Il dilagare della pandemia ha messo in crisi gli equilibri del sistema globale, evidenziando crepe e fragilità sia nella dimensione politica interna degli Stati che nei rapporti internazionali. Ogni Paese del mondo, senza distinzione in base al livello di sviluppo e alla capacità produttiva, ha subìto un forte contraccolpo: in un certo senso il virus ha agito come cartina al tornasole per le vulnerabilità del sistema internazionale e dei singoli attori, e in questa prospettiva ha costituito e continua a costituire una profonda sfida in termini di sicurezza, sia che la si interpreti in senso più classico, sia che si adotti un approccio legato al concetto di human security. La sfida per gli organismi internazionali e per i governi nazionali è cogliere l’effettiva natura delle minacce emerse, per potervi fare fronte in maniera proficua e così conservare la propria legittimità agli occhi della popolazione che agli Stati si rivolge per soddisfare il proprio bisogno di protezione.
Human security: un focus
L’introduzione del concetto di human security ha comportato una vera e propria rivoluzione, un cambiamento di paradigma nei cosiddetti security studies[1]. Fino agli anni Novanta, infatti, la sicurezza aveva un’accezione meramente Stato-centrica e, figlia dell’esperienza della Guerra fredda, era da intendersi come la libertà di uno Stato dalla minaccia dell’invasione esterna da parte di un altro. Impregnata del valore sacro della sovranità, si coniugava principalmente in termini militari e si esauriva quasi esclusivamente con la difesa dei confini. Già nei primi anni del XXI secolo alcune tendenze avevano iniziato ad erodere tale accezione del termine “sicurezza”, come ad esempio l’enorme sviluppo del dibattito sui diritti umani e a poco a poco l’emergere di nuove forme di guerra e violenza, mentre l’economia, la politica e infine le minacce alla pace si rivelavano sempre più globalizzate. Con il declino del tradizionale ruolo dello Stato a favore di altri attori non statali, inoltre, anche la netta distinzione tra sicurezza interna ed esterna si è fatta sempre più sfumata (Churruca Muguruza, 2017)[2].
La prima definizione di “sicurezza umana” fu fornita da Mahbub ul Haq nello Human Development Report a cura dell’agenzia dell’ONU per lo sviluppo umano (UNDP) del 1994. L’elaborazione di questo termine ha portato la concezione di sicurezza ad essere intesa come “protezione ed emancipazione degli individui”[3], e ponendo l’attenzione sulla moltitudine di minacce emergenti che riguardavano l’intero spettro delle attività umane a mettere in luce le interconnessioni tra sicurezza, sviluppo e diritti umani così da promuovere un nuovo impegno verso sforzi integrati e coordinati per la pace tra le Nazioni. Caratteristica peculiare di tale approccio è infatti la sua essenza “centrata sulla popolazione” che consente di individuare, e di conseguenza mitigare, minacce percepite come tali dalle persone inserite in un determinato contesto. Garantire la sicurezza della popolazione diventa quindi uno dei compiti chiave di una buona governance, specialmente nelle moderne democrazie occidentali nelle quali la legittimità del sistema politico deriva dal voto popolare: la sicurezza, in quanto bisogno primario delle persone, declinata in ogni suo possibile aspetto, da quello fisico a quello economico, è quindi un fattore chiave per la stabilità e lo sviluppo pacifico degli Stati.
Tale prospettiva apre quindi la strada alla comprensione di nuove forme di insicurezza, che hanno origine non più esclusivamente da forme di violenza fisica, ma anche dalle condizioni di povertà, dall’impossibilità di accesso alle risorse alimentari o idriche da parte della popolazione, e per quanto riguarda il contesto globale della pandemia in corso, anche dall’insorgere improvviso di un virus che si diffonde in tutto il mondo a ritmi sempre crescenti, mettendo in pericolo quegli standard di sviluppo che permettono ai singoli attori di rimanere stabili e relativamente pacifici.
