Elezioni svedesi: verso una nuova fase politica?
- 11 Settembre 2018

Elezioni svedesi: verso una nuova fase politica?

Scritto da Riccardo Ottaviani

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Le elezioni legislative 9 settembre 2018 hanno catalizzato l’attenzione dei media internazionali sulla politica svedese probabilmente come mai era accaduto prima. Il motivo principale è senza dubbio l’interesse suscitato dai nazionalisti di Sverigedemokraterna (SD, Democratici Svedesi).

La svolta storica immaginata da molti non è arrivata, ma non mancano elementi di novità e incertezza nello scenario politico che verrà delineandosi nei prossimi giorni.

I due principali partiti tradizionali, Socialdemokraterna (S, i socialdemocratici) e Moderaterna (M, partito di stampo liberalconservatore) si dimostrano in fase calante. Nonostante sia il risultato dei primi a destare maggior scalpore sulla stampa internazionale — del resto siamo difronte al peggior risultato della socialdemocrazia svedese da circa un secolo a questa parte —, va notato che è Moderaterna a registrare la perdita di voti maggiore, con un risultato poco al disotto del 20% per il partito del leader dell’opposizione Ulf Kristersson.

Sverigedemokraterna continua la sua scalata, come ampiamente previsto, ma si ferma qualche punto sotto al 20% e nuovamente terzo partito di Svezia: un risultato importante, ma che non segna il sorpasso sperato dall’uomo del momento della politica svedese, Jimmie Ǻkesson.

In questo scenario, l’unica certezza emersa è il sempre crescente grado di difficoltà cui i leader politici dovranno far fronte nel tentativo di trovare una maggioranza funzionale sul piano istituzionale e accettabile dal proprio elettorato.

La stabilità di un sistema politico maturo come quello scandinavo, già messa a dura prova negli ultimi anni — qui un approfondimento a riguardo —, è sottoposta a ulteriore stress generato dalla mancanza di chiari vincitori in questa tornata elettorale.

Proveremo ora ad analizzare i risultati — non ancora ufficiali per qualche giorno, a causa di ritardi dovuti al voto per corrispondenza, ma già ben delineati — cercando di non soffermarci solamente su SD, ma di cogliere i vari aspetti della tornata elettorale, tra cui un rafforzamento di Vänsterpartiet, la sinistra all’opposizione, e l’indebolimento dei Verdi, partner di governo dei Socialdemocratici nella legislatura passata. Cercheremo infine di trarre alcune considerazioni e qualche riflessione sul futuro prossimo della politica di Stoccolma.

 

Non solo Sverigedemokraterna: cosa dicono i risultati

Il sistema elettorale svedese è di tipo proporzionale con soglia di sbarramento al 4%. Sono otto i partiti ad aver superato questa soglia e a partecipare dunque alla spartizione dei 349 seggi del Riksdag, il Parlamento unicamerale svedese.

Il partito che avrà più seggi sarà ancora una volta Socialdemokraterna, che ha ottenuto un risultato del 28,4%. S ha perso un ulteriore 3% di voti in confronto al risultato ottenuto nel 2014, resistendo pertanto meglio di quanto i sondaggi indicavano sino a pochi giorni fa. Resta il problema di base: S è in costante perdita a discapito di forze politiche opposte come quella dei Democratici Svedesi. Se nel Norbotten e nel Västerbotten, regioni all’estremo Nord della Svezia, si registrano ancora percentuali d’altri tempi — in flessione, ma ancora attorno al 40% — la situazione nel Sud si fa ben diversa.

Il partito del premier uscente Löfven, al di là delle sicure difficoltà che incontrerà nella formazione del governo, è chiamato a una riflessione radicale per invertire la rotta. S ha ancora una posizione dominante fra gli over 65, ma perde sempre più terreno tra i giovani a favore delle forze politiche di destra[1].

