Intelligenza artificiale e guerra: a lezione da Palmer Luckey
- 09 Febbraio 2025

Intelligenza artificiale e guerra: a lezione da Palmer Luckey

Scritto da Alessandro Aresu

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Per capire il rapporto tra intelligenza artificiale e guerra, oggi, non si può prescindere da Palmer Luckey. Vediamo perché, attraverso un’analisi della sua storia imprenditoriale, che ho ripreso e sviluppato nel mio libro Geopolitica dell’intelligenza artificiale. La figura di Luckey oggi si affianca a nomi più noti come Elon Musk e Peter Thiel e permette di comprendere l’evoluzione del rapporto tra tecnologia e potere negli Stati Uniti. Un’evoluzione che, volenti e nolenti, ci riguarda tutti.

Palmer Luckey nasce nel 1992, a Long Beach, California. Sua madre decide di istruirlo a casa, assieme alle sue tre sorelle. Luckey è un ragazzino che ama montare e smontare gli oggetti elettronici e, da adolescente, fonda ModRetro, un forum online dedicato agli appassionati di hacking di vecchie console di gioco, dove si condividono segreti e strategie. Sviluppa un interesse profondo per la realtà virtuale e per la costruzione di prototipi di dispositivi, con l’idea di fornire una migliore esperienza di gioco.

Luckey si trasferisce in un furgoncino, dove invita i suoi amici e smonta i visori e i dispositivi che ha ottenuto in diversi contesti, tra cui i macchinari sanitari. Dopo aver accumulato una vasta collezione di visori di realtà virtuale ormai obsoleti, Luckey contatta Mark Bolas del Mixed Reality Lab dell’Università della California del Sud, dove ottiene uno stage non retribuito. Nel mentre, continua a lavorare al suo progetto personale. A meno di vent’anni, Luckey realizza il prototipo del visore Rift, primo della serie Oculus. La tesi di investimento di Rift e Oculus è legata alla convinzione che la realtà virtuale si diffonderà sempre di più come esperienza di gioco e di vita, diventando un mercato sempre più vasto e da ultimo imprescindibile. Ad accorgersi del prodotto di Luckey, che ha coinvolto nella sua impresa un amico storico il quale ha comunicato alla madre che non sarebbe più andato all’università per smontare aggeggi in un camper, è una vera e propria divinità del mondo dei videogiochi: John Carmack. Carmack è lo storico co-fondatore con John Romero di id Software, la casa di produzione che ha realizzato videogiochi sparatutto come Doom e Quake negli anni Novanta, plasmando l’immaginario di milioni di persone. È anche una figura eccentrica: per esempio, per anni ha collezionato Ferrari e testardamente le ha fatte potenziare da vari meccanici, e tutto ciò gli è valso il bando dalle liste di coloro che possono acquistare le auto del cavallino di Maranello. Carmack ha costruito il suo successo quando Luckey nasceva, ma sa intuire le nuove tendenze e il progetto di Rift cattura il suo interesse. Promuove così una sua dimostrazione pubblica all’E3, la più grande fiera videoludica. La dimostrazione riceve un enorme interesse mediatico e segna l’inizio vero e proprio dell’avventura di Luckey nel mondo della tecnologia avanzata.

Oculus diviene ben presto un’azienda più o meno strutturata, nonostante il giovanissimo fondatore, e lo stesso Carmack assume il ruolo di direttore delle tecnologie. Oculus viene sostenuta tra l’altro dai fondi di venture capital di Peter Thiel e Marc Andreessen. Oltre ai capitali, non va scordato l’aspetto puramente manifatturiero, che ha un’importanza politica. Come racconterà spesso lo stesso Luckey, la produzione dei visori viene realizzata soprattutto in Cina, e questo passaggio rappresenta per lui l’occasione di rendersi conto della capacità manifatturiera cinese e di come essa vincoli la tecnologia degli Stati Uniti: un fattore di grande rilievo per le sue valutazioni più generali, alcuni anni dopo. Nel 2014, il successo di Oculus viene sancito dalla vendita a Facebook per oltre 2 miliardi di dollari, con l’accordo che Oculus rimanga un’entità indipendente all’interno di Facebook, simile a Instagram e WhatsApp. Dopo la vendita, Luckey si trasferisce nella Silicon Valley e si dedica al miglioramento del dispositivo Oculus Rift fino al suo lancio ufficiale nel 2016. Luckey accetta di vendere Oculus a Facebook non solo per l’enorme guadagno realizzato, ma anche perché Zuckerberg gli fornisce un’assicurazione sulla centralità dei progetti di Facebook per la realtà virtuale, un aspetto che viene confermato negli anni successivi, con l’attenzione e gli investimenti sul metaverso. Zuckerberg promuove addirittura il cambiamento del nome della sua azienda, divenuta ormai un conglomerato tecnologico, in Meta per certificare questa svolta nel 2021. Nel mentre, Luckey non è più coinvolto nell’impero di Zuckerberg perché, a seguito delle controversie mediatiche su una sua donazione politica nel 2016 a un gruppo che denigra Hillary Clinton online, viene allontanato da Facebook. È un’uscita traumatica, che segna la fine di una fase della sua carriera e l’inizio di un’altra, con un intermezzo giapponese.

