Scritto da Alessandro Ambrosino
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Nel quadro del budget generale dell’Unione Europea, la politica regionale – o politica di coesione, per gli addetti ai lavori – costituisce circa il 33% della spesa totale[1]. Il suo obiettivo principale, così come è definito sin dall’Atto Unico Europeo del 1986, è ridurre le disuguaglianze fra i territori dell’Unione[2], promuovendone uno sviluppo più equilibrato e sostenibile[3]. Per lo scopo essa si serve di tre dei cinque Fondi SIE (Fondi Strutturali e di Investimento Europei)[4], i quali vengono programmati con il Quadro Finanziario Pluriennale. Nel periodo di programmazione 2014-2020 essi hanno assorbito circa 350 ml€, di cui 10 sono serviti a finanziare la cooperazione territoriale europea: il famoso programma noto anche come INTERREG che, tramite il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), dal 1990 punta alla costruzione delle collaborazioni transfrontaliere, transnazionali e interregionali tra Stati Membri confinanti[5].
Il quadro attuale, tuttavia, è il risultato di uno scenario che, nel corso degli ultimi vent’anni, si è fatto via via più complesso, complici le tensioni geopolitiche e soprattutto la grande recessione economica iniziata nel 2008, di cui una delle conseguenze è stata l’accelerazione delle disuguaglianze territoriali e sociali. L’euroscetticismo è andato acuendosi, mettendo in questione l’architettura stessa dell’Unione, mentre il divario tra centri di ricchezza e benessere e periferie poco attrattive e abbandonate è aumentato[6].
Di fronte a stravolgimenti di questa portata anche la politica di coesione ha sperimentato una stagione di profonda riflessione sugli strumenti e la metodologia da adottare. INTERREG, in particolare, ha iniziato a mostrare i “segni del tempo”, risultando troppo statico in un quadro di sensibile aumento delle disparità socioeconomiche. Per questa ragione, nel tentativo di “smuovere” l’intero impianto, nel 2009 l’allora commissaria per le politiche regionali Danuta Hübner incaricò Fabrizio Barca, all’epoca direttore del Ministero dell’economia e delle finanze italiano (MEF), di stilare un report di programmazione ed indirizzo per la coesione post-2013. Il rapporto, basato su analisi scientifiche e su una rigorosa valutazione d’impatto della politica stessa, offrì un contributo importantissimo al dibattito europeo sul tema, sottolineando l’urgente necessità dell’Unione di dotarsi di una politica regionale place-based, cioè attenta ai bisogni specifici di luoghi molto diversi fra loro, accentuando l’importanza dei risultati e adottando un tipo di gestione amministrativa moderna, flessibile e a più livelli[7].
Proprio sullo sfondo di questo radicale cambio di rotta, trovava riconoscimento formale in ambito UE la prima di una serie di nuove forme di collaborazione territoriale: le strategie macroregionali. Nate come iniziative dal basso delle regioni, esse valorizzano ulteriormente le iniziative di cooperazione transfrontaliera e transnazionale sopracitate, che da decenni vengono incoraggiate presso le istituzioni europee[8]. La prima di queste, la Macroregione del Baltico (EUSBRS) è stata varata nel 2009. Sono seguite la Macroregione del Danubio (EUSDR) nel 2011, la Macroregione Adriatico-Ionica (EUSAIR) nel 2014 e la Macroregione Alpina (EUSALP) nel 2015[9]. L’Italia è impegnata con le ultime due e nel 2019, per tramite della Regione Lombardia, ha assunto la leadership di EUSALP[10].
Balza subito agli occhi come l’essenza stessa della macroregione sia legata alla condivisione di un territorio contiguo fra vari attori, i quali cercano di coordinarsi per affrontare sfide comuni e realizzare pochi ma concreti progetti[11]. Altrettanto interessante è osservare come questo approccio alla cooperazione tenti di far proprie molte delle indicazioni contenute nel rapporto Barca: dal miglioramento della governance multilivello alla mobilitazione di tutti i portatori di interesse (università, enti locali, associazioni) in ottica bottom-up fino alla valorizzazione del principio di sussidiarietà[12].
