Un Mezzogiorno a luci e ombre: le anticipazioni SVIMEZ
- 07 Agosto 2017

Un Mezzogiorno a luci e ombre: le anticipazioni SVIMEZ

Scritto da Lorenzo Cattani

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Conclusioni sul rapporto SVIMEZ: il ritorno dello Stato è fondamentale

La questione meridionale è di importanza fondamentale se si vuole che il nostro Paese possa riprendere un sentiero di sviluppo stabile sul lungo periodo. Da questa importante questione passa il destino dell’Italia tutta.

Le anticipazioni del rapporto SVIMEZ 2017 forniscono moltissimi elementi su cui riflettere, soprattutto per quanto riguarda la necessità di una politica industriale “regionale” e l’importanza vitale degli investimenti pubblici.

Tuttavia queste misure (che sono importantissime e che dovrebbero essere implementate il più presto possibile) difficilmente potranno bastare per indurre quei cambiamenti strutturali di cui il Meridione ha disperatamente bisogno.

Le politiche basate su incentivi e decontribuzioni, che hanno certamente una loro utilità, devono essere integrate da un ritrovato ruolo statale, poiché è dimostrato che la scelta di investire in settori innovativi, da parte di un’azienda, non dipende dai profitti ma bensì dalle opportunità tecnologiche e di mercato, strettamente collegate all’entità degli investimenti pubblici in un dato settore, motivo per cui puntare fortemente su questo tipo di investimenti, unitamente alla necessità di una politica industriale decentrata, rappresenta l’intuizione più importante fornita dalle anticipazioni SVIMEZ.

È necessario assicurarsi che gli investimenti pubblici avvengano in un quadro dove si cerchi di costruire un ecosistema di tipo “simbiotico”, come lo ha definito Mariana Mazzucato, fra settore pubblico e privato.

Bisogna quindi che i policymaker pretendano un supporto adeguato da parte delle aziende private, soprattutto per quanto riguarda ricerca e sviluppo, lasciando al pubblico la ricerca di base e concentrando quella applicata nelle mani delle imprese.

Il problema è però che il mercato del lavoro del Mezzogiorno presenta delle debolezze strutturali circa l’investimento su attività innovative[4], senza dimenticare il grave aspetto del depauperamento del capitale umano legato alla mobilità studentesca.

Come risolvere questa apparente situazione di stallo, dove il capitale umano si impoverisce e il mercato del lavoro fatica (anche per via delle difficoltà di attrarre la forza lavoro migliore, condizione fondamentale per innovare) ad esprimere investimenti in attività innovative? Le soluzioni devono essere due, tutte orientate in rinnovato ruolo dello Stato.

Innanzitutto bisogna partire dalla necessità di stimolare movimenti circolari per quanto riguarda la mobilità studentesca, facendo sì che studenti del Centro-Nord trascorrano periodi di studio al Meridione e viceversa.

Tuttavia, per assicurarsi che uno studente del Centro-Nord decida di trovare lavoro a Sud sarà fondamentale riprendere consapevolezza che in Italia lo “stato innovatore” è necessariamente anche “stato produttore”. L’unica fase storica in cui il Meridione ha recuperato significativamente il proprio divario con il Centro-Nord è stato durante gli anni del miracolo economico, soprattutto grazie all’intervento dell’IRI, come ricorda Pierluigi Ciocca in un suo recente testo recensito da Pandora.

È quindi fondamentale che, oltre a “scegliere” settori sulla frontiera della tecnologia ad alto valore aggiunto, lo Stato si impegni anche sul versante della produzione dei beni di quei determinati settori, in modo da stimolare la creazione di quegli ecosistemi simbiotici fondamentali per ottenere una crescita trainata dall’innovazione e non dai salari bassi.

A tale riguardo, insieme alle politiche industriali decentrate e agli investimenti pubblici suggeriti dalla SVIMEZ, sarebbe interessante pensare ad un simile ruolo da parte della Cassa Depositi e Prestiti, unitamente ad una sinergia tra la Banca del Mezzogiorno e la Banca Europea per gli Investimenti, che si muovano per fornire quei “capitali pazienti” che possano effettivamente finanziare l’innovazione.

In attesa del rapporto completo della SVIMEZ, queste anticipazioni presentano elementi di riflessione e suggerimenti di policy importantissimi, da cui la politica non potrà prescindere se vorrà rilanciare lo sviluppo del Meridione e, di conseguenza, dell’Italia.

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Bibliografia

SVIMEZ: nel 2016 il Sud cresce più del resto del Paese, ma rallenta nel 2017, Il Sole 24 Ore, 28/07/2017

Ciocca, P. (2015), Storia dell’Iri: l’IRI nell’economia italiana, Laterza.

Mazzucato, M. (2015), Lo Stato Innovatore, Laterza.


[1] Come specificato dal Ministero per lo Sviluppo Economico, «la misura sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali».

[2] Che dovrebbe prevedere il trasferimento al Mezzogiorno di un volume di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione della regione che, nel caso del Meridione, è pari al 34% del totale italiano.

[3] Per chi volesse accedere ad una consultazione più approfondita, al seguente link è possibile vedere sia le anticipazioni del rapporto 2017, che le slide del vicedirettore Giuseppe Provenzano.

[4] Questo però non deve portare all’illusione che la situazione al Centro-Nord sia molto diversa. Il capitalismo privato italiano ha dei limiti strutturali molto seri quando si tratta di investire su attività collocate sulla “frontiera della tecnologia”, molto semplicemente il Meridione conosce più difficoltà rispetto al Centro-Nord. La lezione del Sud deve necessariamente valere anche per il Centro-Nord.


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Scritto da
Lorenzo Cattani

Assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna dove ha conseguito un dottorato di ricerca in Sociologia e ricerca sociale. Ha frequentato un Master in Human Resources and Organization alla Bologna Business School (BBS) e conseguito la laurea magistrale in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Bologna.

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