La sicurezza a cerchi concentrici
Ragionare sugli effetti della pandemia da un punto di vista della sicurezza mette, quindi, in luce rischi e problematiche su vari livelli. Da un punto di vista macroscopico, pensando alla sicurezza in senso classico, i primi campanelli d’allarme suonano in relazione alle conseguenze sui precari equilibri su cui si fondano le relazioni politiche ed economiche tra Stati, colti alla sprovvista da una crisi di questa magnitudo. La concreta possibilità che l’economia entri in recessione e che le disuguaglianze sociali, sia all’interno dei singoli Stati, sia in relazione a differenti aree del mondo, possano fungere da catalizzatori per nuovi conflitti o innescare nuovamente conflitti da poco sedati, preoccupa il settore della cooperazione internazionale e gli esperti di security studies[4]. Benché sia ancora presto per affermare una correlazione tra pandemia e nuove guerre[5], sicuramente gli effetti catastrofici del virus in Paesi come lo Yemen, ormai stremato da una guerra civile che dura da cinque anni, o l’India, con uno dei tassi di povertà più alti al mondo, non lasciano prospettare risvolti in positivo[6].
Se da un lato queste sono le preoccupazioni principali per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza internazionale, altrettanto interessanti possono essere gli effetti più propriamente legati al concetto di sicurezza umana, che trovano espressione prevalentemente in problematiche più “microscopiche”, di natura interna. Da questo punto di vista, infatti, si può riscontrare una sorta di schema a cerchi concentrici delle nuove sfide alla sicurezza umana: a partire da quelle più strettamente sanitarie e legate all’integrità fisica delle persone, fino a comprendere la dimensione economico-sociale della risposta all’emergenza, che porta con sé principalmente timori sul medio-lungo periodo, ed in fine le minacce emergenti da domini nuovi, come quello cyber, che sono prepotentemente entrati a far parte della vita quotidiana e lavorativa delle persone. In sostanza, dato l’inscindibile legame tra sicurezza e sviluppo (inteso come benessere), uno shock del sistema che mette a rischio gli standard di vita in termini di certezze lavorative, prospettive future e grado di soddisfazione economica, porta inevitabilmente con sé il rischio di destabilizzare il sistema stesso, con implicazioni per la sicurezza interna ed internazionale. Lo Human development report del 1994[7] individua infatti sette dimensioni della sicurezza, che in un certo senso abbracciano tutti gli ambiti della vita umana e possono ulteriormente essere ampliate ed integrate. Analogamente alle teorie di Maslow (1943)[8] sulla motivazione individuale, riprese poi da Burton (1998)[9] in chiave di conflict prevention, per il quale i bisogni umani possono essere gerarchizzati, anche le dimensioni della sicurezza assumono importanza differente in relazione al soggetto e alla percezione della gravità della minaccia: per questo motivo si può immaginare uno schema a cerchi concentrici, che si configura tuttavia in maniera differente da individuo a individuo.