La gestione della crisi migratoria, in particolare l’ambiguità mostrata dopo la politica delle “porte aperte” — da oltre 160000 arrivi nel 2015 si è passati a 25000 nel 2017 — ha scontentato molti e ha creato varie tensioni all’interno del partito. Ed è proprio il tema dell’immigrazione ad essere divenuto nel giro di qualche anno da tabù della politica svedese a tema principale dello scontro politico. Il ruolo di SD in questa operazione è centrale.

Per quanto riguarda l’Alleanza, blocco di opposizione che riunisce le forze di centro-destra, la situazione è di un sostanziale pareggio col blocco di centro sinistra. Tuttavia, come accennato in precedenza, il risultato di Moderaterna non è stato positivo. Come nel caso di S, i sondaggi prevedevano una forte contrazione rispetto al 2014. Il partito di Kristersson ha ottenuto il 19,8%, un risultato che vale ancora il posto di secondo partito su SD ma che rappresenta una perdita di 14 seggi rispetto al 2014. Molto interessante è invece l’avanzata del Centerpartiet, partito agrario centrista che sotto la guida giovane e femminile di Annie Lööf — la quale ha già ricoperto ruoli di governo durante gli anni di governo del centro-destra — ha riportato un 8,6%, +2,5% rispetto al 2014. L’abilità nel saper conciliare europeismo e attenzione alle politiche locali, in particolare in merito a piccola e media impresa, agricoltura e ambiente è valso a C un incremento di 9 seggi, collocandosi come quarto partito del Riksdag. In aggiunta a C, a compensare la perdita di voti di M vi sono i cristiano-democratici. Kristdemokraterna ottiene un buon 6,4%, risultato in crescita rispetto al 2014. Infine, il blocco dell’Alleanza è completato da Liberalerna, che con un 5,5% rappresentano la forza minore dell’opposizione ma ad ogni modo importante per via del sostanziale equilibrio fra i due blocchi classici.

Sverigedemokraterna è il partito che guadagna di più in assoluto. Con il 17,6% consolida la sua forza, costruita sui temi dell’immigrazione, della sicurezza, della nazione e dell’euroscetticismo. La contea della Scania, regione natale di Ǻkesson situata nell’estremo Sud del Paese, è la roccaforte del partito, dove il sorpasso su S è ormai prossimo[2].

La percezione di insicurezza diffusasi nell’elettorato svedese, dovuta a una serie di fenomeni quali un aumento della criminalità nelle periferie, l’attentato di Stoccolma del 2017 e altri episodi su cui l’opinione pubblica ha molto discusso — il più peculiare è il sorprendente numero di attacchi dinamitardi improvvisati e di granate circolanti [3]— ha fornito alla campagna elettorale di SD il materiale necessario per confermare e incrementare il trend di crescita del partito.

Limitarsi a etichettare SD come partito xenofobo è riduttivo e non utile a comprenderne l’avanzata: come nel caso della Lega in Italia, SD è stata in grado attirare verso sé i voti dei lavoratori un tempo rivolti a sinistra. Difatti, oltre all’ergersi difensore dalla cultura svedese, SD pone come punto centrale la difesa di quel welfare che il ceto medio vede sempre più in crisi.

La capacità di sfruttare appieno la potenzialità dei social network, inoltre, è sicuramente uno degli elementi che più hanno giocato a favore del partito negli ultimi anni. La comunicazione politica ha pertanto portato SD a superare, quanto meno tra una larga fetta di elettorato, la “demonizzazione” che un partito sorto sulle ceneri di un movimento neonazista, per forza di cose, deve affrontare.

Una menzione particolare la merita Vänsterpartiet, partito post-comunista da sempre all’opposizione, che ottiene il suo miglior risultato dal 1998 a oggi. Dopo aver toccato l’11% nei sondaggi, V raggiunge il 7,9% e porta a 28 seggi la sua presenza in Parlamento. Con una forte presa fra i giovani e fra le donne, il partito potrebbe avere un ruolo chiave nel caso in cui i socialdemocratici decidessero di cercare supporto a sinistra.