Questo articolo cerca di dare una panoramica delle strategie macroregionali, interpretandole alla luce della governance multilivello, la quale ne rappresenta il dato costitutivo essenziale. Dopo aver brevemente delineato il concetto, descriveremo le principali caratteristiche di istituzione e struttura delle strategie. Seguirà un breve quadro delle priorità italiane per EUSAIR ed EUSALP. La parte conclusiva dell’articolo offrirà spunti di riflessione generali per una valutazione complessiva dell’iniziativa, sottolineandone criticità e vantaggi.
Il grado di incisività degli enti sub-statali nel policy-making europeo è stato oggetto di dibattito sin dalla nascita della CEE nel 1957[13]. Grazie ad un forte lobbismo, soprattutto tedesco e belga, il ruolo delle regioni in Europa è stato poi formalizzato nel trattato di Maastricht (1992) e nell’istituzione del Comitato delle Regioni (1994)[14]. Tuttavia, i (pochi) entusiasmi per una “Europa delle regioni” in fieri sono stati rapidamente smorzati ed è andata affermandosi piuttosto l’idea di una “Europa con le regioni”[15]. Vale a dire, un sistema politico-istituzionale in cui le decisioni sono prese da attori differenti posti a livelli differenti, i quali però si interfacciano l’uno con l’altro in maniera non gerarchica, tentando di ottimizzare costi e risorse e garantendo una maggior coesione economica, sociale e territoriale. Questa riflessione, teorizzata per la prima volta in modo formale nel 1992 dal politologo inglese Gary Marks, ha preso il nome di “governance multilivello”[16] e, seguendo diverse linee di analisi[17], ha avuto fortuna nello spiegare l’integrazione europea degli ultimi decenni, vista come: «un sistema complesso in cui nessun livello di governo assume una centralità esclusiva ed escludente gli altri livelli [ed] in cui partecipazione, flessibilità, cooperazione sono le chiavi di volta per la costruzione delle decisioni politiche»[18].
Ai fini della nostra trattazione, appare evidente come le strategie macroregionali trovino ragion d’essere proprio grazie alla governance multilivello, la quale consente alle strategie di sfruttare appieno il loro potenziale e di lavorare per il loro obiettivo di fondo, ovvero massimizzare il rendimento delle risorse date, senza aggiungerne di nuove[19]. Ciò avviene principalmente perché l’area di riferimento di una macroregione non è definita rigidamente né in modo geografico, né in modo amministrativo, bensì funzionale, sulla base di un “patto” che le regioni e gli Stati coinvolti stringono con Bruxelles noto come “la logica dei tre NO”: no ad una legislazione ad hoc (non vi sono regolamenti o direttive per definirle), no a nuove strutture istituzionali (non ci sono segretariati esecutivi, comitati, direttivi o altro) e no a nuovi finanziamenti (tutto dev’essere fatto nel quadro dei fondi per la cooperazione territoriale)[20]. La macro-regione viene quindi ad identificarsi, nelle parole della Commissione: «come una strategia regionale integrata e multisettoriale»[21] ed agisce in un contesto territoriale spesso consolidato già in precedenza da altre esperienze[22]. Questi fattori, insieme alla caratteristica place-based, fanno sì che le strategie si concretizzino soprattutto in qualità di schemi innovativi per l’attuazione di politiche europee già esistenti, il cui maggiore output in positivo è, in un certo senso, una vera e propria rilettura della carta geografica europea, in cui un soggetto unico, flessibile, capace di rappresentare questi territori ed in grado di coinvolgere tutti i partner regionali, nazionali ed oltre, dà vita ad una leadership politica di respiro europeo più forte, coerente e ambiziosa.
