Recensione a: Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2020, il Mulino, Bologna 2020, pp. 240, euro 19 (scheda libro)
Scritto da Luca Picotti
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«L’Italia si è presentata, all’entrata del terzo decennio – che corrisponde anche alla discontinuità prodotta dal Covid-19 – con una delle peggiori combinazioni nel mondo sviluppato tra bassa incidenza di giovani sulla popolazione e bassa possibilità dei giovani di intervenire concretamente nella società e sull’economia».
Con queste parole Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, introduce il Rapporto Giovani 2020 dell’Istituto Giuseppe Toniolo, edito come sempre da il Mulino e giunto alla sua settima edizione. Un anno fa scrivevamo su Pandora Rivista, in relazione alla precedente edizione, che «il Rapporto Giovani 2019 dell’Istituto Toniolo ha il merito di ricordarci quanto sia necessario investire su di loro, cercando di combattere il diffuso sentimento di sfiducia e rassegnazione. Queste pagine descrivono in modo puntuale la condizione giovanile, senza cadere nella retorica o in un deleterio approccio paternalistico. Rappresentano in questo modo un ottimo contributo ad un dibattito, quello sui giovani, fin troppo silenzioso, che va necessariamente vivacizzato e arricchito con ricerche, approfondimenti e analisi. Un buon punto di partenza per iniziare un percorso di più ampio respiro». Sono proprio la concretezza e la mancanza di un approccio paternalistico – tipico di molti editoriali in cui i giovani sono visti come entità terze di cui si può parlare tra adulti senza coinvolgerli (“i nostri ragazzi”) – a rendere il Rapporto dell’Istituto Toniolo un interessante appuntamento annuale, ove è possibile tra dati, sondaggi, rilevazioni e tabelle seguire lo sviluppo di quella che potremmo definire una vera e propria fascia debole della società, troppo spesso trascurata. Sono infatti numerosi i problemi connessi alla posizione sociale delle nuove generazioni: dallo squilibrio demografico che gioca a loro sfavore alla dispersione scolastica, dalla percentuale più elevata di Neet sia nella fascia 15-24 che in quella 25-34 alla difficoltà di uscire dal nucleo familiare per realizzare i propri progetti di vita, passando per il rischio di povertà assoluta per gli under 35 con una propria famiglia che risulta, scrive sempre Rosina nell’introduzione, raddoppiato rispetto agli over 65.
Il Rapporto Giovani 2020 affronta queste issues presentando un bilancio dell’ultimo decennio, integrando le disuguaglianze tradizionali con le incognite post Covid-19 e approfondendo taluni campi degni di nota – dall’innovazione tecnologica all’ambiente, dalla partecipazione politica ai consumi culturali – che avranno sempre maggiore peso in analisi che ambiscono ad avere il respiro necessario per trattare la questione generazionale. Realizzato con il contributo di numerosi professori, ricercatori e studiosi, si compone di una prima parte focalizzata sulla partecipazione dei giovani nei consumi, nel lavoro e nella politica, di una seconda più incentrata sulle fratture – territoriali, sociali, tra generazioni – e di una terza conclusiva sulla Generazione Z, gli attuali under 25, ovvero coloro che vivranno in questo nuovo decennio la parte più rilevante della transizione alla vita adulta.
