Che ne sarà di Cuba?
- 30 Maggio 2019

Che ne sarà di Cuba?

Scritto da Federico Nastasi

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Cuba alle porte del 2020 è sotto la pressione di numerosi fattori, esterni ed interni. A 60 anni dalla vittoria dell’esercito ribelle di Fidel Castro, resisterà la rivoluzione alle forze che spingono per un cambiamento? Lo stato socialista sarà in grado di governare una transizione graduale, come avvenuto in Cina negli anni Ottanta, o ci sarà una normalizzazione rapida al modello di mercato del vicino nordamericano? Quella che segue è una riflessione sul possibile futuro dell’isola caraibica, mentre un nuovo attore si presenta sulla scena: la “classe media” cubana.

 

Cuba nel secolo XXI: luci e ombre di 60 anni di castrismo

Il 2019 è un anno di ricorrenze e novità per l’isola caraibica: a gennaio si è celebrato il sessantesimo anniversario della vittoria dell’esercito ribelle di Fidel Castro sulla dittatura di Fulgencio Batista.

A febbraio, poi, è stata ratificata da referendum popolare la nuova costituzione, che sostituisce quella del 1976. Il voto è stato accompagnato da una tenace campagna social dell’opposizione, illegale a Cuba, la quale tradizionalmente manifesta il suo disaccordo astenendosi o votando bianco. L’86% degli elettori ha votato a favore, con un’affluenza del 84%.

Nella nuova costituzione, benché si dichiari che Cuba non tornerà mai al capitalismo, si riconoscono le forme di proprietà privata, cooperativa e mista, ratificando così il processo di apertura dell’economia socialista iniziato negli anni Novanta. La salute pubblica è definita responsabilità dello Stato, l’educazione un diritto per tutti; nel diritto di famiglia si riconosce il matrimonio egualitario, i minori sono soggetti di diritto, si afferma la responsabilità dei figli nella cura dei padri e dei nonni. Le spiagge e i giacimenti naturali sono proprietà pubblica, propriedad socialista de todo el pueblo, i mezzi di comunicazione non possono essere proprietà privata, riconfermando quindi il controllo statale sulla stampa ufficiale.

Cuba

Si ringrazia l’artista cubano Julio César García per la concessione della foto Armando, appartenente alla serie “El reino de este mundo”, 2018.

Inoltre, dall’aprile del 2018, il presidente cubano è Miguel Díaz-Canel, il primo che non porta il cognome Castro dal 1959. Ma soprattutto rappresenta una nuova generazione politica, che non avendo combattuto nella rivoluzione non ha la stessa legittimazione delle armi della generazione precedente. Una legittimazione che dovrà guadagnarsi con l’azione di governo, attraverso la soluzione dei vari e urgenti problemi dell’isola. Innanzitutto, quelli economici.

 

Cuba: Paese in via di sviluppo, problemi da paese sviluppato

L’economia cubana è un ibrido pubblico-privato dove si mescolano varie forme di produzione, diritti di proprietà, investimento, con un welfare smagrito, grandi compagnie pubbliche gestite dalle burocrazie tecniche/militari in settori strategici dell’economia, e il sistema del partito e del sindacato unico. Cuba, come molti paesi latinoamericani, esporta materie prime e importa beni industriali. La crisi degli anni Novanta ha accelerato la deindustrializzazione e danneggiato la produzione agricola, peggiorando la bilancia commerciale. Dal 2000 al 2016, le importazioni sono cresciute del 38%, mentre le esportazioni si sono più che dimezzate, -57%[1], con il deficit commerciale che è quasi quadruplicato. Zucchero grezzo, tabacco e rum rappresentano il grosso dell’export, mentre le importazioni riguardano il petrolio e prodotti alimentari, soprattutto grano e latte. Caduta l’URSS, il principale partner commerciale è la Cina, numerosi sono i programmi di cooperazione con Pechino, tra questi lo sviluppo del trasporto pubblico che ha portato lungo le strade cubane i bus di fabbricazione cinese Youtong.  Il petrolio arrivava a prezzi concordati dal Venezuela, in seguito però l’instabilità politica del regime di Maduro ha portato ad aumentare le importazioni da Russia e Algeria.

La struttura industriale[2] dell’isola è caratterizzata da bassa produttività, poca incorporazione di scienza e tecnologia e scarsa differenziazione. Il principale investimento di politica industriale degli ultimi anni, il porto di Mariel e la sua zona economica speciale, è ancora in fase di decollo, con l’obiettivo di intercettare una parte delle navi container in transito dal Canale di Panama[3], ma sconta i limiti della debole attività di esportazione. Una felice eccezione è il settore dei prodotti farmaceutici e botanici, la cui produzione è in costante aumento e impiega forza lavoro altamente qualificata.

