Recensione a: Luciano Floridi, Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2020, pp. 152, 16 euro (scheda libro)
Scritto da Otello Palmini
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Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale di Luciano Floridi è la traduzione di una parte di un libro già pubblicato in lingua inglese da Oxford University Press nel 2019 dal titolo The Logic of Information. Nel piano dell’opera di Floridi questo volume rappresenta il terzo di una tetralogia legata alla filosofia dell’informazione. I primi due volumi riguardanti la filosofia e l’etica dell’informazione sono già stati pubblicati mentre l’ultimo libro riguardante la politica dell’informazione è, ad oggi, ancora in corso di stesura. Questa breve premessa editoriale è volta a far comprendere come il progetto filosofico di Floridi sia esteso, articolato e sistematico. Questa constatazione riguardante la portata dell’operazione filosofica è rilevante anche per comprendere al meglio questa traduzione italiana pubblicata da Raffaello Cortina Editore. Infatti, il lettore italiano si trova di fronte un testo di dimensioni ridotte (152 pagine) che si pone degli obiettivi di grande portata. Come esplicitato da Floridi nell’introduzione l’oggetto di indagine del testo è la stessa filosofia, precisamente rispetto al suo metodo e alla sua natura. Il compito, occorre dirlo, appare piuttosto complesso, tuttavia l’autore lo porta avanti sostenendo una tesi che ha il pregio di essere netta e chiara. La situazione in cui la riflessione è situata si potrebbe sintetizzare così: il mondo ha un disperato bisogno di filosofia, ma la filosofia è in un grave ritardo rispetto al mondo.
Iniziamo da questo secondo problema. Floridi sostiene che la filosofia, o gran parte di essa, sia in ritardo rispetto ai mutamenti della nostra società sostanzialmente per due ragioni. In primo luogo perché il mondo è cambiato radicalmente. Il lettore italiano può comprendere i motivi e la caratterizzazione di questo cambiamento attraverso un precedente lavoro di Floridi, tradotto sempre per Raffaello Cortina nel 2017, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo. Siamo, constata Floridi, nell’era dell’infosfera e dobbiamo considerare noi stessi come degli inforganismi in un’esperienza che è ormai descrivibile in termini di on-life experience. Ovvero: la rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo ha mutato radicalmente l’ambiente in cui viviamo e la percezione di noi stessi rendendo vano ogni tentativo di analisi che non tenga in considerazione la realtà digitale, anzi, la proposta di Floridi è quella di considerare ormai irreversibilmente integrati l’aspetto fisico e quello digitale della realtà. Questa rivoluzione tecnologica ha il potere di re-ontologizzare la realtà e l’infosfera è l’esito di questa re-ontologizzazione. Se il discorso filosofico vuole essere analisi, oppure critica, o ancora design (la tesi sostenuta da Floridi) deve partire dal riconoscimento di questo stato di cose. Se la filosofia non vuole interessarsi solamente della storia precedente a questa rivoluzione deve fare i conti con questa essenza mutata della realtà. Tuttavia la filosofia non si sta occupando in maniera adeguata di questo. Da una parte, infatti, se ne sta occupando poco ritirandosi a guardare dentro se stessa piuttosto che guardare al suo esterno. Floridi lamenta un’eccessiva concentrazione della filosofia sulla sua storia, o meglio un’eccessiva concentrazione della filosofia sulla sua storia condotta con un intento più di erudizione che di ricerca concettuale. Infatti, anche nel testo di Floridi il ricorso alla tradizione filosofica occidentale è ampio: Platone, Kant e Turing giocano un ruolo di primo piano nel tentativo di individuare un metodo filosofico. La preoccupazione di Floridi si riferisce all’eccessiva presenza della ricerca storica condotta all’insegna della sola erudizione che spesso può sfociare anche in uno scolasticismo con il rischio di perdersi in dibattiti sterili e astratti rispetto alle impellenti esigenze che il presente ci pone davanti. Al fine di riportare la filosofia sui binari di un realistico e proficuo rapporto con la realtà, Floridi suggerisce anche di superare una divisione onnipresente dell’ambiente filosofico-accademico contemporaneo e che spesso conduce a sterili quanto aspre polemiche, la divisione tra filosofia analitica e filosofia continentale. La filosofia analitica ha prodotto strumenti concettuali eccellenti per controllare il discorso filosofico, infatti la sua precisione, la chiarezza delle argomentazioni, l’ampio ricorso al confronto su temi specifici sono strumenti di fondamentale importanza che però vengono spesso applicati ad oggetti futili e a tematiche irrilevanti. Questa combinazione di grande precisione dell’analisi e futilità delle tematiche conduce a dibattiti spesso surreali. La filosofia continentale, quasi all’inverso, brilla per potenza della riflessione, profondità delle tematiche e per capacità di mettere il discorso filosofico in relazione con molteplici sfere dell’esperienza, tuttavia corre il rischio di risultare vaga, confusa o peggio di portare ad un certo grado di avversità per il discorso logico a favore di un qualche grado di irrazionalismo. Se questa è la diagnosi dello stato di salute della riflessione filosofica contemporanea l’obiettivo del lavoro di Floridi è quello di riassegnare alla filosofia un compito centrale nel presente in dialogo con le scienze. Al fine di attuare questa ricollocazione della filosofia Floridi, in questo lavoro, si concentra sul dare una definizione delle domande filosofiche, ovvero quelle domande che necessitano della filosofia per ottenere risposta, e tenta di dare forma ad una morfologia delle risposte filosofiche, ovvero tenta di delineare un metodo della filosofia che possa portare a dare risposte cogenti a tali domande.