Come spesso accade, anche in questo caso lo sviluppo dell’elaborazione teorica è andato di pari passo con l’applicazione empirica, ovvero, sulla base delle esperienze maturate in questi 10 anni. Per questa ragione non esistono ad oggi linee guida o “manuali” UE per la creazione di una macroregione. Certamente si agisce in un sistema legale regolato dai trattati, ma in questo caso sono le istituzioni della società civile ad impegnarsi perché la strategia venga sostenuta dalle istituzioni europee. La prassi ha mostrato come costruire un solido consenso sull’individuazione delle priorità tematiche (anche per tramite di “intergruppi” di europarlamentari specializzati) fra i vari attori coinvolti velocizzi le procedure perché il Consiglio Europeo chieda formalmente alla Commissione di redigere i documenti necessari (Piani di Strategia e comunicazioni) alla Strategia al fine di una formale approvazione del Consiglio[23]. Il risultato è che quest’ultimo ha la responsabilità politica dell’iniziativa, mentre la Commissione supporta e coordina le attività[24]. L’esempio della macroregione Baltica in questo senso è illuminante: l’inquinamento del Mar Baltico da fertilizzanti agricoli è stata la molla che ha spinto le amministrazioni regionali e gli altri portatori di interesse a collaborare nell’elaborazione di un piano comune per salvaguardare l’ecosistema marino. A questo si sono poi aggiunti gli obiettivi tematici del benessere di chi vive nella regione e dell’attrazione di capitali. Il supporto dell’intergruppo Euro-Baltico all’Europarlamento, unito al lobbying degli enti coinvolti in sede istituzionale ha portato all’istituzione di EUSBRS nel 2009[25]. A partire da questa esperienza, le altre Strategie sono state ricalcate andando a definire le sfide specifiche e i progetti, perfezionando le comunicazioni ed i piani di azione.
A distanza di dieci anni è quindi possibile identificare dei tratti comuni a tutte e quattro le Strategie: membership flessibili e orientate al risultato, chiare definizioni delle responsabilità, e sperimentazione politica (con forum annuali e il report annuale della Commissione sulla base delle relazioni dei coordinatori)[26]. Tuto ciò al fine di affrontare in sinergia problemi comuni: dalla politica energetica alle infrastrutture, passando per la pesca e la tutela dell’ambiente, fino alla scuola e alla sicurezza[27].
L’impegno e l’interesse che il nostro Paese ha dimostrato per le Strategie Macroregionali è dimostrato dall’attivismo di alcune regioni che da subito hanno creduto sia in EUSAIR che in EUSALP. A conferma della loro flessibilità, spesso chi è parte della prima è anche parte della seconda. La macroregione Adriatico-Ionica coinvolge otto Stati tra paesi membri (Croazia, Grecia, Italia e Slovenia) ed extra-UE (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Serbia). Per l’Italia coinvolge tutte le regioni adriatiche dal Friuli alla Puglia più Basilicata, Calabria e Sicilia[28]. Inoltre, la caratteristica di mare semichiuso dell’Adriatico fa sì che vi siano comunanza di problemi, opportunità e prospettive unite da comuni tratti storici, economici, culturali e di integrazione[29]. Così come per le altre strategie, anche in questo caso la cooperazione territoriale si basa su esperienze precedenti (IPA-Adriatico, Euroregione adriatica, rete delle Università UniAdrion, solo per citarne alcune)[30] e, in generale, la Strategia è definita da quattro pilastri: economia blu, connessioni intermodali, qualità dell’ambiente e turismo sostenibile. Da parte italiana, si è manifestato un certo grado di interesse geopolitico, poiché si punterebbe sia a riequilibrare una tendenza che sembra sinora privilegiare la dimensione europea centro-settentrionale sia ad esprimere un segnale politico di rinnovata attenzione verso i paesi dei Balcani[31].
Tuttavia, se la Commissione ha di recente lodato il progressivo miglioramento della governance della Strategia, i risultati concreti restano poco visibili, soprattutto per quanto riguarda lo scollamento fra dichiarazioni d’intenti ed effettive azioni amministrative. In sintesi, complici anche complesse disuguaglianze fra le varie regioni, i progetti restano in fase embrionale e la macroregione, intesa in questo caso anche come area con una sorta di “identità” comune, stenta a decollare[32].