L’economia cubana vive di molti paradossi, tra questi il dover affrontare fenomeni tipicamente da mondo sviluppato: l’invecchiamento della popolazione, lavoratori più istruiti rispetto alle occupazioni che svolgono, terziarizzazione dell’economia. Agli inizi del 2000, Oscar Espinosa Chepe, economista e dissidente politico cubano, denunciava la mancanza del diritto al progresso economico nel suo paese[4]. Oggi sembra esserci una qualche forma di progresso, concentrato però in pochi settori, i cui benefici restano nelle tasche di pochi. Questa minoranza è rappresentata dai cuentapropistas, piccoli proprietari di un affittacamere, un ristorante, un’automobile, che stanno costituendo la nuova “classe media” cubana – concetto da maneggiare con cautela ai tropici, ma che rende l’idea del fenomeno – che prospera grazie al sistema della doppia valuta.

 

La doppia moneta

Il paese ha due monete ufficiali: il peso cubano (CUP) e il peso convertibile (CUC). Quest’ultimo è stato gradualmente introdotto a partire dal 2003, per rafforzare la politica monetaria contro la dollarizzazione dell’economia. Di fatto il dollaro circolava sull’isola dall’inizio degli anni Novanta, durante il cosiddetto. “periodo speciale”, che nel gergo ufficiale cubano indica la catastrofe economica seguita al crollo dell’URSS.

Oggi però si sono create due economie parallele: chi viene pagato in CUC ha un salario decisamente più alto della media dei salari in CUP. I salari del settore pubblico sono pagati in CUP e il loro potere d’acquisto è limitato. Chi lavora nei settori più produttivi, nel turismo, negli investimenti esteri, riceve rimesse dall’estero, ha un salario in CUC e un potere d’acquisto maggiore. Questo è il motivo per cui si dice che a Cuba ci sono i tassisti più istruiti del mondo, non è raro infatti imbattersi in un medico o un insegnante che ha scelto di guidare un taxi per guadagnare in pochi giorni l’equivalente di un mese di stipendio in CUP.

Il sistema della dualità monetaria non sembra più sostenibile, ormai anche economisti ufficiali come Armando Nova Gonzalez[5] indicano apertamente l’urgenza di un cambio. Nel quadro della cooperazione tra l’isola e l’UE, l’Unione sta offrendo assistenza tecnica e consulenze per guidare il processo di unificazione monetaria, sulla scorta dell’esperienza euro[6]. Non basterà unificare le monete per risolvere i problemi delle disuguaglianze salariali, causate soprattutto da una grande differenza di produttività tra i settori.

La nuova “classe media”, impiegata nei settori a produttività maggiore e con salari in CUC, ha nuove abitudini e stili di vita (sta crescendo il turismo dei cubani dentro l’isola) e, soprattutto, risparmia. La teoria economica riconosce al risparmio una funzione fondamentale per determinare l’investimento e la domanda. Il problema fondamentale di Cuba è come orientare questo risparmio verso investimenti e imprenditorialità privata, dato che la struttura istituzionale dell’economia socialista non permette l’investimento su grande scala di imprese private e le modifiche finora attuate sembrano limitate e su piccola scala (Palacios, 2012). Dalla nuova “classe media” cubana può nascere la pietra d’inciampo del regime cubano, il quale deve rapidamente trovare una soluzione a questo possibile corto circuito risparmio-investimento privato o rischia di mettersi contro la parte più dinamica della società cubana.

 

Reggaeton e Fidel Castro. Un quadro politico sociale

Il Malecón, il lungomare de L’Avana, è una lente attraverso cui osservare la Cuba odierna. Tra le case diroccate de L’Avana Vieja, che ricordano Bari vecchia o i mercati storici di Palermo, le persone vivono dappertutto e nelle condizioni più disparate, inventando soluzioni fantasiose ai numerosi problemi della vita quotidiana, aggravate dagli uragani che hanno colpito l’isola a inizio anno, nell’indifferenza dei media occidentali. C’è povertà, non ci sono lussi né miseria, non ci sono senzatetto né bambini a chiedere le elemosina, protagonisti onnipresenti di molte città latino-americane.