Mentre infuriano le polemiche sulla sua donazione elettorale, che si inseriscono nella discussione sulla scommessa vincente su Donald Trump operata da Peter Thiel nel 2016, Luckey si dedica anche al cosplaying in Giappone in bikini nei panni di Quiet, eroina della saga di Metal Gear, insieme alla sua storica fidanzata. La passione di Luckey per il Giappone, come per molte persone della sua generazione e di quella precedente, risale al grande impatto globale dei manga, dei cartoni animati e della loro cultura, che si inserisce nel ruolo che la cultura videoludica e popolare hanno per Luckey: non solo passione personale, ma anche potente veicolo per lo sviluppo tecnologico e strategico.

Come abbiamo visto, Luckey è il fondatore di ModRetro, un forum online dove appassionati di tecnologia e hacking delle console si scambiavano idee e progetti. Questo ambiente collaborativo ha permesso la nascita di nuove idee e approcci, creando un ecosistema di creatività condivisa che ha contribuito allo sviluppo delle tecnologie che costruiscono il successo di Oculus. I forum hanno permesso di abbattere le barriere geografiche, facilitando la condivisione del sapere tecnico tra appassionati e innovatori.

Inoltre, grande la passione di Luckey per la cultura di manga e anime ha avuto un profondo impatto sulla sua visione creativa e strategica. Sin da bambino, è stato ispirato da personaggi come Seto Kaiba, l’antieroe di Yu-Gi-Oh!, brillante ingegnere e magnate di un impero tecnologico che rifiuta e rivoluziona i ruoli tradizionali che gli vengono cuciti addosso. Gli anime diventano un modo per accendere un pensiero non convenzionale e laterale, nella ricerca di prodotti che possono catturare l’interesse della generazione degli appassionati.

Proprio l’idea della realtà virtuale come passo finale dell’evoluzione tecnologica legata ai videogiochi emerge nelle discussioni di Luckey con queste comunità, attraverso la volontà di migliorare i sistemi di gioco per creare un ambiente così realistico da ottenere una “immersione assoluta” dei giocatori, attraverso un’esperienza sensoriale e fisica senza precedenti. I videogiochi, pertanto, emergono come una piattaforma strategica su cui caricare le altre potenzialità, comprese quelle professionali.

Luckey, ferito dall’uscita da Facebook e dall’abbandono della sua creatura, ma con un’ampia disponibilità di risorse, costruisce il suo personaggio anche attraverso l’aspetto fisico: indossa quasi sempre una camicia hawaiiana (ne possiede circa settanta) e le infradito, e si vanta di possedere la più grande collezione di videogiochi al mondo. Tra i suoi progetti laterali, c’è la produzione di un nuovo particolare Game Boy, realizzato coi migliori materiali ora disponibili, per fornire la migliore esperienza di gioco possibile.