Una situazione migliore si registra invece in EUSALP, che, nonostante sia la Strategia più recente, possiede già un ottimo grado di integrazione e organizzazione. La Regione Alpina, in effetti, è una vera e propria forza d’urto interna all’Unione: con una popolazione di 80 milioni di abitanti, 48 regioni dalla Slovenia alla Francia, più la partecipazione di Liechtenstein e Svizzera, muove un PIL di 3mila miliardi€ l’anno ed è la più ricca ed omogenea per benessere ed economia[33]. Allo stesso modo però, i suoi problemi sono anche più articolati: si va dal problema ambientale dello scioglimento dei ghiacciai, alle gravi disuguaglianze economiche fra città come Milano e Monaco e molte valli alpine, a rischio di spopolamento e senza attrattive. Storicamente però, le Alpi sono il crocevia di culture e popolazioni che condividono ambienti simili, e per questa ragione la cooperazione interna all’area è molto sviluppata[34]. Integrando le precedenti esperienze di Spazio Alpino, della Convenzione delle Alpi e del Network Europeo delle Regioni Alpine, EUSALP propone 9 temi specifici su cui lavorano altrettanti gruppi d’azione coordinati da un tavolo esecutivo di cui fanno parte rappresentanti di Stati, Regioni, GECT (Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale) e Commissione Europea. Regione Lombardia, che presiede l’intera Strategia per il 2019, porta avanti le tematiche già individuate dal Tirolo nel 2018: economia, sostenibilità, sviluppo e trasporti. Inoltre ha sottolineato l’importanza di ridurre il gap centro-periferia promuovendo un’alleanza città-campagna suggellata sia dalla salvaguardia ambientale sia dagli sforzi di includere aree remote e/o periferiche nell’iniziativa coinvolgendo la Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) nella pianificazione delle politiche comuni[35]. La sfida è ora quella di coinvolgere sempre di più i suoi membri e rappresentanti nel lavoro dei gruppi d’azione tematica[36].
Insomma, la differenza nel “successo” delle strategie starebbe nella capacità organizzativa e politica degli enti coinvolti, oltre che nella velocità di esecuzione. Ma proprio dall’osservazione di queste difficoltà organizzative si può discutere fino a che punto le macroregioni contribuiscono al processo di integrazione, oppure se si tratta, come ha scritto Andrea Stocchiero del CeSPI: «di vino vecchio in una botte nuova»[37], sottolineando il rischio di perpetuare divisioni territoriali, economiche e politiche, soprattutto in certi contesti territoriali.
Un recente parere del Comitato delle Regioni a firma di Raffaele Cattaneo, consigliere della regione Lombardia, definisce le Strategie nei termini di «una parte indispensabile della governance dell’Unione stessa»[38], nonché «il primo strumento concreto che va nella direzione di un’Europa costruita dal basso»[39]. Senza dubbio, l’istituzione di quattro macroregioni in meno di sei anni testimonia l’interesse di Stati, Regioni e Commissione per questi strumenti operativi, che sembrano costituire un nuovo modello politico «collocato tra Stato nazione e comunità sovranazionale»[40].
Ma, la costruzione di una regione, seppur “macro”, resta comunque un’operazione politica profonda. Come sanno bene gli studiosi del territorio, qualsiasi circoscrizione dello spazio porta inevitabilmente con sé il problema della scala: chi sta dentro e chi sta fuori?[41] In che modo questa divisione influenza la percezione di sé e del gruppo? Recentemente gli studiosi si sono interrogati su questi processi di “nuova regionalizzazione”[42] dell’UE, evidenziando la contraddizione di un’iniziativa che, se da un lato porta indubbi vantaggi a chi ne fa parte, dall’altro, attraverso le istituzioni europee, deve trovare l’approvazione di tutti gli Stati Membri senza creare nuove disuguaglianze. La conseguenza logica è proprio il rischio di una tensione fra i diversi livelli di potere che costituiscono la Strategia, la quale potrebbe essere messa in discussione proprio nell’impianto della governance multilivello e nell’approccio bottom-up. A questo proposito, da più parti è stato chiesto di ribaltare la logica dei tre “no” in una logica dei “sì” che definisca meglio che tipo di rapporto devono avere le Regioni e gli Stati nella strategia macroregionale stabilendo quali poteri hanno e strutturando le modalità di utilizzo delle risorse in modo più chiaro[43].
