L’Italia nel rapporto annuale Istat 2017
- 24 Maggio 2017

L’Italia nel rapporto annuale Istat 2017

Scritto da Lorenzo Cattani

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Istat 2017: ereditarietà del livello d’istruzione

La diffusione delle conoscenze è il principale motore di riduzione delle disuguaglianze, nonché importante strumento per la mobilità sociale, l’uguaglianza all’interno del sistema educativo è quindi un nodo cruciale da sciogliere per poter costruire una società realmente dinamica. I dati Istat confermano che per l’Italia c’è ancora molta strada da fare: il reddito e il titolo di studio dei genitori condizionano fortemente le scelte fatte dai figli sugli indirizzi di istruzione secondaria, di iscrizione all’università e influenzano anche la possibilità di completare gli studi. Da questi dati il rapporto Istat arriva ad affermare che l’uguaglianza di opportunità viene garantita solo per la scuola dell’obbligo, tenendo però conto che i tassi di abbandono sono fortemente correlati col titolo di studio dei genitori anche per l’obbligo scolastico.

Il primo dato fondamentale su cui infatti parte il rapporto è proprio la parziale sovrapposizione fra la scelta dell’indirizzo secondario decisa dagli studenti rispetto al titolo di studio dei genitori. Chi ha almeno un genitore che ha frequentato il liceo ha infatti una probabilità di tre volte superiore alla media di iscriversi al liceo, mentre chi ha i genitori con al più la terza media vede questo dato ridursi a meno della metà della media nazionale. Questa realtà assume un’importanza molto rilevante quando si prende in considerazione che solo il 6,1% degli studenti diplomati in un istituto diverso dal liceo era ancora impegnato negli studi a 4 anni dal conseguimento del diploma, contro il 53,4% dei diplomati al liceo. Nelle famiglie dove la persona di riferimento ha invece un titolo superiore alla licenza media, il rapporto fra diplomati dei licei e degli istituti professionali è superiore di otto volte alla media nazionale per la classe dirigente, di tre nelle pensioni d’argento e di quasi due nelle famiglie di impiegati. Questo rapporto scende, accostandosi al 40-60% della media quando si prendono in esame i giovani blue-collar e le famiglie a basso reddito, valore inferiore anche alle famiglie degli operai in pensione e delle famiglie tradizionali della provincia. Il titolo di studio tende quindi ad essere trasmesso in maniera quasi ereditaria, poiché il 60% dei figli dei laureati ha ottenuto a sua volta una laurea, a fronte di solo un 10% dei figli di chi non va oltre la licenza media. Il rapporto cattura anche un’ereditarietà professionale che coinvolge soprattutto i laureati in giurisprudenza e architettura, per cui avviene una “staffetta generazionale” per le professioni di avvocato e architetto. Ciò che però preoccupa maggiormente è che fra i giovani di 25-34 anni con diploma, la quota di coloro che sono ancora impegnati nel sistema educativo è del 7% per chi ha genitori con al più la licenza media e del 37% per i figli dei laureati.

Al fine di scongiurare una società ingessata, dove i differenti gruppi risultano divisi come fossero compartimenti stagni, sarà fondamentale che la politica prenda in seria considerazione il tema dell’equità nella scuola. Nonostante la riforma del 3+2 abbia aumentato le iscrizioni all’università (l’Italia è comunque al di sotto della media OCSE per numero di laureati), è cruciale scongiurare un aumento selettivo, per questo sarà quindi fondamentale lavorare sul lato dell’università, investendo sulle strutture piuttosto che fare discorsi relativi al numero chiuso, ma allo stesso tempo bisogna scongiurare la formazione di un’istruzione secondaria “di serie A” e una “di serie B”, investendo sia sulla didattica che cercando di uniformare il profilo degli studenti. In tutto ciò appare fondamentale garantire un uguale accesso anche a circuiti formativi post-universitari e di ricerca, assicurandosi che le circostanze familiari non influenzino il merito, motivo per cui potrebbe essere consigliabile investire ulteriormente sulle borse di studio. Un ultimo avviso, non avendo di commentare il dato che però viene preso in esame dal rapporto, è quello sui lavoratori sovraistruiti: garantire un corretto matching tra domanda e offerta di lavoro, provando a garantire lavori in linea con la formazione degli individui sarà una sfida fondamentale.


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[1] La Tfp è stata anche calcolata relativamente alla tipologia di beni prodotti, registrando un aumento del 7% per i beni intermedi, del 4,5% per i beni di consumo, del 2,9% per commercio, trasporti e pubblici esercizi, dello 0,8% per le costruzioni, mentre ha registrato un calo dello 0,4% per i servizi alle imprese e del 1% per i beni d’investimento.


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Scritto da
Lorenzo Cattani

Assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna dove ha conseguito un dottorato di ricerca in Sociologia e ricerca sociale. Ha frequentato un Master in Human Resources and Organization alla Bologna Business School (BBS) e conseguito la laurea magistrale in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Bologna.

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