Oltre a queste note, che non sono soltanto “di colore”, come abbiamo visto, emerge il progetto centrale, in grado di collocare propriamente Luckey all’interno del panorama dove operano Elon Musk e Peter Thiel: Anduril. È il nome, tratto dalla spada di Aragorn nel Signore degli Anelli, dell’azienda fondata da Luckey nel 2017, con l’obiettivo di applicare alla difesa e alla sicurezza sistemi autonomi e di intelligenza artificiale. Anche per via della personalità di Luckey, Anduril diviene uno dei nuovi leader delle tecnologie della difesa, attirando l’attenzione dell’opinione pubblica e delle strutture governative statunitensi. L’ascesa di Anduril si inserisce all’interno del fenomeno che Palantir, l’azienda co-fondata da Peter Thiel, ha definito “prima colazione”: l’emergere di una serie di imprese che vogliono modernizzare gli apparati statunitensi, portare i loro appalti verso sistemi tecnologici più avanzati, affiancando e sostituendo i tradizionali contractor come Boeing, Lockheed Martin, Raytheon e altri. Le innovazioni proposte da queste aziende non si limitano alle tecnologie per la difesa, perché nel momento in cui raggiungono un successo commerciale cercano di ampliare i loro mercati: un esempio da questo punto di vista è proprio Palantir, che ormai è un’azienda quotata presente nell’indice S&P e ha affiancato molti clienti civili agli apparati di sicurezza statunitensi.

Il caso di Anduril va considerato sia sulla base dei prodotti che sulla base dell’ideologia, del modo con cui l’azienda si posiziona nel più ampio dibattito statunitense. Tra i prodotti principali di Anduril, c’è il software Lattice AI, che permette ai sistemi di sorveglianza e d’arma di operare con maggiore autonomia e “consapevolezza”. Il sistema percepisce grandi quantità di dati in tempo reale, sintetizzando input per prevedere minacce potenziali e attuare contromisure. Il drone Ghost riflette l’attenzione di Luckey su asset militari autonomi e scalabili: è un drone compatto e agile, progettato per la ricognizione sul campo di battaglia e gli attacchi mirati. Dal suo impiego in Ucraina, il drone ha dimostrato la sua efficacia in ambienti dove prodotti più convenzionali avrebbero difficoltà, secondo Anduril, perché può operare in condizioni avverse e di bassa visibilità. Lo scopo commerciale è mostrare come sistemi autonomi a basso costo e prodotti in massa possano fornire vantaggi tattici cruciali nei conflitti moderni. Tra le altre soluzioni di Anduril, possiamo ricordare Pulsar, volto a disturbare e hackerare droni nemici mentre inganna i loro sistemi di navigazione per deviarli o disabilitarli. Come abbiamo ricordato in precedenza, Luckey attraverso l’esperienza di Oculus ha conosciuto e sfruttato la capacità manifatturiera cinese e ha potuto comprendere la dipendenza delle aziende tecnologiche statunitensi dalla Cina. Questo è senz’altro un tema in cui gli obiettivi economici e commerciali di Anduril si uniscono all’ideologia: in innumerevoli incontri e conferenze, infatti, Luckey, sempre con la sfacciataggine del suo personaggio, ha citato la dipendenza di Apple dalla filiera cinese e il sostegno fornito da Apple alle industrie cinesi attraverso questi processi. Nel momento in cui le aziende tecnologiche statunitensi dipendono dal principale avversario degli Stati Uniti in modo decisivo, esse si trovano in trappola – afferma Luckey. Pertanto, l’obiettivo di Anduril è molto ambizioso: cambiare la struttura produttiva dell’industria della difesa negli Stati Uniti, superando le dipendenze dalla Cina che caratterizzano anche i più noti leader del settore. Nell’immaginario che Luckey vuole alimentare, gli Stati Uniti devono tornare a essere un vero “arsenale della democrazia”, come nell’espressione resa celebre da Franklin Delano Roosevelt e, soprattutto, resa concreta dall’impareggiabile capacità produttiva statunitense nella Seconda Guerra Mondiale. Così, in un manifesto di Anduril, Luckey riprende esattamente il mito dell’arsenale, chiedendosi nel 2022: “Xi Jinping crede di poter superare in innovazione la difesa americana. Ha ragione?”.

L’impianto Arsenal-1 dell’azienda è una grande fabbrica progettata per produrre in massa hardware militare avanzato, con processi automatizzati simili alle linee di produzione automobilistiche di Tesla. L’obiettivo è ridurre drasticamente i costi, per “democratizzare” l’accesso alle capacità militari avanzate secondo la comunicazione di Luckey, ma ovviamente questa democratizzazione porta alla crescita di quote di mercato di Anduril. Nell’ideologia di Luckey, così come dei progetti dell’ecosistema di Palantir e nelle iniziative di alcuni fondi di venture capital che finanziano le aziende di difesa e sicurezza, tra cui spicca il programma American Dynamism guidato da Katherine Boyle per Andreessen Horowitz, a segnare il nuovo complesso militare-industriale, sempre più tecnologico, è l’identificazione del grande nemico (la Cina con la sua capacità produttiva) all’interno di un’epoca di crescenti conflitti.