Per quanto concerne i consumi, «i nuovi media sembrano aver accresciuto ancora di più le modalità visiva e uditiva delle nuove generazioni di passare il tempo libero: al permanere dell’esperienza dell’andare al cinema si associano sempre di più le visioni di film e serie tv, scelti secondo i propri gusti. Attraverso i device, ugualmente, si sono anche ampliate le possibilità di ascoltare musica, sebbene resti non molto elevata la partecipazione ai concerti» (p.64). Questa tendenza, anche se accompagnata dalla nota amara che riguarda la minore diffusione della modalità riflessiva (la lettura), va letta positivamente se pensiamo alle diverse forme di cultura accessibili con i nuovi mezzi, ma senza dimenticare che molto spesso l’accesso a queste esperienze è condizionato dalle risorse economiche e che vi è il rischio di una frattura tra chi può valorizzare una pluralità di forme culturali – anche a causa dell’ambiente familiare e del grado di istruzione – e chi non possiede invece gli strumenti per farlo. Una frattura che troviamo anche nel capitolo riguardante le condizioni lavorative in relazione alle nuove tecnologie, dove la differenza tra chi possiede un alto titolo di studio e competenze sia avanzate che trasversali e chi è invece sotto-qualificato è sempre più marcata: secondo l’indagine, per fare un esempio, i giovani italiani conoscono in media il 71% delle professioni ridondanti (tradizionali, destinate a ridursi), il 64% delle professioni stabili (non soggette a significativa riduzione) e il 58% delle professioni emergenti, di cui sono consapevoli soprattutto, come prevedibile, gli intervistati più istruiti – 73,4% dei laureati supera la media contro il 59,5% dei diplomati. Nella stessa direzione convergono inoltre le rilevazioni concernenti la partecipazione politica presenti nel terzo capitolo, le quali «evidenziano la presenza non tanto di una polarizzazione all’interno delle nuove generazione tra destra e sinistra, ma il rischio di una polarizzazione tra giovani con buona formazione e opportunità – che legano il voto non solo all’Identità politica ma anche all’Efficacia partecipativa, ovvero al poter contribuire ai processi decisionali e di miglioramento del Paese – e giovani con formazione più debole e visione incerta del futuro, che entrano in una spirale di svalutazione delle scelte individuali e collettive rispetto alla possibilità di miglioramento della realtà in cui vivono» (p.115).
La seconda parte del volume è incentrata sulle fratture territoriali e generazionali, con particolare attenzione alla questione dei giovani del Sud che migrano al Nord e dei giovani italiani che migrano all’estero – in questo caso con un focus non (solo) negativo, ma generale, volto a tratteggiare il profilo di una generazione più dedita allo spostamento.
Concentrandoci sul primo aspetto, tra le numerose rilevazioni effettuate sul campione di giovani del Nord, Centro e Sud Italia preso come riferimento – percezione del lavoro, numero di figli desiderati, intenzioni di uscita dalla famiglia di origine – è interessante quella riguardante la disponibilità al trasferimento stabile per migliorare il proprio lavoro: «[…] Si nota che al Sud e nelle Isole la disponibilità a trasferirsi, al fine di migliorare la propria condizione occupazionale, risulta nettamente superiore rispetto al Nord (46,4% di giovani disposti a trasferirsi anche all’estero al Sud contro 36,5% al Nord) e solo leggermente rispetto al Centro (43,9%), mostrando segni di preoccupante convergenza delle regioni centrali rispetto al Sud» (p.111).
Quello che emerge dalla lettura, integrando i dati sulle fratture territoriali con quelli sulle disuguaglianze generazionali, è l’esistenza di una vera e propria classe, se vogliamo utilizzare questo linguaggio, che sta subendo maggiormente gli effetti della crisi, priva delle protezioni che possono vantare le altre generazioni – ma non è con la lente dello scontro generazionale che va risolta la questione – e particolarmente concentrata nel Sud Italia, ove la generale situazione di difficoltà dei giovani assume le peculiari vesti del disagio territoriale.
Proprio perché questi problemi permangono, e la crisi del Covid-19 non farà che aggravarli, monitorare annualmente la situazione dei giovani – con sondaggi, rilevazioni, statistiche – risulta non solo importante ma anche necessario. È attraverso iniziative come quella dell’Istituto Giuseppe Toniolo che il dibattito rimane vivo, senza perdersi nella retorica dilagante che manca sempre di analizzare i problemi. Concretezza e approccio analitico sono i modi migliori per cogliere i punti focali del discorso, in modo da partire con una base solida per affrontare la piaga della condizione giovanile in Italia. Il merito del Rapporto è quello di andare ormai da anni in questa direzione.