Una seconda linea di critica è venuta invece da chi ha sottolineato l’inattualità dell’idea che un elemento geografico rappresenti il fattore unificante di un territorio[44]. In altre parole, possono – nella complessità del XXI sec. – un fiume o un mare essere gli elementi che accomunano regioni fra di loro diversissime per cultura, economia e società? A questo si potrebbe rispondere sottolineando che fra gli obiettivi delle Strategie vi è proprio la riduzione delle disuguaglianze e che le Strategie sono definite secondo una logica funzionale fluida proprio per evitare un irrigidimento geografico-economico[45]. EUSALP, effettivamente, rappresenta una novità concettuale interessante, poiché, valorizzando l’ecosistema alpino nella forma dell’interdipendenza proficua tra l’ambiente urbano e l’ambiente rurale, piuttosto che su elementi geografici comuni di per sé, si presta a esiti inaspettati[46]. Tuttavia, è ancora presto per trarre conclusioni sull’operatività di questa strategia, essendo stata lanciata non più di quattro anni fa.
Infine, va sottolineato come le Strategie macroregionali stiano maturando in un contesto poco favorevole all’Unione. Non si tratta solo delle sfide epocali che stanno minando l’esistenza stessa dell’impianto UE, quali la mancata gestione dei flussi migratori o le crescenti diffidenze fra Stati Membri, ma anche del problema della collocazione dei Fondi per il periodo di programmazione 2020-2027, che, sullo sfondo della Brexit, risulteranno minori, mettendo a rischio i finanziamenti per la coesione territoriale[47]. Contro questo scenario, il Forum 2019 di EUSALP ha chiesto proprio di «assicurare che le strategie macroregionali siano tenute in considerazione»[48]. Messe in questi termini, le Strategie rappresentano dunque opportunità notevoli, ma anche spade a doppio taglio. Se favoriranno la convergenza socioeconomica dei territori dell’Unione, o, al contrario, la “balcanizzeranno” in un ritorno degli Stati-Nazione, dipenderà dalle scelte degli attori e delle organizzazioni coinvolte. Ma le Stesse strategie, nel corso degli incontri istituzionali, sembrerebbero aver mostrato consapevolezza di questi limiti, contribuendo ad una loro evoluzione dagli esiti ancora da scoprire.
[1] https://ec.europa.eu/regional_policy_it.pdf
[2] Nell’ambito dell’Unione Europea gli Stati sono ripartiti in Nomenclature di Unità Territoriali Statistiche (NUTS). La politica di coesione si applica sui livelli NUTS 2 e NUTS 3, corrispondenti, nel caso italiano, alle regioni e alle provincie. Il livello NUTS 1 indica ripartizioni territoriali di grandi dimensioni come i Länder tedeschi o le macroregiuni romene.
[3] https://ec.europa.eu/regional_policy/it/faq/#2
[4] Sono 5: il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), il FSE (Fondo Sociale Europeo), il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP): https://ec.europa.eu/info/funding-tenders/funding-opportunities/funding-programmes/overview-funding-programmes/european-structural-and-investment-funds_it
[5] http://www.ansa.it/2019/03/13/la-cooperazione-transfrontaliera-in-europa
[6] Cfr. G. Cusimano, L. Mercatanti, La strategia europea delle macroregioni. Opportunità e criticità, in: «AGEI GEotema» n. 57, (2018), p. 9, A. Rodríguez-Pose, The Revenge of the Places That Don’t Matter (and What to Do about It), in: «Cambridge Journal of Regions, Economy and Society» vol. 11, n. 1 (2018), pp. 189–209 e J. Stiglitz, Un’economia truccata in «Le Scienze», n. 606, febbraio 2019, pp. 39-43.
[7] Fabrizio Barca, «AN AGENDA FOR A REFORMED COHESION POLICY A Place-Based Approach to Meeting European Union Challenges and Expectations», Report Indipendente (Commissione Europea DG REGIO, 2009).
[8] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali dell’Unione, in: «federalismi.it», n. 20 (2018), p.3.
[9] Ad oggi l’unico volume comprensivo del tema e dei maggiori risultati di ricerca è: S. Gänzle, K. Kern (a cura di), A “Macro-Regional” Europe in the Making. Theoreitcal Approaches and Empirical Evidence, Palgrave Studies in European Union Politics, 8, London, Palgrave Macmillan, 2016.