La nuova generazione cubana ascolta il reggaeton, la musica commerciale prodotta negli studi di Puerto Rico, veste in stile occidentale, studia l’inglese per interagire con i turisti e vive di espedienti. Uno dei più diffusi è fare la “mula”, cioè partecipare a un viaggio all’estero per importare prodotti che altrimenti non arriverebbero a Cuba, mercanzie di ogni tipo, abbigliamento, arredamento, tecnologia, da rivendere sul mercato nazionale. Si organizzano viaggi in gruppo verso i grandi centri commerciali di Panama City, con uno degli otto voli giornalieri che partono dall’aeroporto de L’Avana.

Cuba ha sconfitto l’analfabetismo da tempo. Il livello di cultura diffusa è notevole, come mostra l’indice di sviluppo umano (UNDP HDI, 2018), che posiziona Cuba 73esima tra 187 paesi, un buon risultato, molto al di sopra della media mondiale e latino-americana. L’istruzione è gratuita, al punto che una delle tante battute amare che circolano a Cuba è che ci siano le prostituite più istruite del mondo.

L’immaginario cubano mescola i volti degli eroi della rivoluzione – l’unica propaganda presente su un’isola indenne da pubblicità commerciale – e culti più antichi, dal cattolicesimo fino alla santeria, sincretismo tra cattolicesimo e culti degli schiavi africani. La Cuba sotterranea coltiva culti tollerati dal regime, come racconta un bel reportage fotografico di Nicola Lo Calzo, pubblicato da Internazionale[7].

C’è poi uno scenario artistico rilevante, riunitosi attorno l’ultima edizione della biennale dell’arte, intitolata enfaticamente La costruzione del possibile, dislocata tra l’Avana e Matanzas (l’Atene di Cuba) che ha portato sull’isola artisti di tutto il mondo e ha esposto una produzione artistica locale di ottimo livello.

L’Avana è una capitale multirazziale, intere città cubane sono a maggioranza di afro-discendenti. Gli africani arrivarono schiavi sull’isola per la coltivazione della canna da zucchero della corona spagnola. Oggi il razzismo però non è un problema sull’isola, basti vedere la dinamica demografica che ha portato al ridursi della popolazione bianca e nera, e all’aumentare di quella meticcia. E anche il maschilismo sembra non avere la stessa portata che in altri paesi della regione. Le donne sono ben integrate nella società cubana, ricoprono incarichi di responsabilità, non c’è discriminazione salariale di genere per legge, più della metà dei membri dell’Assembla nazionale del potere popolare (il parlamento cubano) è composto da donne e presieduto da un afro-discendente.

I cubani si vantano del loro proverbiale senso di sopravvivenza, il cubano “lotta, lavora e inventa” racconta un tassista interrogato su come abbia fatto a comprarsi la casa in cui vive. Tuttavia, il senso di sopravvivenza del cubano e l’inefficienza del settore pubblico alimenta uno dei principali problemi dell’isola: la corruzione.

 

L’alternativa è dentro Cuba

Donato Di Santo[8] scrisse nel 2004, quando l’isola cominciava a risollevarsi dal periodo speciale e Fidel si preparava a passare il testimone al fratello, che l’alternativa per Cuba era dentro Cuba. Quindici anni dopo, qual è lo scenario dell’opposizione? Nell’isola esistono gruppi di opposizione al regime, tra fine anni Novanta e Duemila sono fioriti diversi documenti dell’opposizione politica democratica, sono cresciute le organizzazioni d’opposizione, beneficiando anche delle aperture concesso da Raul Castro. Tra queste, una delle più interessanti è il MCL-Movimento Cristiano di Liberazione, fondato nel 1988 da Oswaldo Payà. Si è caratterizzato per uno stile di opposizione costruttivo, attraverso proposte di legge con migliaia di sottoscrizioni per la liberalizzazione dei diritti politici e civili. Il movimento ha subito una battuta d’arresto dopo la sua morte, avvenuta nel 2012, in un incidente stradale dai contorni poco chiari.

I dissidenti esuli cubani hanno firmato lo scorso anno a Miami, Florida, un manifesto per la transizione democratica. L’iniziativa è stata promossa dal Gruppo per l’appoggio alla dissidenza e alla democrazia di Miami, uno dei principali intermediari nella gestione dei fondi del governo USA per appoggiare l’opposizione cubana.

Chi cerca di aggirare la stampa ufficiale è il gruppo di bloggers indipendenti riuniti attorno al sito 14 y Medio, promosso da Yoani Sànchez come progetto di giornale digitale che offre a tutto il mondo il punto di visto del movimento d’opposizione. Chiaramente, i limiti di accesso a internet a Cuba ne riducono la diffusione.

