre per la sua inquietudine culturale” (traduzione dell’autore).

[5] O. Duarte, Una poética del exilio. Hannah Arendt y María Zambrano, Herder, Barcelona 2021, p. 27.

[6] M. J. Sanz, Mínima biografía, Ediciones de la Isla de Siltolá, Sevilla 2019, p. 21.

[7] Rimando all’opera: M. Zambrano, La salvezza dell’individuo in Spinoza, tr. it. di L. Filieri, Lit, Roma 2021.

[8] Per un approfondimento dell’ascesi in Zambrano e in altri autori quali Foucault e Hadot, rimando all’opera: G. Ferrero, Áskesis. Il perfezionamento di sé, Moretti e Vitali, Bergamo 2022.

[9] L’anno precedente pubblicò il suo primo libro: Horizonte del liberalismo, o per meglio dire di un nuovo liberalismo. Il 1930 fu anche l’anno della caduta del dittatore Primo, che causò i primi segnali di distacco con Ortega, che da qui in avanti vanno acuendosi.

[10] Spinoza, nel periodo in cui vive Zambrano, viene riscattato dalla Spagna, in quanto marrani la sua famiglia fu espulsa e si rifugia nei paesi bassi. Dopo il 1989, dove la Spagna perde le ultime colonie, si impone una riflessione sul problema dell’identità (l’Erasmismo diede sicuramente il suo contributo). Américo Castro crea il concetto di: “essere spagnolo fuori da Spagna” alimentando l’attenzione verso queste persone. Difatti l’interesse di Zambrano verso Spinoza ha ragioni storiche, viene indotto da un clima di revisione e riflessione sull’identità.

[11] Docente di Logica (1870-1940) e grande figura morale per María Zambrano.

[12] Ispirata alla Lega di educazione politica fondata da Ortega.

[13] Federazione universitaria spagnola.

[14] Zambrano lo definirà il suo errore politico più grave, difatti la componente fascista latente, una volta venuta alla luce, fa sì che Zambrano se ne distacchi immediatamente, senza però poter evitare delle ripercussioni.

[15] Manifiesto fundacional de la Alianza de Intelectuales para la Defensa de la Cultura (AIDC).

[16] Differenze di vita che si incastonano con le influenze, lo si vede nella prima opera della Zambrano Horizonte del liberalismo: dove la visione di Ortega è forte. Non mancano le differenze, il saggio Hacia un saber sobra el alma è emblematico in questo.

[17] J. M. Sanz, Mínima, cit., p.53.

[18] L’esilio di Zambrano inizierà nel 1939 fino al 1984.

[19] María Zambrano, intervista a Radio Nacional España, 4 gennaio 1985. In S. Zucal, Il dono della parola, Mondadori, Milano 2009, p.9.

[20] Sarà molto importante nella vita di Zambrano, soprattutto verso la fine della sua vita.

[21] Dopo le difficoltà per arrivarci da New York, fu una città di grande importanza, dove si relaziona su tutti con Octavio Paz, Camus, Sartre, Simone de Beauvoir e Luis Fernández.

[22] Inoltre, sempre a Parigi nel ’47 la Zambrano si separa di fatto da Alfonso Aldave, separazione che verrà ufficializzata anni dopo.

[23] Grandissima amica di Zambrano, conosciuta a Cuba, sarà un punto di riferimento importante, sia per la sua crescita personale, sia per gli aiuti concreti nei suoi vari viaggi. Per saperne di più sulla sua importanza per Zambrano, rimando all’opera di Trapanese, nella nota seguente.

[24] M. Zambrano, El exilio como patria in. E. Trapanese, Sueños, tempo, y destiempos. El exilio romano de María Zambrano, Uam Ediciones, Madrid 2018, p.26. Come spiegare ciò che è l’America? Se dovessi trovare una parola sarebbe questa: desolazione. (traduzione dell’autore)

[25] Carta de Alfonso Aldave a Araceli Zambrano del 18 de enero de 1946, la Habana, in ivi, p.28. Qui si può vegetare, non si vive e non si muore. (traduzione dell’autore)

[26] Altre figure importanti in Italia sono: Cristina Campo (alias Vittoria Guerrini), Elémire Zolla, Elsa Morante, Pedro Salinas, Angela Bianchini e Ignazio Silone.

[27] Figura molto importante nel soggiorno italiano di Zambrano, soprattutto per i suoi spostamenti. Rimando, per approfondimenti, allo studio di E. Trapanese precedentemente citato.

[28] Dato curioso ma rilevante, Araceli non abbandonerà i suoi gatti neanche quando furono la causa della cacciata dall’Italia. María Zambrano scese a un compromesso con lei, portarne la metà. Gatti che saranno per tutta la vita delle sorelle Zambrano, gli animali da compagnia prediletti. Simbolo di una cura che mai verrà a mancare nelle due sorelle.

[29] J. L. Abellán, María Zambrano, cit., p.47. L’entrata nella solitudine nella campagna di La piece è una rottura con la società. María Zambrano che iniziò la sua vita professionale come filosofo, vincolato dalla filosofia alla poesia, va convertendosi in mistica. (traduzione dell’autore)

[30] M. Zambrano, Note di un metodo, tr. it. di S. Tarantino, Filema, Napoli 2008, pp. 129-131.

[31] Cioè, un metodo che venga a crearsi nel sangue, nelle viscere e non nella mera ragione logica.

[32] M. Zambrano, Verso un sapere dell’anima, tr. it. di R. Prezzo, Cortina, Milano 1996, p.13.

[33] Ivi, p. 17.

[34] In Zambrano vivere e stare in vita sono cose molto diverse, come morire ed essere morto. Stare in vita ed essere morto rappresentano una fissità, un dato di fatto, un’immobilità. Vivere e morire portano con sé tutta la drammaticità e l’apertura che stare nei processi dinamici reca con sé. Sono due processi estremamente dinamici e fondamentali, che indicano un’attività intrinseca.

[35] È qui che nasce tale tipo di ragione, prima come riflessione e poi come elaborazione concreta.

[36] Ivi, p. 27.

[37] M. Zambrano, Amo mi exilio, in Las calabra del regreso, a cura di M. Gómez Bleza, Salamanca, Amarú, 1995, pp. 13-14; tr. it. di E. Laurenzi, Le parole del ritorno, Troina, Città aperta, 2003, p. 24. In A. Ricciotti, María Zambrano: l’esiliato, sacrificato della storia, in “Aurora” (2014), n. 15, p. 35. “Io non avrei conosciuto la mia vita senza l’esilio che ho vissuto” (traduzione mia).

Scritto da
Alessandro Ranalli

Laureato magistrale in Filosofia presso l’Università di Torino, con una tesi dal titolo: “Chi e che cos’è persona? In dialogo con María Zambrano”. Frequenta un master in etica e intelligenza artificiale nella medesima università.

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