Scritto da Gabriele Sirtori
8 minuti di lettura
Un nuovo strumento di pagamento potrebbe aiutare le imprese europee a evitare le sanzioni americane che colpiscono chi fa affari con l’Iran. È ancora poco, ma è un inizio.
Il 31 gennaio 2019 i ministri degli esteri di Francia, Germania e Regno Unito hanno presentato durante una conferenza congiunta la fondazione di INSTEX SAS, una società per azioni partecipata dai tre Stati finalizzata a costituire un veicolo di pagamento alternativo per il commercio tra Europa e Iran. L’obiettivo è neutralizzare così parte degli effetti negativi per l’Europa delle sanzioni statunitensi all’Iran.
Il meccanismo punta a escludere la necessità di scambi monetari con la Repubblica Islamica poggiandosi invece su meccanismi di compensazione. Per comprenderne a pieno il funzionamento un esempio fittizio può essere d’aiuto: l’ipotetica azienda Pharmax SA, con sede a Parigi e specializzata nel settore farmaceutico, nell’esercizio in corso ha esportato medicinali verso l’Iran per un valore di circa 1 milione di euro. Vanta quindi un credito per quella cifra nei confronti di una società persiana. Nel frattempo, la Spices Ltd, ipotetica società inglese di prodotti per cucina, si indebita con un’impresa di Teheran dopo aver acquistato una partita di zafferano da 1 milione di euro. La Spices Ltd ha quindi due opzioni ora: potrebbe inviare il denaro a una banca di Teheran tramite una banca europea – cosa difficile, considerando che molte banche del Vecchio Continente sono restie ad avere rapporti con controparti persiane per paura di sanzioni – oppure potrebbe pagare il suo debito a INSTEX SAS, la nuova società franco-tedesca-inglese, la quale girerà il denaro non all’Iran ma alla Pharmax SA, che vantava un credito di pari valore verso un’altra azienda persiana.
The Iranian nuclear agreement is working.
To maintain the agreement despite the US withdrawal, France, Germany and the UK have created #INSTEX
Here’s what that means. pic.twitter.com/7VfbQEV2m5— France Diplomacy (@francediplo_EN) 1 febbraio 2019
Ciò che transita oltre confine in entrambe le direzioni quindi non è denaro, ma sono solo le merci vendute. In questo senso possiamo parlare di una sorta di “baratto”. Per i pagamenti, invece, si attua una compensazione di crediti e debiti all’interno dell’eurozona. Per la piena implementazione del sistema servono perciò due condizioni: innanzitutto che l’Iran costituisca al suo interno una società speculare a INSTEX per la compensazione dei debiti e crediti delle sue imprese; in secondo luogo è necessario che il valore dell’import sia paragonabile a quello dell’export tra i due attori, cosa effettivamente accaduta negli ultimi due anni e mezzo, come mostra il grafico seguente.
Arancio: export verso Iran UE27 (No UK); azzurro: import da Iran. Dati espressi in milioni di euro, mese su mese. Fonte: Eurostat. Elaborazione grafica dell’autore.
Per comprendere la necessità di questa scelta occorre risalire all’8 maggio scorso quando il presidente Donald Trump annunciò l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare Iraniano (il “JCPOA” Joint Comprehensive Plan of Action) e la reintroduzione delle sanzioni preesistenti all’accordo. Una scelta decisamente contraria all’interesse europeo. L’Iran infatti, in virtù delle sue caratteristiche sociali, economiche e infrastrutturali, costituisce un mercato assolutamente appetibile per le imprese del vecchio continente che difatti nei due anni precedenti avevano stretto contratti per diversi milioni di euro con controparti persiane[1]. Con la reintroduzione delle sanzioni molti di questi sono stati annullati: la motivazione principale è la paura di ritorsioni statunitensi quali multe o ostacoli nell’accesso al mercato americano.
Tra le imprese più riluttanti ad avere rapporti con l’Iran, in quanto più esposte al rischio di ritorsioni da parte di Washington, ci sono le società bancarie. La conseguenza principale è una grande difficoltà per le aziende europee a compiere trasferimenti di denaro verso aziende persiane e viceversa[2]. Vale la pena ricordare che tra le sanzioni alla Repubblica Islamica vi è l’esclusione delle sue maggiori banche dal network SWIFT, l’organismo che gestisce i trasferimenti internazionali di denaro tra conti correnti. INSTEX SAS dovrebbe costituire un’alternativa ad esso nei fatti bypassando il ruolo degli istituti bancari.
