Scritto da Lorenzo Cattani
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È sicuramente difficile parlare di Helmut Kohl senza menzionare la riunificazione tedesca (il Wiedervereinigung). Tuttavia, i successi del cancelliere cristiano-democratico nel portare a compimento la riunificazione sono ampiamente noti e sono stati riportati con molta precisione da tutti i principali organi di stampa. Quello che però è meno conosciuto è il lascito complessivo che Kohl ha trasmesso alla Germania, anche prendendo in considerazione le sue riforme “interne”, poiché la riunificazione tedesca non può essere giudicata come fenomeno a sé stante, infatti in questo modo non si riuscirebbe a superare una dimensione meramente simbolica. Per poter capire la Germania di oggi bisogna quindi analizzare i 16 anni di governo di Kohl nella maniera più completa possibile.
La carriera politica di Helmut Kohl è stata “tradizionale”, caratterizzata dall’inizio della sua attività a livello periferico/locale per poi arrivare ad ottenere la carica di Cancelliere (una carica che ricoprirà per 16 anni consecutivi, ad oggi ancora un record). Nato in Renania-Palatinato, è proprio nel Land natio che Kohl inizia la sua carriera: a partire dagli anni Sessanta entra a far parte del parlamento della Renania-Palatinato, di cui sarà Ministro Presidente dal 1969 al 1976. Nel frattempo anche la sua carriera politica nazionale segue un simile andamento. Nel 1972 diventerà infatti presidente della CDU-CSU, carica mantenuta fino al 1998, e dal 1976 si impegnerà stabilmente a livello nazionale all’interno del Bundestag in qualità di parlamentare, fino ad ottenere la carica di Cancelliere nel 1982.
In parole povere, la presidenza di Helmut Kohl ha avuto un carattere ambivalente: ottimi risultati in politica estera, scarsi risultati in politica interna. In politica estera Kohl ha saputo incassare importantissimi successi che hanno contribuito a ridefinire anche l’immagine del Cancelliere stesso. Il primo fu quello relativo al dispiegamento dei missili Pershing sul suolo tedesco. Andando contro i sentimenti contrari dell’opinione pubblica tedesca, Kohl portò la questione al voto nel Bundestag uscendone vincitore. In un articolo pubblicato nel 2000 su Time viene ricordato come il dispiegamento dei Pershing avrebbe giocato un ruolo fondamentale per il raggiungimento del trattato INF del 1987 fra USA e URSS, un importante punto di partenza della fase di “disgelo”.
Il suo secondo, e più importante, successo è invece la riunificazione della Germania. Come ha ricordato Gian Enrico Rusconi in alcune interviste e in un recente articolo, all’epoca vi era grande incertezza sul futuro della Germania. Da questo punto di vista Kohl ha sicuramente avuto il pregio di riuscire ad implementare una riunificazione in tempi veloci, convincendo soprattutto gli altri leader europei della “bontà” di questa operazione. Non bisogna infatti scordarsi che l’assetto post 1945 era un assetto pensato per contenere la Germania, di conseguenza, per quanto possa sembrare strano adesso, nel bienni 1989-1990 era del tutto normale che vi fossero dei dubbi relativi ad una Germania riunificata che potesse riacquistare rilevanza in Europa. Tuttavia, l’allora cancelliere fu bravo nel far capire agli altri leader europei che il suo obiettivo era quello di creare una Germania europea, non un Europa tedesca (sarebbe interessante come la sua allora pupilla, Angela Merkel, abbia interpretato tale affermazione). Lo stesso Kohl arrivava a sottolineare, in occasione della campagna elettorale contro Gerard Schröder, come la Germania avesse rapporti pacifici con tutti i suoi vicini.
Se però la politica estera di Kohl è molto conosciuta (al punto che Kohl stesso viene definito uno dei padri dell’Europa Unita, nonché l’architetto della riunificazione), la politica domestica è invece poco conosciuta perché, sostanzialmente, non c’è molto da dire. Quando Kohl divenne cancelliere, il paese stava attraversando una fase di difficoltà, soprattutto riguardo alla disoccupazione, un problema che negli anni avrebbe spinto gli altri paesi a considerare la Germania come “il malato d’Europa”. Il governo Kohl cercò di far passare un’agenda che seguiva lo slogan “meno stato, più libertà” al cui riguardo gli elettori avevano grandi aspettative. Speravano che tasse e sussidi potessero essere ridotti e che i mercati venissero “aperti” tramite privatizzazioni e deregolamentazioni. Tuttavia, non solo Kohl non fu in grado di ottenere un simile risultato, poiché importanti pezzi di società civile non sostenevano la linea del Cancelliere, ma non riuscì nemmeno a risolvere i problemi pressanti che affliggevano l’economia tedesca. Il tentato attacco al lavoro organizzato lanciato dal governo Kohl e sponsorizzato da i liberali, gli allora partner di coalizione della CDU-CSU, non ha avuto successo poiché era in forte disarmonia con gli assetti del capitalismo renano e, come Pandora ha già avuto modo di trattare in un precedente articolo, un cambio di policy così radicale è difficilmente osservabile in democrazie “non maggioritarie” come quella tedesca.