[10] Ulteriori informazioni, come anche il testo completo del programma 2019 si trovano sul sito ufficiale della presidenza italiana di EUSALP.
[11]Cfr. L. Cavestri, Macroregioni: le opportunità UE da cogliere, in: «Il sole 24Ore», 11 gennaio 2018. Si veda inoltre la definizione ufficiale della Commissione Europea: European Commission, Report from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions Concerning the Added Value of Macro-regional Strategies, COM 468 final, Brussels, 27 June 2013.
[12] Bianchi, cit.,
[13] S. Gänzle, K. Kern, Macro-regions, ‘Macroregionalization’ and Macroregional Strategies in the European Union: Towards a New Form of European Governance?, in S. Gänzle e K. Kern, (a cura di), A «Macro-Regional» Europe in the Making, cit., pp. 10-11.
[14] Sul CoR si veda il recente: G. Martinico, History of a (Limited) Success: Five Points on the Representativeness of the Committee of the Regions, in «Perspectives on Federalism», n. 10, 2018.
[15] M. Caciagli, Le regioni nell’Unione Europea, in «Quaderni di sociologia [Online]», 2011, URL: http://journals.openedition.org/qds/647
[16] G. Marks, Structural Policy and Multilevel Governance in the EC, in The Single Market, 1993, p. 392. In seguito sviluppata in: L. Hooghe, G. Marks, Types of Multi-Level Governance, in: «Cahiers européens de Sciences Po», n. 3, 2002 e ID., Unraveling the Central State, But How? Types of Multi-Level Governance, in: «The American Political Science Review», Vol. 97 n.2 (2003), pp.233-243.
[17] Per una buona sintesi delle molteplici declinazioni accademiche del concetto Cfr. S. Piattoni, La Governance multi-livello: sfide analitiche, empiriche, normative, in: «Rivista italiana di scienza politica», anno XXXV, n. 3, dicembre 2005, p. 425 e ID., The Theory of Multilevel Governance, Oxford, Oxford University Press, 2010.
[18] P. Bilancia, voce Governance, in Dizionario dei Diritti Umani, Torino, 2007, p. 674.
[19] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali dell’Unione cit., p 3 e segg.
[20] I. McMaster, A. Van der Zwet, Macro-regions and the European Union: The Role of Cohesion Policy, in Gänzle e Kern, (a cura di) A «Macro-Regional» Europe in the Making, cit., pp. 50-51.
[21] COM, Report from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and social Committee and the Committee of the Regions concerning the added value of macro‐regional strategies, Brussels, Final 468, 2013.
[22] Ad esempio, nel caso del mar Baltico, le regioni cooperavano all’interno del Baltic Sea Region Programme. La macroregione alpina, invece, si fonda sulla Convenzione delle Alpi del 1991e sul programma di cooperazione territoriale “Alpine Space”.
[23] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali, cit., pp. 14-15.
[24] D. G. Bianchi, Strategie macro-regionali, cit., p. 6.
[25] Cfr. S. Gänzle, K. Kern, The European Union Strategy for the Baltic Sea Region, in Id. A Macro-Regional Europe in the making, cit., pp. 123 e segg. e C. Van Lierop, EU Strategy for the Baltic Sea Region, EP 583.805, June 2016.
[26] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali, cit., pp. 21.
[27] Quelli esposti qui in rassegna sono una rapidissima carrellata delle varie priorità descritte nei Briefing dell’Europarlamento dedicati alle quattro strategie. Cfr. L. Cavestri, Macroregioni, le opportunità UE da cogliere, in «Il Sole 24Ore», 11 gennaio 2018. Ed inoltre Vivienne Halleux, «EPRS_BRI(2015)The EU Strategy for the Danube Region (EUSDR).Pdf», maggio 2015., M. Vasileios, EPRS_BRI The EU Strategy for the Adriatic and Ionian Region (EUSAIR), ottobre 2015, Christiann Van Lierop, «EPRS_BRI(2016)The EU Strategy for the Baltic Sea Region (EUSBSR).Pdf», giugno 2016., e Vivienne Halleux, «EPRS_BRI(2016)The EU Strategy for the Alpine Region (EUSALP).Pdf», settembre 2016.