Le prime dichiarazioni di Federica Mogherini, alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, all’uscita statunitense dal JCPOA furono le seguenti: “Finché l’Iran continuerà a rispettare i propri impegni legati al programma nucleare, come ha fatto e sta facendo, l’Unione europea manterrà il proprio impegno a conservare l’accordo e a garantirne la piena ed effettiva messa in atto. […] Rimuovere le sanzioni legate al programma nucleare è parte essenziale dell’accordo. […] L’UE continuerà a lavorare perché questo impegno sia mantenuto.”[3]
Ad oggi, dall’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare l’Iran ha superato 13 controlli da parte della IAEA (International Atomic Energy Agency) che certificano l’adesione della Repubblica Islamica alle norme previste dal JCPOA, attestando così il suo rispetto degli impegni presi. Non altrettanto si può dire dell’Europa, più volte accusata dai rappresentanti iraniani di non stare facendo abbastanza per salvare l’accordo[4]. Le sanzioni secondarie reintrodotte dagli Stati Uniti infatti, quelle cioè che colpiscono anche persone fisiche e giuridiche non statunitensi attraverso multe e ostacoli nell’accesso al mercato americano, continuano ad essere efficaci. Queste riguardano anche l’importazione di greggio dall’Iran, la prima voce di export verso l’Europa del Paese, che negli ultimi due anni ha rappresentato quasi il 90% del valore totale dell’export europeo della Repubblica Islamica (fonte: Eurostat). La possibilità di commerciare petrolio quindi è centrale per il successo dello SPV, Special Purpose Vehicle, il nome del veicolo di pagamento concretizzatosi nella società INSTEX.
Al momento però il greggio, a dispetto di quanto promesso da Federica Mogherini a settembre[5], resta escluso dallo SPV, generando non pochi malumori tra i rappresentanti di Teheran. INSTEX infatti, come afferma la dichiarazione congiunta dei tre ministri europei che l’hanno costituito [6], sarà focalizzato esclusivamente sui beni rientranti in settori considerati essenziali per la popolazione iraniana: cibo, strumentazione medica, medicinali. Settori chiave per l’Europa: negli ultimi anni l’export di strumentazione sanitaria verso l’Iran è stato pari a 800 milioni di euro l’anno, contro i 200 milioni di euro della Cina [7].
A dirla tutta, però, il sistema costituito con INSTEX, rispetto alle premesse, costituisce un passo piuttosto modesto anche da un’altra prospettiva: le imprese lo utilizzeranno davvero?
Secondo Esfandyar Batmanghelidj [8], economista iraniano-statunitense e fondatore della rivista Bourse&Bazaar, le grandi imprese, colossi come Nestlé, Novo Nordisk, Sanofi e Unilever, potrebbero scegliere di non usufruirne in quanto molto esposte sul mercato americano, sicuramente più redditizio in termini di marginalità e dimensioni rispetto a quello iraniano. È probabile quindi che il suo utilizzo resti relegato alle piccole e medie imprese con poca esposizione sul mercato USA.
Anche se limitato nella portata, la costituzione di INSTEX resta un evento molto importante per l’Europa per almeno tre ordini di motivi [9].
Innanzitutto, contribuisce a stabilizzare la presenza di imprese europee del settore alimentare e sanitario nel mercato persiano. La concorrenza con la Cina infatti, sempre più padrona del mercato iraniano[10] , è serrata.
In secondo luogo, potrebbe fare da testa di ponte per ulteriori iniziative simili. L’attuale meccanismo, fondato sull’idea di garantire il commercio almeno di quei beni considerati essenziali per i bisogni primari della popolazione iraniana e per questo esentati dalle sanzioni statunitensi, difficilmente potrà essere attaccato, in virtù soprattutto della sua valenza “umanitaria”. Una volta stabilizzatosi però potrebbe diventare una istituzione di riferimento per altri veicoli di pagamento analoghi, ma pensati per altre categorie di beni. Potrebbe quindi essere creato un SPV per macchinari industriali (prima voce di export dell’eurozona, vedi grafico) e per il greggio, permettendo così la piena realizzazione delle promesse fatte da Federica Mogherini: l’Europa continuerà ad aderire al JCPOA garantendo la non applicazione di sanzioni al commercio tra i due paesi.
Il terzo e ultimo motivo per cui INSTEX potrebbe rivelarsi un esperimento vincente riguarda il ruolo dell’Europa sullo scacchiere mondiale. Con l’implementazione dello SPV, per ora limitato ai soli stati di Francia, Germania e Regno Unito, l’Europa dimostra di potersi smarcare da Washington e condurre una politica internazionale che persegua un interesse squisitamente europeo nei confronti dell’Iran. La scelta di creare un sistema di pagamento alternativo allo SWIFT, inoltre, è un grosso colpo all’egemonia statunitense nell’ambito del commercio internazionale [11]. Il sistema di telecomunicazione finanziaria interbancaria (lo SWIFT appunto) è infatti lo standard utilizzato dalla quasi totalità degli istituti bancari del pianeta per effettuare le transazioni monetarie internazionali. Sebbene la sua sede sia in Belgio il board è a maggioranza statunitense e la moneta di riferimento è il dollaro. Rimuovere le banche di un determinato Stato dal sistema SWIFT negli ultimi anni si è rivelata una forma di sanzione molto più potente dell’embargo: gli istituti colpiti vengono di fatto isolati da tutte le altre banche del mondo rendendo i trasferimenti di fondi molto più costosi. Il modello INSTEX potrebbe essere esteso non solo a tutta l’eurozona, ma potrebbe addirittura essere replicato in altri Stati (la Svizzera sta adattando uno strumento analogo[12]. È la fine di un’era?