Eppure la Germania aveva una forte necessità di “ricalibrare” la propria economia, innanzitutto per la crescente terziarizzazione e per l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro che il Paese stava sperimentando. Si può quindi affermare che i 16 anni di governo Kohl non hanno posto una reale soluzione ad un problema che sarebbe invece stato affrontato dai socialdemocratici con l’implementazione di Agenda 2010, un programma di riforme che ha avuto effetti molti importanti, e preoccupanti, per la Germania (come Pandora ha già avuto modo di spiegare in una recente analisi). Da questo punto di vista, l’impatto di una riunificazione effettuata così velocemente è poco probabile che abbia avuto un impatto positivo sul “capitalismo renano”. Ad oggi il disposable income nei territori dell’ex DDR è sensibilmente più basso e la disoccupazione più alta, ma allo stesso tempo i sussidi sono più bassi[1] (nello specifico il secondo sussidio è di 331 euro contro i 345 delle regioni occidentali). Da questo punto di vista il lascito di una riunificazione del genere non può essere giudicato interamente come qualcosa di positivo, soprattutto in virtù di una politica domestica che ha gettato le basi per provvedimenti molto discutibili che sarebbero stati attuati in seguito.
Diverso invece quello che la riunificazione ha rappresentato per il sistema politico tedesco. La riunificazione ha prodotto uno spostamento dal sistema “triangolare” della Germania Occidentale ad un sistema più simile a quello di una democrazia consensuale, permettendo a nuovi partiti di entrare in parlamento e, nel caso dei Verdi, anche nel governo. Questo partito è infatti il risultato della fusione fra I Verdi, che avevano riscosso molti successi nella Germania Ovest, e “Alleanza 90”, formazione di sinistra che si opponeva al regime comunista della DDR[2]. L’entrata in parlamento di nuovi attori come LINKE e Verdi ha avuto il pregio di aumentare le opzioni coalizionali, portare in parlamento un’importante linea di frattura come quella est-ovest, avvantaggiando allo stesso tempo i Volksparteien, che ora non sono più dipendenti dal ruolo pivot di FDP. Da questo punto di vista la riunificazione ha sicuramente rappresentato un passo verso la “specializzazione istituzionale” del paese, confermando la natura “mista” della democrazia tedesca, che include sia elementi consensuali che maggioritari.
Cosa può essere detto quindi sull’eredità di Kohl? A prescindere dai giudizi personali è sicuramente vero dire che per la Germania è stato fondamentale anche quello che Kohl non ha fatto o non è riuscito a fare. Da questo punto di vista la sua figura sarà sempre un riferimento fondamentale per il Paese; non bisogna però indugiare in giudizi interamente positivi, poiché come si è potuto vedere molte delle attuali “ombre” del sistema tedesco hanno trovato le loro basi in uno scenario a cui Kohl non è riuscito a rispondere in maniera organica.
Un ultimo dubbio riguarda il ruolo della Germania in Europa. È ancora possibile affermare che ci troviamo di fronte a una Germania europea e non a un Europa tedesca? Molto probabilmente questo rappresenterà il più grande interrogativo sul lascito di Kohl alla Germania e all’Unione Europea, che proprio su questo tema si giocherà una grossa fetta del proprio futuro.
[1] Non sorprende nemmeno che l’NPD, il partito di estrema destra, raccolga più consensi nei Länder orientali.
[2] Non a caso, il nome completo del partito è infatti Verdi/Alleanza 90 (Die Grunen/Bundnis 90).
Bibliografia
Alber, Jens; Heisig, Jan Paul (2011), Do new labour activation policies work? A descriptive analysis of the German Hartz reforms, WZB Discussion Paper, No. SP I 2011-211.
Bonfante, J. Kohl’s legacy, Time 31/01/2000.
Lees, C. (2009), The paradoxical effects of decline: assessing party system change and the role of the catch-all parties in Germany following the 2009 federal election, in “Party Politics”, 4, pp 545-62.
Mastrobuoni, T. Germania: morto Helmut Kohl, il cancelliere della riunificazione, La Repubblica 16/06/2017.
Taino, D. Helmut Kohl, il ragazzo di provincia diventato gigante del mondo libero, Corriere della Sera 16/06/2017.
Kemmerling, Achim; Bruttel, Oliver (2005) New politics in German labour market policy?: the implications of the recent Hartz reforms for the German welfare state. Discussion Papers / Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung, Forschungsschwerpunkt Arbeit, Sozialstruktur und Sozialstaat, Abteilung Arbeitsmarktpolitik und Beschäftigung 2005-101.
Rusconi, G. E., L’uomo che abbatté il muro, La Stampa 17/06/2017.
Wood, S. (1997), Capitalist Constitutions: Supply-Side Reforms in Britain and West Germany 1960-1990, PhD dissertation, Department of Government, Harvard University.
Per l’intervista a Gian Enrico Rusconi http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1fc45264-676b-4bcd-8a05-e5096896956a-tg1.html