Recensione a: Davide Mazzocco, Cronofagia, D Editore, Roma 2019, pp. 202, euro 12,90 (scheda libro)
Scritto da Luca Picotti
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«Partendo dal concetto di cronofagia di Jean-Paul Galibert, in questa sede ci interrogheremo sulla voracità con la quale il capitalismo si nutre del tempo delle masse. Grazie a raffinate strategie di marketing e all’illusione della gratuità, i capitalismi vecchi e nuovi colonizzano il tempo libero delle persone e, non paghi di estrarre valore dal loro lavoro e ricavare profitti dai loro consumi, cercano di spostare le frontiere del guadagno oltre i vecchi confini. Il sonno è la terra promessa, una delle poche nicchie di resistenza all’invadenza del capitale».
Con queste parole si può riassumere il nucleo del libro del giornalista freelance Davide Mazzocco, un agile volume edito da D editore che con un linguaggio talvolta marxisteggiante passa in rassegna alcuni dei caratteri principali del capitalismo contemporaneo. L’approccio, provocatorio e ironico allo stesso tempo, è volto non tanto ad una critica strutturata del capitalismo nei suoi aspetti economici, politici e culturali, impossibile in poco più di centocinquanta pagine, bensì a offrire spunti di riflessione, in modo che il lettore faccia propri i tasselli del mosaico, collegandoli e unendoli. L’analisi dell’Autore si mantiene perlopiù su un piano astratto, spesso al di sopra della complessità del reale, in modo da tratteggiare lo Zeitgeist, offrendo così una fotografia del mondo capitalistico che, per quanto forse sfumata data la vastità dell’oggetto, appare, se non vera, quantomeno verosimile.
La bulimia dell’ipercapitalismo, scrive Mazzocco, non può essere circoscritta al solo tempo del lavoro come in Marx, ma va estesa anche al tempo libero. Il filosofo francese contemporaneo Jean-Paul Galibert, la cui opera I Cronofagi ha ispirato il titolo e i contenuti di questo volume, descrive l’individuo come «simultaneamente una quantità di tempo disponibile per la cronofagia e una quantità di denaro disponibile per l’ipercapitalismo. Questa regola si erge a condizione della nostra esistenza, al punto di diventare la nuova condizione umana. Nell’ideale di disponibilità, l’uomo diventa un doppio giacimento di denaro e di tempo da prelevare senza limiti ma è necessario che si stabilisca un rapporto di equivalenza tra il tempo di cui lo si priva e il denaro di cui lo si alleggerisce».
L’Autore, ancora riprendendo Galibert, lancia un deciso j’accuse al marketing, che con le sue sempre più raffinate tecniche riesce a monetizzare l’immaginazione dell’uomo, estraendo così un profitto dal desiderio che lo stesso marketing alimenta. In particolare, Mazzocco si concentra sulla pubblicità, mettendo a nudo le sue tecniche manipolatrici, sempre con uno stile ironico e provocatorio che ricorda il fortunato romanzo Lire 26.900 dello scrittore francese Frédéric Beigbeder.
Il continuum tra lavoro reale e lavoro immaginario (quello che il marketing costruisce, come abbiamo appena visto) non dovrebbe, per il capitalismo cronofago, incontrare interruzioni e proprio per questo, scrive l’Autore, l’ultimo nemico non può che essere il sonno. Non a caso, è celebre l’affermazione rilasciata nell’aprile 2017 dal CEO di Netflix, Reed Hastings: «Quando guardi uno spettacolo di Netflix e ne diventi dipendente rimani sveglio fino a tarda notte. Alla fine, siamo in competizione con il sonno ed è una grande quantità di tempo». (p.31). Mazzocco riporta alcuni dati, assieme a tutte le invenzioni che dall’illuminazione pubblica a Netflix si sono interposte tra noi e il sonno, per suffragare la tesi sul capitalismo cronofago: all’inizio del XX secolo si dormiva mediamente per dieci ore a notte, nella seconda metà del Novecento circa otto ore; oggi uno statunitense dorme mediamente per sei ore e mezzo – inoltre, il 12,4% della popolazione statunitense soffre disturbi del sonno e il 30% della popolazione adulta ogni anno fa i conti con episodi di insonnia. Dati alla mano, scrive l’Autore, in un secolo il tempo del sonno è stato ridotto di un terzo.