Non si può capire la scelta di Luckey se non si comprende lo shock del superamento dello stereotipo del “mondo piatto” e del doux commerce: temi ai quali Luckey, nei suoi tour di conferenze tra improbabili podcast in cui parla di fantascienza e alieni o tra imbolsiti forum della difesa, si riferisce in modo esplicito. Con la sua camicia hawaiiana, il fondatore di Oculus e Anduril parla di Norman Angell, della “grande illusione” della pace commerciale spezzata dai conflitti, e più di recente di come i conflitti del nostro tempo, dall’Ucraina al Medio Oriente, fino ai pericoli del Mar Cinese Meridionale e di Taiwan, confermino la sua tesi, che possiamo riassumere in tre passaggi: primo, per esercitare deterrenza in un mondo dove la struttura del potere è incerto, bisogna essere preparati; secondo, la preparazione richiede sia la modernizzazione tecnologica che l’aumento delle capacità produttive; terzo, il tradizionale apparato militare degli Stati Uniti e dei loro alleati non è in grado di raggiungere questo obiettivo, pertanto Anduril e altre aziende devono prendere in mano lo scettro, o meglio la spada, visto che siamo nel mondo del Signore degli Anelli e si tratta del cammino di Aragorn. Visto che siamo negli Stati Uniti, naturalmente, Aragorn è un re non perché viene da una dinastia, da una linea nobiliare che riporta a Isildur: la sua regalità è conquistata sul campo, attraverso quella capacità di seguire le tracce e orientarsi, interfacciandosi con diverse realtà, coi vivi, con creature semidivine e coi morti, che è presente anche nell’epica di Tolkien, e che nel caso di Luckey è incarnata dall’epica dei videogiochi, della controcultura pop, dei manga e degli anime. In questo percorso, come abbiamo visto, è essenziale che Luckey possa mantenere il suo personaggio, il “poser” con camicia hawaiiana e infradito, perché ciò identifica la sua libertà, sia le aspettative della sua audience, del bacino di talenti che poi andranno ad alimentare le sue imprese, nonché a sostenere politicamente quella tesi, che integra e amplia la tesi di Peter Thiel e Palantir, che ho descritto nei miei saggi su Limes e nei miei libri, dal 2016 a oggi.

La conseguenza è l’affermazione di un nuovo gruppo, sempre più consistente, di imprenditori, investitori e lobbisti, che nel nome di un nuovo patriottismo finanzia la politica statunitense e tesse relazioni con gli apparati di difesa e sicurezza, e si trova per discutere con la stessa passione dell’ultima versione di un videogioco come della debolezza statunitense nella capacità di costruzione navale rispetto a Pechino. In questo clima di preparazione alla guerra, Anduril può diffondere la sua tesi, e prosperare, sempre chiarendo ciò che è stato appreso con Oculus e che viene utilizzato contro Apple, contro l’ipocrisia che Apple rappresenta: la guerra riguarda sempre anche l’hardware, la manifattura, non è pensabile soltanto in termini di software, e sei chiaramente più debole se per l’hardware dipendi dal tuo grande avversario.

Quest’aspetto dell’hardware è cruciale. Luckey nelle sue conferenze più recenti, quando gli viene richiesto un giudizio sul Chips & Science Act del 2022 e sui suoi effetti, da un lato ne sminuisce il significato per ragioni politiche (chiaramente, è un sostenitore di Trump e dei repubblicani) ma dall’altro lato formula un’osservazione più profonda. Afferma infatti, sempre unendo la cultura popolare e l’analisi, che la manifattura di semiconduttori, come altri problemi produttivi, non può essere considerata alla stregua di un film di Hollywood, risolto dal colpo di genio dello scienziato, del pilota, dell’eroe che genera il lieto fine: si tratta di questioni di enorme complessità nel rapporto tra clienti e fornitori e che sono legate all’organizzazione di una filiera elettronica più profonda, per cui Luckey propone tra l’altro di concentrarsi sull’importanza della produzione di computer negli Stati Uniti. In termini simili, Luckey continua il suo tour, dagli Stati Uniti a Paesi come l’Australia, e discute con competenza degli investimenti in ricerca e sviluppo della difesa statunitense, delle storie delle stesse aziende tradizionali che ora vuole togliere dal trono, dell’importanza delle Filippine e del Vietnam, dell’ascesa, caduta e ritorno del rilievo del dominio sotterraneo nella Guerra Fredda e oggi.