Iniziamo dalle domande filosofiche, per definire questo tipo di domande Floridi prede le mosse dall’enunciazione di un metodo adottando l’approccio orientato alle risorse: «possiamo studiare le domande considerando le risorse che sono necessarie per fornire loro una risposta» (p.23). Da questo approccio viene ricavata una tripartizione: esistono domande le cui risposte implicano informazioni empiriche, altre le cui risposte implicano informazioni logico-matematiche e, in fine domande le cui risposte non sono riducibili alle prime due classi di informazioni. Le domande filosofiche cadono in questa terza categorizzazione e sono, in questo senso, definibili come aperte. Ovvero domande che restano aperte ad un disaccordo informato, onesto e razionale. Domande del tipo “perché stiamo organizzando una festa sabato?” rientrano nella categoria di domanda aperta, infatti poste tutte le informazioni empiriche possibili e tutte le operazione logiche o matematiche eseguibili questo tipo di domande restano aperte ad un disaccordo in merito alla risposta. Una seconda caratteristica delle domande filosofiche è la chiusura, infatti se esse sono aperte nel senso che si è esplicitato sono anche chiuse nel senso che «L’insieme delle domande filosofiche è tale per cui, se ci si interroga su tali domande, si ottengono altre domande filosofiche» (p.32). Questa caratteristica le distingue nettamente e le mette in una posizione particolare rispetto agli altri due tipi di domanda che non condividono questa caratteristica. Infatti, continuando a domandare, in quegli insiemi, si arriva a domande che sono fuori dalla sfera empirica o da quella logico-matematica, si giunge a domande filosofiche le quali si pongono al principio di questi altri insiemi di domande.
Le domande filosofiche sono anche ultime, ovvero tra tutte le domande aperte sono quelle che hanno la capacità di generare altre domande e altre risposte nella rete delle domande aperte. Una parte importante della definizione delle domande è come abbiamo visto quella che prende in considerazione il tipo di risorse necessarie per organizzare una risposta. Il bacino a cui attingere per rispondere alle domande filosofiche è ciò che Floridi chiama capitale semantico «la totalità del risultato della nostra capacità creativa di semantizzazione della realtà e disegno concettuale della realtà» (p.42). Queste sono le nostre «risorse noetiche» che includono credenze, stati emotivi, relazioni personali, situazione sociale, capacità di elaborazione critica del reale, se si volesse cercare di esprimere il concetto con una parola più classica della filosofia forse si userebbe il termine Weltanschauung (Visione del mondo) inteso come l’orizzonte di senso che costruiamo nella realtà. L’ultimo passaggio per giungere alla definizione delle domande filosofiche è volto a cautelarsi contro quello che Floridi considera un cattivo domandare filosofico. L’obiettivo è di evitare le domande assolute, ovvero domande che non esplicitino il livello di astrazione nel quale è richiesta una risposta. Un livello di astrazione è un interfaccia attraverso la quale abbiamo accesso al mondo, specificare la tipologia di interfaccia nella quale cade la nostra domanda è fondamentale per evitare equivoci. Consideriamo, ad esempio, un edificio che è stato una fabbrica ma che ora è stato riqualificato in un teatro. Se il nostro intento è comprendere la posizione di tale edificio potremmo dire che il teatro e la fabbrica sono lo stesso edificio, ovvero sono collocati nello stesso punto, tuttavia se il nostro interesse è focalizzato sulla funzione dell’edificio non potremmo dire che la fabbrica e il teatro sono lo stesso edificio. Floridi ritiene che l’esplicitazione chiara del livello di astrazione (LdA) possa evitare le domande assolute, ovvero quelle domande che non considerano il contesto – il sistema di riferimento nel quale vengono poste – rendendo molto difficile organizzare una risposta. Abbiamo ora guadagnato la definizione finale delle domande filosofiche: «aperte, fondamentali (ultime) ma non assolute, chiuse in relazione ad ulteriori interrogazioni, potenzialmente delimitate da risorse empiriche e logico-matematiche, e che necessitano risorse noetiche per ricevere risposte al corretto livello di astrazione» (p.43).