Nel 2015, nel gruppo dei 5+1 – ovvero gli Stati che negoziarono l’accordo sul nucleare con Teheran – l ’Italia era drammaticamente assente. Eppure, l’Italia è sempre stata tra i principali partner commerciali dell’Iran, a livello di Francia e Germania. Nel 2017 il nostro Paese è stato il primo importatore europeo di merci iraniane [13].
Nel 2019 l’inspiegabile assenza dell’Italia nei negoziati sull’Iran si è ripetuta. Al momento non è chiaro se gli E3 (ovvero i tre Stati europei che hanno costituito INSTEX SAS, cioè Francia, Germania e Regno Unito) decideranno di aprire questo strumento anche ad altri Paesi dell’Eurozona e in che termini.
Questo è un punto cruciale non solo per l’Italia ma per l’intera compagine europea. Quella che si delinea nei fatti è sempre più un’Europa a due velocità: è infatti solo un ristretto gruppo di Stati leader, guidato da Germania e Francia, a perseguire con forza una politica estera di interesse europeo – esempi sono il trattato di Aquisgrana dello scorso gennaio e il progetto di difesa comune a cui l’Italia ancora non ha aderito – attraverso accordi e iniziative bilaterali che anticipano, bypassandolo, il lento lavoro delle istituzioni UE. Agli altri Paesi, i quali per impossibilità o volontà politica hanno preferito attendere, non resta che inseguire o rimanere esclusi. È quanto sta accadendo all’Italia con il caso Iran.
Nel totale disinteresse dei rappresentanti della politica nostrana su questo tema l’unica figura italiana ad essersi impegnata a fondo e in prima persona in difesa degli interessi europei in Iran è l’Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Federica Mogherini. A sottolinearlo è anche Andrea Zucchini, presidente di i-Pars, principale società di consulenza export tra Iran e Italia, che intervistato da Pandora-Rivista afferma: “Da questo accordo si attendono tre effetti positivi: dimostrare che l’Unione Europea prende decisioni autonome rispetto al volere degli Usa, dare fiducia alle nostre imprese che hanno sempre guardato a questa parte del mondo con grande interesse e consentire all’Iran di alleggerire la pressione statunitense.” In riferimento all’Italia, continua Zucchini, saranno soprattutto le piccole e medie imprese a beneficiare di questo strumento. Per le grandi resta il timore delle ritorsioni USA.
Ci potrebbe però essere anche un altro beneficio per il nostro Paese. “L’obiettivo non dichiarato – afferma Zucchini – è quello di riuscire a garantire all’Europa, e in particolare all’Italia, l’approvvigionamento energetico.” Per questo però resta fondamentale capire il successo che avrà questa operazione, sulla base del numero di Paesi che vi prenderanno parte ed il volume delle transazioni, oltre alle eventuali reazioni USA e soprattutto all’adozione, in territorio iraniano, di un meccanismo speculare.
L’opinione pubblica persiana infatti non ha accolto del tutto positivamente la proposta dei tre Stati europei. “È bene specificare – ricorda infine Zucchini – che lo SPV non costituisce un regalo dell’Europa all’Iran: in cambio viene chiesto di completare l’iter legislativo, osteggiato dagli ultraconservatori, per adeguarsi alle norme internazionali contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo (FAFT)” elemento questo sottolineato anche nel comunicato congiunto dei tre ministri europei.
In conclusione, la palla ora passa a Teheran e al suo governo, in primo luogo al presidente Rouhani e al ministro degli esteri Zarif, che proveranno a dimostrare ad un elettorato in gran parte scettico e deluso dal comportamento statunitense la bontà dei negoziati con l’Europa e della permanenza iraniana nel JCPOA.
[1] https://financialtribune.com/articles/economy-business-and-markets/82061/iran-europe-trade-up-52-in-2017-report
[2]https://eastwest.eu/it/opinioni/open-doors/iran-sanzioni-imprese-italia
[3] https://eeas.europa.eu/delegations/iran
[4] https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/01/iran-instex-spv-europe-sanctions-jcpoa-nuclear-deal.html
[5] https://www.aljazeera.com/news/2018/09
[6] https://www.diplomatie.gouv.fr/en
[7] (https://lobelog.com/european-spv-offers-lifeline-to-iran-and-the-jcpoa
[8] https://lobelog.com/european-spv-offers-lifeline-to-iran-and-the-jcpoa
[9] https://foreignpolicy.com/2018/12/03/how-europe-can-blunt-u-s-iran-sanctions
[10] https://www.globalpolicyjournal.com
[11] https://www.washingtonpost.com/news