Dopo un paragrafo dedicato al tempo sottratto alle masse dalle incombenze burocratiche – sempre più pervasive – Mazzocco si concentra sui social network e in particolare su Facebook, l’azienda che può contare su oltre 2,27 miliardi di dipendenti. Negli ultimi quindici anni i social network hanno creato una massa di, per dirla con l’Autore, doppiolavoristi inconsapevoli. Questa dinamica socio-economica è stata analizzata con grande raffinatezza da Paul Mason, di cui Mazzocco riporta un’acuta ed esemplificativa riflessione – che ci sentiamo di riportare integralmente in quanto sintetizza limpidamente i tratti principali del mondo interconnesso toccati dal volume:
«I rapidi progressi della tecnologia stanno alterando la natura del lavoro, cancellando i confini tra lavoro e tempo libero e imponendoci di partecipare alla creazione di valore non soltanto sul luogo di lavoro, ma in tutte le attività quotidiane. Questa evoluzione ci conferisce personalità economiche multiple, il ché rappresenta la base economica che ha fatto emergere un nuovo tipo di persona, dalle molteplici identità. È questo il nuovo tipo di persona, l’individuo interconnesso, l’alfiere della società ipercapitalistica che potrebbe emergere. La direzione tecnologica di questa rivoluzione è in contrasto con la sua direzione sociale. Dal punto di vista tecnologico siamo diretti verso merci a prezzo zero, lavoro non misurabile, decollo esponenziale della produttività ed estesa automazione dei processi fisici. Dal punto di vista sociale, siamo intrappolati in un mondo di monopoli e inefficienze, tra le rovine di un libero mercato dominato dalla finanza e una proliferazione di ‘lavori del cazzo’».[1]
Il nostro tempo speso sui social network crea valore – attraverso le nostre interazioni – ed è in costante aumento: nel 2012 il tempo medio trascorso sui social network era di 90 minuti, nel 2013 di 95, fino ai 135 minuti del 2017. 135 minuti, scrive Mazzocco, non remunerati, che eppure producono dati di enorme valore economico.
L’Autore si focalizza poi sulla fine dei tempi morti, quelli dedicati all’ozio e alla contemplazione, occupati oggi dalla pervasività dei nostri strumenti digitali, disponibili 24/7: gli individui, si legge, sono persi nella Rete. Inoltre, peculiarità del nostro tempo è la tendenza a perseguire la forma breve (ad esempio per i film, sempre più rari oltre le 3 ore nei circuiti cosiddetti mainstream, o per le canzoni, difficilmente reperibili in questi circuiti se di 8 o 10 minuti), come la repentina accelerazione delle nostre vite richiede. Il paradosso, che emerge chiaro da queste pagine, è che l’accelerazione porta a perseguire la forma breve nonostante le numerose ore passate sugli smartphone. In sostanza, è la capacità di concentrazione a dissolversi, non il tempo, che c’è e viene invece assorbito (o divorato, per riprendere il titolo) dalla Rete, rientrando così nel meccanismo di creazione perpetua di valore.
Mazzocco prosegue la sua analisi toccando innumerevoli temi e proponendo al lettore varie immagini suggestive, come quella del non-luogo e del non-tempo tipici del mondo capitalistico iperconnesso; le riflessioni dell’Autore spaziano dal tema della vacanza e del turismo a quello più distopico della crioconservazione, passando per l’erosione della memoria. Il denominatore comune a tutte queste questioni risiede nella pervasività del sistema capitalistico così come si presenta oggi, quindi nella sua forma avanzata e sorretta dalle tecnologie. L’unico progetto ontologico di questo sistema, per riprendere il Galibert citato nelle prime pagine, è quello di fare in modo che «la reddittività sia il principio, la causa unica e il solo criterio dell’essere e del non essere».
Proprio per questo motivo l’Autore conclude il volume con un appello di resistenza contro la depredazione del tempo: «Il valore del tempo deve essere messo al centro della politica, delle decisioni sul Welfare, della pianificazione urbana e dell’organizzazione del lavoro, deve diventare una priorità nel dibattito sui Big Data e sui limiti dello sviluppo. Solo riuscendo a stabilire un collegamento fra questo concetto così astratto e insondabile e ciò che c’è di più concreto e comprensibile nelle nostre esistenze si può prendere coscienza di quanta libertà dobbiamo riprenderci. Non domani, oggi. Non gli altri, noi».
Il libro di Mazzocco si propone di criticare i caratteri del capitalismo contemporaneo prestando particolare attenzione al rapporto tra questo e il nostro tempo. Non ci troviamo di fronte ad un saggio che esamina in modo analitico e sistematico le criticità del capitalismo, non è questo l’intento del volume. La brevità del libro, i riferimenti all’esperienza personale cui ricorre talvolta l’Autore, il tono provocatorio e il linguaggio radicale rendono queste pagine una lettura scorrevole e suggestiva, da cui prendere spunti per acquisire consapevolezza sul presente senza accettarlo in modo acritico. Le numerose domande che solleva sono utili per partorire un pensiero critico in grado di confrontarsi con la complessità del reale. Forse è questo il maggiore merito del libro: accendere la curiosità e il dubbio.
[1] Paul Mason, Postcapitalismo, Il Saggiatore, Milano 2016, p.178.