Tra i concetti che Luckey avanza con maggiore costanza in riferimento al conflitto con la Cina, c’è quello di una strategia di “esfiltrazione” dei ricercatori di Pechino. Secondo Luckey, c’è un’attenzione eccessiva sul problema che i ricercatori cinesi giunti negli Stati Uniti possano agire come spie: siccome si tratta di un problema irrisolvibile, perché tanto i casi di spionaggio ci saranno comunque, viste le risorse che in questa materia la Cina può mobilitare, ha mobilitato e mobiliterà, tanto vale rispondere con una strategia di attrazione molto aggressiva, in cui gli Stati Uniti fanno sapere che vogliono accogliere tutti i migliori talenti che si trovano in sistemi avversari, per portarli dalla loro parte, secondo una logica in parte già sperimentata nella Guerra Fredda. Oltre ad avanzare queste strategie che lo rendono uno degli “intellettuali” su difesa e tecnologia negli Stati Uniti, come abbiamo visto, Luckey vuole vendere i suoi prodotti e quindi ottenere contratti.

Per esempio, nel 2024 il velivolo aereo autonomo Fury di Anduril è stato selezionato dall’Aeronautica statunitense come drone principale per il programma di aeromobili da combattimento collaborativi. La scelta di Fury, rispetto alle proposte di contractor tradizionali come Lockheed e Boeing, ha segnato una vittoria per Anduril e per il suo modello di innovazione. Sempre nello stesso anno, Anduril ha chiuso con successo un nuovo round di investimento, con una valutazione di 14 miliardi di dollari. La visione della modernizzazione della difesa espressa dall’azienda e dal suo fondatore è già una delle realtà con cui l’intelligenza artificiale fa parte del nuovo “arsenale” degli Stati Uniti, nell’epoca di Donald Trump, ma soprattutto nell’ideologia di un mondo conflittuale avanzata dal videogiocatore californiano.

Tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, il cammino di Anduril è andato avanti in modo accelerato. Abbiamo continue conferme di questo paradigma, nella logica del capitalismo politico: Anduril e Palantir avanzano una precisa tesi di trasformazione industriale e tecnologica degli Stati Uniti sulla base della competizione con la Cina e di un superamento netto della globalizzazione ingenua (incarnata dalla caricatura di Norman Angell). All’inizio del 2025, appena prima dell’inaugurazione di Donald Trump, Anduril annuncia un mega-investimento manifatturiero in Ohio. In seguito, Luckey interviene pubblicamente sul caso DeepSeek, iscrivendosi tra coloro che accusano la startup cinese di avere un’infrastruttura di calcolo ben superiore a quella da essa rivendicata. A febbraio, Anduril risulta impegnata in un nuovo round di finanziamenti, che potrebbe portare la valutazione a 28 miliardi. Dove porterà quest’accelerazione? La certezza, per ora, è che non possiamo capire oggi il rapporto tra l’intelligenza artificiale, la geografia produttiva e la guerra senza passare per i progetti di Palmer Luckey.

Scritto da
Alessandro Aresu

Laureato in filosofia del diritto con Guido Rossi all’Università San Raffaele di Milano, è consigliere scientifico di «Limes» e collabora con varie riviste. È stato consulente e dirigente di diverse istituzioni, tra cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tra le sue numerose pubblicazioni: “Geopolitica dell’intelligenza artificiale” (Feltrinelli 2024), “Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia” (Feltrinelli 2022), “I cancelli del cielo. Economia e politica della grande corsa allo spazio. 1950-2050” (con Raffaele Mauro, Luiss University Press 2022), “Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina” (La Nave di Teseo 2020) e “L’interesse nazionale. La bussola dell’Italia” (con Luca Gori, il Mulino 2018).

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