Alcuni esempi di minacce alla sicurezza, relativi al contesto pandemico attuale, possono essere elencati nella seguente tabella:
Dimensione | Minacce |
Sicurezza fisica (personale) | Violenza domestica, disordini e proteste sociali |
Sicurezza sanitaria | Impossibilità di accesso alle strutture, impossibilità di approvvigionamento di DPI, impossibilità di mantenere il distanziamento sociale |
Sicurezza economica | Chiusura attività produttive, rischio povertà, disoccupazione |
Sicurezza alimentare | Impossibilità di approvvigionamento alimentare |
Sicurezza ambientale | Aumento inquinamento per DPI monouso |
Sicurezza “di comunità” | Sfaldamento legami comunitari a causa del distanziamento sociale |
Sicurezza politica | Restrizioni a diritti umani e democrazia in ragione dell’emergenza |
Comprendere il grado di soddisfazione dei bisogni di sicurezza della popolazione è essenziale per esercitare una governance positiva e legittima agli occhi della cittadinanza: compito dello Stato, secondo le più recenti teorie sul concetto di sovranità (Scuccimarra, 2016)[10], è infatti quello di garantire la sicurezza dei suoi cittadini e il rispetto delle norme e dei diritti fondamentali dell’essere umano, in questo caso il diritto alla salute. Per fare un esempio concreto, nel caso dell’infezione da Covid-19 la paura nei confronti di tale minaccia è strettamente legata al grado di fiducia nel sistema sanitario di riferimento e alla possibilità dei singoli di accedervi, in relazione all’inclusività del modello di welfare, in aggiunta alla disponibilità di dispositivi di protezione e di poter mettere effettivamente in atto le misure di distanziamento sociale. Questo significa che la percezione di insicurezza sanitaria sia stata molto diversificata a seconda del contesto nazionale, a seconda delle condizioni economico-sociali e lavorative degli individui. A riprova di questo sia in Italia che in numerosi altri Stati del mondo le prime tensioni legate all’impossibilità di proteggersi dal contagio sono scoppiate nelle carceri[11], richiamando immediatamente l’attenzione pubblica su una tematica spesso trascurata e ritenuta secondaria e imponendo una risposta repentina delle autorità preposte, a rischio di causare un’escalation delle proteste e della violenza[12].
Il settore della sicurezza alle prese con il virus
A corollario delle minacce più dirette derivanti dal pericolo di contagio e dalla quasi inevitabile recessione economica, la pandemia ha aperto la strada a nuove forme di criminalità e aperto spazi ulteriori di manovra alla criminalità organizzata[13]. Di questo, ad esempio, si sono ben presto accorte le autorità italiane, in particolare i vertici della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Magistratura, che fin da subito hanno dato l’allarme sulle pericolose finestre di opportunità che il caos causato dalla pandemia, lo shock economico e le difficoltà di piccoli imprenditori e famiglie nel reperire liquidità avrebbero offerto alla criminalità organizzata per aumentare la propria presa sul territorio nazionale[14]. Tale rischio proietta la sua ombra anche sul futuro, durante il lento percorso di ripresa posto in essere dai fondi stanziati dall’Unione Europea che a tutti i costi devono essere protetti dalle mire delle organizzazioni criminali.
Tra i crimini in aumento figurano in particolare quelli informatici e gli attacchi cibernetici alle infrastrutture nazionali, sia pubbliche che private: il massiccio incremento dell’uso di Internet e dello smart working in maniera così repentina ha creato le condizioni favorevoli per permettere una migliore diffusione di truffe telematiche, sia nei confronti di privati cittadini che contro istituzioni pubbliche ed in particolar modo quelle sanitarie[15]. Una vulnerabilità, quella delle reti informatiche, che da tempo è entrata nell’agenda di chi si occupa di sicurezza in senso più ampio, come dimostrano i numerosi appelli nella NATO a considerare tale dominio come terreno per nuove minacce, concretizzatesi anche in relazione al dilagare del virus in un contesto segnato dalla diffusione di fake news, spesso volte a creare il panico e alimentare il malcontento nella popolazione. Questi sono soltanto alcuni esempi di nuove minacce di fronte a cui è necessario ragionare in termini di sicurezza umana. Una lente cognitiva di questo tipo permette, infatti, alle autorità dei governi centrali di affrontare potenziali conseguenze del dilagare della pandemia meno scontate, ma altrettanto pericolose[16].