Infine, l’ultimo partito che farà parte del Riksdag è il Miljöpartiet, il partito dei Verdi. Reduce dall’esperienza di governo con i socialdemocratici, MP ha ottenuto un risultato che sa di debacle. Superata di poco la soglia di sbarramento, con solo 15 seggi in Parlamento l’appoggio a un nuovo governo di centro-sinistra diviene complesso. Molto si è discusso su come il tema ambientale sia entrato nel dibattito politico svedese in seguito agli effetti del cambiamento climatico, particolarmente visibili quest’anno in Scandinavia con temperature sopra i 30 gradi e incendi disastrosi nei boschi svedesi.

I Verdi non hanno saputo cogliere questa opportunità, dimostrando come i movimenti ambientalisti impegnati in politica, anche in nazioni predisposte alle tematiche ambientali quali appunto la Svezia, non siano in grado a ormai quarant’anni dalla loro formazione di effettuare uno step successivo in termini elettorali.

 

Conseguenze delle elezioni svedesi: cosa aspettarsi

Molto probabilmente le elezioni 2018 segneranno la fine della politica dei blocchi come la conosciamo. Mentre nel 2014 il governo di centro-sinistra ha tenuto, seppur con difficoltà, i numeri usciti dalle urne rendono difficile, anche se non impossibile, una replica del governo Löfven. Prevale al momento la visione, tra i partiti tradizionali, di Sverigedemokraterna come partito inaffidabile e non coalizzabile. Tuttavia, non è scontato che questo scenario rimanga tale, in particolare in seguito alle aperture di Jimmie Ǻkesson verso altri partiti — ossia Moderaterna e Kristdemokraterna —.

Sul piano della politica interna, la discussione principale verterà sulle politiche migratorie e sul modello di integrazione. SD farà valere tutto il suo peso politico su questo tema, avendo costruito il proprio consenso sul contrasto ai flussi migratori.

Sul piano internazionale, invece, va notato come la frangia euroscettica sia cresciuta cospicuamente, sia a destra che a sinistra anche se è da ricordare che l’euroscetticismo ha una forte tradizione in questo Paese, non molto diversamente da Regno Unito e Danimarca. . In tal senso, sarà di grande interesse valutare i risultati delle elezioni europee del maggio prossimo. Non va esclusa inoltre una maggiore discussione sulla NATO, verso la quale SD ha mostrato posizioni ambigue mentre i partiti di centro-destra sembrano essere favorevoli a una piena partecipazione all’Alleanza atlantica.

In conclusione, il Nord Europa non è esente dalle traiettorie cui la politica continentale ci sta abituando. Nonostante la disoccupazione sia inferiore al 6% e il prodotto interno lordo in crescita, le conseguenze generate dalla crisi economica e dall’aumento delle disuguaglianze hanno ripercussioni visibili, perlomeno sul piano politico. I

l famoso “lagom” svedese, l’idea di “il giusto”, “il sufficiente”, “l’adeguato” come quantità e come intensità, nella vita come nella politica, è sempre più insinuato dall’insicurezza, in parte fisiologica per la complessità della globalizzazione, in parte anomala per via di una politica sempre meno lungimirante e una disinformazione dilagante, con il risultato di una spinta verso gli estremi.

L’avanzata di partiti come Sverigedemokraterna deve spingere rapidamente i Socialdemocratici a una riflessione concreta e realistica, che vada oltre alla barricata, per riprendere l’azione politica in senso egualitario che ha sempre contraddistinto il Paese dal primo Novecento in poi.


[1] www.svt.se/special/valu2018-valjargrupper/

[2] www.dn.se/val/

[3] www.euronews.com/2018/04/10/sweden-has-a-problem-with-hand-grenades-and-here-s-why

Scritto da
Riccardo Ottaviani

Nato a Cesena nel 1994. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna, dove attualmente studia Sviluppo Locale e Globale. Si interessa politica europea e Nord Europa.

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