[28] Si veda https://www.adriatic-ionian.eu/
[29] B. Cugusi, A. Stocchiero, The European Union Strategy for the Adriatic–Ionian Region, in S. Gänzle, K. Kern, A Macro-Regional Europe in the Making, cit., pp. 169-188.
[30] M. Vasileios, EPRS_BRI The EU Strategy for the Adriatic and Ionian Region (EUSAIR), ottobre 2015.
[31] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali, cit., p. 29 e segg.
[32] Emilio Cocco, «Introduction. The Adriatic Space of Identity», The Adriatic Space of Identity, Nar.umjet, 43, n. 1 (2006), pp. 7–14.
[33] Si veda: https://www.alpine-region.eu/
[34] Su EUSALP si vedano gli ottimi approfondimenti di Melanie Plangger: M. Plangger, Building Something Beautiful with Stones: How Regions Adapt to, Shape and Transform the EU Opportunity Structure, in «Regional & Federal Studies», vol. 28, n. 1 (2018), pp. 1–24 e M. Plangger, De-and Re-Bordering the Alpine Space: How Cross-Border Cooperation Intertwines Spatial and Institutional Patterns of Exclusion and Inclusion, Subordination and Horizontality, in «Journal of Borderlands Studies», (2018), pp. 1–23, Inoltre J. Bälsinger, The European Union Strategy for the Alpine Space, in Gänzle e Kern, A «Macro-Regional» Europe cit., pp. 189-213.
[35] Sulla SNAI si vedano i recenti lavoro di A. De Rossi (a cura di), Riabitare l’Italia, Donzelli, Roma, 2019 e G. Carrosio, I margini al centro, Donzelli, Roma, 2019.
[36] Informazioni raccolte dall’autore nel corso di colloqui informali a Bruxelles con Marco Onida, delegato della Commissione all’Executive Board di EUSALP, Mercedes Bresso e Isabella De Monte, ex parlamentari parte dell’intergruppo RUMRA dell’Europarlamento, Franco Iacop, membro del Comitato delle Regioni e consigliere regionale FVG, Raffaella Viviani, coordinatrice dell’Ufficio di Collegamento della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia a Bruxelles e Roberta Negriolli, responsabile Strategie Macroregionali dell’Ufficio di Regione Lombardia a Bruxelles.
[37] A. Stocchiero, Macro-regioni Europee: del vino vecchio in una botte nuova?, «CeSPI, Working Paper» n. 65, aprile 2010, pp. 1-12.
[38] R. Cattaneo, Opinion of the European Committee of the Regions on the implementation of macro-regional strategies, adopted at the Plenary Session of 30 November – 1 December 2017.
[39] Ibidem.
[40] S. Carsten e K. Peer, EU Strategy for the Baltics Sea Region. Core Europe in the Northern Periphery?, Working Paper FG1, Stiftung Wissenschaft und Politik, Berin, 2009.
[41] A. Stocchiero, Macro-regioni Europee, cit.
[42] Sul tema del new regionalism cfr. M. Keating, The New Regionalism in Western Europe, Cheltenham, Eduard Elgar Publisher, 1998 e, più di recente A. Paasi, The Resurgence of the ‘Region’ and ‘Regional Identity’: Theoretical Perspectives and Empirical Observations on Regional Dynamics in Europe, in «Review of International Studies» vol. 35, n. 1 (2009),pp. 121–146.
[43] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali, cit.
[44] L. Bialasiewicz et al., Re-Scaling ‘EU’Rope: EU Macro-Regional Fantasies in the Mediterranean, in «European Urban and Regional Studies», vol. 20, n. 1 (2013), pp. 59–76.
[45] G. Cusimano, L. Mercatanti, La strategia europea delle macroregioni, cit., pp. 14-15.
[46] D. G. Bianchi, strategie macroregionali dell’Unione europea, cit., pp. 21-22.
[47] L. D’Ettorre, Le strategie macroregionali, cit.
[48] . L. Cavestri, Macroregioni, le opportunità UE da cogliere, in «Il Sole 24Ore», 11 gennaio 2018.