 

Shock o gradualismo?

Sembra passato un secolo dal marzo 2016, quando a Plaza de la Revolucion suonarono i Rolling Stones e arrivò in visita ufficiale nella capitale il primo presidente USA dal 1928, Barack Obama. Il quale, riferendosi ai rapporti con Cuba e a quelli con l’intera regione, dichiarò: «Non sarò un prigioniero del passato». Oggi sembra essere tornato il passato, i rapporti tra USA e Cuba sono ridotti ai minimi storici. L’ambasciata statunitense a Cuba non fornisce visti di accesso, cosicché i cubani devono recarsi agli uffici diplomatici in Guyana. Trump sembra dare molto peso alla destra estrema cubana della Florida, determinante per la vittoria del 2016. A fine aprile 2019, ha rafforzato la legge Helms-Burton de EE.UU, stingendo il blocco commerciale e finanziario e danneggiando le molte imprese straniere, europee e canadesi, che operano sull’isola. Il punto di frizione più forte tra USA e Cuba si consuma sull’appoggio al governo di Maduro. Un cambio di regime a Caracas potrebbe impattare molto negativamente sull’economia cubana. D’altronde, la fine del ciclo dei governi progressisti nella regione ha già isolato Cuba, che aveva beneficiato di un nuovo ruolo nell’idea dell’integrazione regionale e tornando a partecipare alla Cumbre de Americas dal 2015. Oggi il quadro geopolitico non è favorevole alla stabilità cubana, con l’avanzata delle destre in America, da nord a sud.

Il sistema politico economico cubano non sembra poter durare a lungo, senza un cambio radicale o una riforma graduale, ma profonda. I fattori di pressione esterna aumentano: l’irrigidimento delle relazioni con gli USA, influenzate dalla comunità cubana della Florida; la crisi venezuelana, il maggior partner commerciale e politico nella regione. La novità sembra soprattutto però a livello interno: la nascita di una nuova “classe media”, una piccola imprenditoria che beneficia dell’apertura internazionale di Cuba, non necessariamente continuerà a sostenere il governo rivoluzionario, soprattutto se questo non sarà in grado di rinnovarsi per indirizzare le scelte di investimento della nascente élite cubana. Il rinnovamento del regime può passare da un socialismo di mercato, sul modello cinese di Xiaoping degli anni 1980, ma per il quale servono capacità di guida e controllo dello Stato che oggi Cuba sembra non avere. All’estremo opposto, si prospetta una soluzione di normalizzazione, come auspicata dalla destra cubana della Florida, la transizione al capitalismo per chiuderebbe definitivamente l’anomalia cubana, la cui rivoluzione aveva suscitato tante speranze tra i cubani e nel mondo sessanta anni fa.


[1] Anuario estadístico de Cuba, Sector Externo, 2016.

[2] Per una interessante diagnostica dell’economica cubana si veda Correa Mautz, Felipe. (2014). Growth Diagnostic: las restricciones al crecimiento de Cuba para el siglo xxi. Economía y Desarrollo151(1), 136-148.

[3] Perfil Marítimo y Logístico, Cepal, 2019.

[4] Espinosa Chepe, O. (2007). Cuba: Revolución o Involución.

[5] Armando Nova González, Unificación monetaria y cambiaria en Cuba: decisión impostergable, Cuba debate, 28 marzo 2019

[6] N. Acosta, EU offers to assist Cuba with monetary consolidation: EU official, Reuters

[7] Cuba sotterranea, Internazionale, 27 marzo 2017

[8] Per una panoramica sull’opposizione cubana tra anni 1990 e 2000, si veda D. DI SANTO LE VOCI DI DENTRO: COSÌ NASCE LA NUOVA CUBA, 20/10/2004, Cuba dopo Cuba, Limes 4/04


La foto di copertina dell’articolo, scattata a L’Avana Vecchia, è di Giacomo Buzzao – [CC0 Creative Commons], attraverso unsplash.com

Scritto da
Federico Nastasi

Dottorando in Economia all’università ‘La Sapienza’, con una tesi sulla migrazione di massa nell’Argentina di fine Ottocento. In passato ha studiato e vissuto in Francia, Spagna, Grecia, Italia e Uruguay. Oggi vive e lavora a Santiago del Cile, punto di partenza per esplorare il continente latinoamericano.

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