Recensione: a John Maynard Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta e altri scritti, a cura di Giorgio La Malfa, Mondadori, Milano 2019, pp. 1328, euro 80 (scheda libro)
Scritto da Alessandro Aresu
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Il “progetto editoriale” di Giorgio La Malfa su John Maynard Keynes è una delle grandi imprese culturali italiane del nostro tempo. Una nuova traduzione della Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, la fondamentale opera keynesiana apparsa nel 1936, diviene l’occasione per la costruzione di un Meridiano Mondadori che affianca il testo principale ad altri saggi di Keynes. E li accompagna con un saggio introduttivo, una cronologia, le accurate note e il glossario, presentando più livelli di lettura. Per rivolgersi a più lettori, coinvolgendoli tutti.
Lo studioso potrà confrontarsi con la nuova traduzione dell’opera, ed entrare nel laboratorio dell’economista e pensatore britannico, nelle sue discussioni accese e polemiche con i contemporanei. Lo studente potrà conoscere Keynes e la rilevanza del suo pensiero per il nostro tempo, basandosi sul saggio introduttivo di La Malfa che traccia il percorso del trionfo del keynesismo, del suo tramonto, del ritorno di un pensiero che attinga alla fonte per rispondere a nuove sfide, anche incrociando gli spunti di alcuni lettori italiani di Keynes, economisti e storici, come Pierluigi Ciocca, Piero Craveri, Paolo Savona e il compianto Marcello De Cecco. Il curioso si imbatterà in saggi forse poco noti ma importanti: penso anzitutto a L’arte e lo Stato, un gustoso e attuale programma sugli investimenti pubblici in cultura. L’amante della letteratura potrà limitarsi a godere della prosa di Keynes: anch’egli, come Churchill, era letteralmente in grado di «mobilitare la lingua inglese e mandarla in battaglia». Infine, un lettore ansioso di fare bella figura a cena può aprire il libro e memorizzare una frase a caso.
Queste diverse chiavi di lettura, queste differenti porte d’accesso, compongono il caleidoscopio che è stato John Maynard Keynes. La Cronologia della sua vita compilata da La Malfa, in questo senso, è un libro nel libro, che fornisce lo stesso brio e disorientamento che doveva dare la conoscenza personale del pensatore britannico. Prendiamo gli anni 1920 e 1921. 1920: il successo editoriale di The Economic Consequences of the Peace, su cui fioccano le proposte di traduzione, ma Virginia Woolf lo riceve acidamente, paragonando poi Keynes a «una grossa foca»; i viaggi in Italia, anche presso Berenson a I Tatti, gli acquisti di dipinti tra cui Picasso e Renoir, le enormi oscillazioni finanziarie degli investimenti in cui Keynes perde tutto e poi recupera i capitali. 1921: viaggio in Algeria di Keynes col suo compagno del momento, uscita del Treatise on Probability, incontro col giovane economista Piero Sraffa che lo va a trovare a Cambridge, nuovo innamoramento con la ballerina russa Lydia Lopokova che sarà per tanti anni la sua compagna di vita.
Al di là della sua vita appassionante, di certo è appropriato parlare di Keynes come pensatore, non solo economista. È quasi un obbligo, davanti a questo Meridiano. Keynes rivendica la natura filosofica della sua ricerca, come è evidente da vari suoi scritti, da Le mie prime convinzioni ai testi burkiani citati da La Malfa. In uno dei suoi testi più belli (quello dedicato a Marshall), Keynes afferma che «gli economisti devono lasciare la gloria del grande volume in quarto al solo Adam Smith, devono vivere alla giornata, gettare pamphlet al vento, scrivere sempre sub specie temporis e ottenere l’immortalità, semmai, per caso». È un passaggio autoironico perché Keynes, richiamandosi alla filosofia morale, intende anche portare l’economia politiche presso le sue origini storiche, di parte della «scienza dei legislatori e degli statisti», per dirla con Adam Smith.
Ecco, la questione politica: in Keynes, la natura di pensatore non è separabile dalla sua esperienza come uomo pratico, come policymaker. All’oscillazione tra la carriera accademica e le esperienze nel civil service inglese (che Keynes seppe peraltro descrivere nel suo funzionamento, per esempio in un saggio sul Tesoro di recente reso disponibile in italiano dalla Fondazione Ugo La Malfa[1]) e nella rappresentanza internazionale della Gran Bretagna. Ancora, si tratta di una doppia natura, alla quale si deve vasta parte della sua grande influenza, a partire dal successo letterario de Le conseguenze economiche della pace. C’è un bel passaggio di Robert Skidelsky su Keynes giovane ufficiale del Tesoro, ripreso nel saggio di La Malfa: «Aveva il dono, indispensabile in un funzionario pubblico, di produrre rapidamente su richiesta appunti lucidi e vivaci». La lucidità e vivacità degli appunti e dei libri sulle vicende politiche sono una costante della sua carriera, fino alla fine. Non esiste “il” libro di Keynes su Bretton Woods, anche per via delle condizioni precarie di salute che lo portarono alla morte poco dopo la conferenza del 1944. Vi sono comunque alcune sue lettere sul negoziato con gli Stati Uniti in cui, nei profili di Henry Morgenthau e Harry Dexter White[2], si intravede il tocco dell’ironia che ha scolpito per sempre i rappresentanti della conferenza di Versailles.
Un’altra natura di Keynes riflessa dal Meridiano è quella di polemista e riformatore allo stesso tempo. Nel laboratorio di Keynes, bisogna tenere insieme il suo costante desiderio di sollevare polveroni con le sue teorie, di prendere in giro i suoi critici per accendere la miccia della polemica, con l’importanza che dà al tempo, alla pazienza del concetto, anche nell’affrontare i grandi processi di riforma: sono illuminanti, su questo, le osservazioni delle sue lettere al Presidente Roosevelt. Così in Keynes stanno insieme il coraggio, la rivendicazione dell’eresia, e allo stesso tempo la cautela, anche su di sé. «Penso che tutti faremo molti errori» è la frase che preferisco di un grande scritto, enigmatico, drammatico, che è Autosufficienza nazionale.
In sintesi, il Meridiano dedicato a Keynes e ricamato “follemente” da Giorgio La Malfa è un libro imperdibile, da molti punti di vista. Su quanto ci sia ancora da scoprire su questo grande pensatore ed economista del Novecento, vale una delle note presenti nel testo: i Collected Writings di 30 volumi «rappresentano circa un terzo del materiale esistente, conservato in parte presso di King’s College di Cambridge, in parte negli Archivi della Pubblica Amministrazione inglese, in parte ancora in possesso della famiglia».
[1] J.M. Keynes, The Civil Service and Financial Control, Collected Works, XVI; trad.it. Il Tesoro, “Biblioteca Enzo Grilli”, Fondazione Ugo La Malfa, Roma 2018 (con una prefazione di S. Cassese).
[2] J.M. Keynes, Collected Works, XXIV.