Per iniziare a comprendere in che modo la filosofia possa rispondere in maniera efficace alle domande filosofiche Floridi insiste sul tema del livello di astrazione. Ogni sistema (ogni insieme di oggetti o soggetti osservati) deve essere analizzato filosoficamente ad un livello di astrazione, attraverso il quale è possibile generare un modello del sistema in grado di identificare delle proprietà che poi vengono attribuite al sistema stesso. Una teoria, seguendo questa concezione, è l’insieme di LdA, modello e proprietà di un certo sistema. È chiaro che il punto fondamentale da comprendere è che l’individuazione di un LdA decide sull’impegno ontologico della nostra teoria. Ovvero il livello attraverso il quale costruiamo il nostro modello di un sistema sconta una scelta che è esterna e precedente al modello stesso. Ad esempio «Se consideriamo il caso dell’etica dell’informazione, possiamo affermare che essa si impiega in un LdA che interpreta la realtà – vale a dire ogni sistema – in termini informazionali. Il modello che ne deriva è costituito da sistemi e modelli informazionali» (p.63). Tuttavia questo non deve condurre al relativismo, ogni LdA deve rispondere ad un determinato fine, ovvero una proficua analisi della realtà, è chiaro che la stessa realtà potrebbe essere analizzata attraverso un diverso LdA, tuttavia dobbiamo chiederci quale sia il LdA più efficace in una realtà che abbiamo descritto in termini di infosfera. È comprensibile come Floridi propenda per un LdA che interpreta la realtà in termini informazionali, non fare questo nella sua prospettiva significherebbe perdersi un pezzo di realtà, quella digitale, e comprendere poco anche quella parte fisica del reale che ormai vive legata a doppio filo con l’ambiente digitale. Il punto sta nello scegliere un LdA che sia capace di comprendere i fenomeni nella realtà dell’infosfera e attraverso cui si possano strutturare delle soluzioni spendibili e coerenti con il sistema-realtà in cui siamo immersi. Floridi stesso è consapevole che l’esplicitazione dei LdA non porterà di per sé all’eliminazione del disaccordo, che spesso è basato proprio sulla scelta del LdA da utilizzare.
L’ultima parte del discorso di Floridi riguarda ancora il metodo della filosofia e prende le mosse da una radicale discontinuità rispetto a due estremi del discorso filosofico individuati rispettivamente in Platone da una parte e nella coppia idealismo romantico-costruttivismo postmoderno dall’altra. Il primo sarebbe reo di aver inteso il conoscere come mera visione, passiva, delle idee; i secondi darebbero un ruolo eccessivamente prescrittivo alla nostra azione sulla realtà, arrivando quasi a postulare una dipendenza ontologica di questa da quella. «Non è facile perciò tenere ferma l’idea che il costruzionismo [la teoria sostenuta da Floridi] non sia né un realismo né un costruttivismo, poiché la conoscenza non descrive ne prescrive come il mondo sia ma l’inscrive» (p.101). «Il costruzionismo ritiene che la conoscenza sia acquisita attraverso la costruzione del corretto genere di artefatti semantici o, per dirla in altri termini, di modellazione dell’informazione» (p.110). Il costruzionismo – che vede tra i suoi sostenitori a vario titolo Bacon, Vico, Kant, Pierce – sostiene che: soltanto ciò che può essere costruito (anche concettualmente) può essere conosciuto, le ipotesi di lavoro sono indagate attraverso modelli costruiti su tali ipotesi, i modelli devono essere controllabili, vige un principio di economia e l’isomorfismo tra simulato e simulazione è soltanto ideale. In tale contesto «La conoscenza è un processo di modellizzazione, che dà forma alla realtà, per renderla intelligibile entro un processo di costante revisione» (p.121). In tale caso la filosofia non afferma nulla sulla realtà in sé, il noumeno di Kant resta al suo posto si potrebbe dire, ma come altre scienze che hanno un rapporto poietico con il proprio oggetto (economia e informatica) si pone come più eminente forma di design concettuale.
La filosofia dunque – una volta comprese le domande che le competono e il metodo per rispondervi – dovrebbe fornire una guida, un orizzonte di senso non soltanto strumentale a questa trasformazione della realtà che stiamo vivendo. Una nuova filosofia per una nuova realtà, o una filosofia all’altezza della realtà che torni a dare struttura ed efficacia al nostro modo di agire. Per questo una filosofia e una logica dell’informazione sono decisive per comprendere-modificare questo sistema, un’etica per orientare il nostro agire in questo campo e una filosofia politica per guidare le grandi scelte di campo che questa, come tutte le altre rivoluzioni, ci imporrà di fare. Iniziamo a costruire questo sapere che è un saper fare! Questo è l’invito di Floridi che chiude il volume con cinque lezioni filosofiche estrapolate dal pensiero di Alan Turing: 1) individuare sempre il corretto LdA in cui impostare domande e risposte filosofiche, 2) recuperare il ritardo che la filosofia ha accumulato rispetto alla realtà intesa come infosfera, 3) impostare quindi una filosofia dell’informazione capace di aver cura del reale e 4) investire aumentando il capitale semantico delle nostre società in un dialogo fruttuoso tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Come detto nel titolo quindi «pensare l’infosfera» per Luciano Floridi è possibile in primo luogo riconoscendola come l’effettivo stato di cose attuale e in secondo luogo depurando il dibattito filosofico da tutte quelle incomprensioni che generano conflitti, magari auspicando dei conflitti reali, o come dice Floridi dei dissensi informati, ragionevoli e onesti che abbiano come oggetto la direzione in cui la nostra società dovrebbe muoversi in questo contesto denso tanto di possibilità quanto di rischi.