Ciò che l’esperienza del Covid-19 insegna, in conclusione, è come la realtà in cui viviamo sia complessa e fragile, vulnerabile a cambiamenti repentini che ne minacciano l’equilibrio. Una minaccia di questo tipo non può che essere considerata anche un problema di sicurezza e diventarne consapevoli permette di cominciare a monitorare fattori di stress del sistema in anticipo, evitando di fornire troppo spazio agli agenti d’instabilità e dando soddisfazione ai bisogni di sicurezza della popolazione: non può infatti esserci sviluppo e stabilità senza sicurezza. Come ulteriore spunto di riflessione, in aggiunta alle considerazioni fatte per quanto riguarda le conseguenze di breve periodo, nel medio e lungo termine preoccupano l’impatto delle disuguaglianze amplificate dal contraccolpo economico, l’inasprirsi delle tensioni sociali sempre latenti, come testimoniano le numerose proteste politiche e sociali in corso nel mondo[17], e i contraccolpi subiti dalla democrazia, già messa in discussione in più occasioni[18]. La pandemia ci restituisce quindi un mondo più insicuro, alle prese con un nemico invisibile da cui ancora non si sa perfettamente come difendersi e che colpisce con più forza nelle realtà fragili e provate da povertà e conflitti. Il vero banco di prova per il sistema globale sarà quello di ricostruire gli equilibri spezzati evitando di ricalcare le fratture che le sperequazioni sociali e le forti disuguaglianze stanno spalancando a spese della popolazione mondiale.
[1] https://www.britannica.com/topic/human-security
[2] C. Churruca Muguruza, Human Security as a policy framework: Critics and Challenges, «Deusto Journal of Human Rights», n. 4, p. 15-35, dicembre 2017, ISSN 2603-6002.
[3] United Nation Trust Fund For Human Security, HUMAN SECURITY IN THEORY AND PRACTICE, Application of the Human Security Concept and the United Nations Trust Fund for Human Security, 2009.
[4] Geneva Centre for Security Sector Governance (DCAF), Covid-19: Crisis & catalyst for security & justice reform, 2020.
[5] Africa Portal – International Crisis Group (ICG), COVID-19 and Conflict: 7 Trends to Watch, 31 marzo 2020; Council on Foreign Relations (CFR) – Center for Preventive Action, Peace, Conflict, and COVID-19, 18 agosto 2020.
[6] United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), Yemen Situation Report, 3 settembre 2020.
[7] United Nations Development Programme, Human Development Report 1994.
[8] A. Maslow, A Theory of Human Motivation, «Psychological Review», 50(4), 1943, pp.370-396.
[9] J. W. Burton, Conflict resolution: the Human Dimension, «The International Journal for Peace Studies», Volume 3, Issue 1, 1998.
[10] L. Scuccimarra, Proteggere l’umanità. Sovranità e diritti umani dell’epoca globale, il Mulino, Bologna 2016; UN Press Release, Secretary-General presents his annual report to general assembly, 20 settembre 1999.
[11] UN news, COVID-19: UN teams step up efforts to protect rights in prisons, as revolts intensify worldwide, 5 maggio 2020.
[12] A. Carli, Allo scoppio del Covid-19 nelle carceri oltre 10.200 detenuti in più rispetto alla capienza, «Il Sole 24 Ore», 22 maggio 2020.
[13] B. Costanzo, Covid-19, chi festeggia davvero? La criminalità organizzata tra usura e riciclaggio, «Formiche», 26 giugno 2020.
[14] Ministero dell’Interno, Le minacce della criminalità nel post-Covid, 28 Giugno 2020.
[15] “Allarme cyber-attacchi, anche in Italia. Il Covid-19 è la nuova esca”, «La Repubblica», 21 aprile 2020.
[16] NATO, Cyber crime amidst of COVID-19 threat, 20 marzo 2020.
[17] Particolarmente interessante è il progetto dell’ACLED (Armed Conflict Location & Event Data Project), che raccoglie e analizza dati su violenza e conflitti a livello mondiale, e nello specifico ha monitorato gli episodi di disordine interno legati alla diffusione del Covid-19 con report settimanali fino all’11 giugno 2020. Il Covid Disorder Tracker è consultabile online al link: https://acleddata.com/analysis/covid-19-disorder-tracker/
[18] Council of Europe (COE), The impact of the COVID-19 pandemic on human rights and the rule of law – Our action.