“Il grande scollamento. Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione” di Marco Magnani
- 06 Marzo 2024

“Il grande scollamento. Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione” di Marco Magnani

Recensione a: Marco Magnani, Il grande scollamento. Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione, Bocconi University Press / Egea, Milano 2024, pp. 240, 22 euro (scheda libro)

Scritto da Giacomo Centanaro, Luca Picotti

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Lo storico belga Henri Pirenne nel Manifeste des Universités françaises del novembre 1914 scrisse che «la civiltà è opera non di un unico popolo ma di tutti i popoli, la ricchezza intellettuale e morale dell’Umanità è creata dalla varietà e dalla indipendenza di tutte le nazioni».

Riflettere sui processi di internazionalizzazione dei mercati di beni e servizi significa indagare sulla natura di fenomeni che condizionano non solo la politica e l’economia ai loro livelli più alti, ma anche miliardi di vite quotidiane. Un ulteriore livello di lettura, poi, arriva dall’indagare come questi fenomeni si sono svolti in altre epoche. Il saggio di Marco Magnani Il grande scollamento (Bocconi University Press 2024) guarda in entrambe le direzioni della linea del tempo, per ricercare i punti di contatto tra i piani di economia, cultura, politica e tecnologia; piani non isolati, ma connessi, e che solo se sovrapposti restituiscono un’immagine completa e realistica. Quali possono essere le conseguenze del formarsi di uno iato sempre maggiore tra un sistema internazionale di scambi e di gestione degli equilibri politici fondato su un grado maggiore di multilateralismo e un processo ormai conclamato, in senso inverso, di regionalizzazione e di fratture a livello politico?

Magnani ci consiglia, innanzitutto, di guardare alla storia. Se il termine “globalizzazione” ha fatto la sua comparsa solo negli ultimi decenni, per rispondere a fenomeni dalla portata inedita, le riflessioni umane su fenomeni simili non erano certo mancate. Meglio quindi pensare a vari processi di “internazionalizzazione” di mercati, prodotti, flussi di manodopera specializzata, tenendo però sempre in mente, come fa Magnani, ciò che ricorda il Premio Nobel per l’economia Amartya Sen, ossia che «la globalizzazione non è un fatto nuovo e non può essere ridotta a occidentalizzazione». Né sul piano economico, né su quello delle idee. Lo dimostra il filo ininterrotto che sin da prima dell’Età del Bronzo arriva agli imperi mercantili di Spagna e Portogallo, passando, nel frattempo, per grandi sistemi politici «sovra-nazionali», da quello di Roma a quello arabo e poi mongolo.

Una prima analogia che Magnani individua tra i fenomeni del passato e quelli contemporanei è il verificarsi, quasi sempre, di tre fasi specifiche: una forte crescita guidata da una potenza egemone (sostenuta dal potere militare e a volte da quello religioso), una fase di consolidamento e di integrazione, e un periodo finale di declino che apre a nuovi equilibri. Dall’ordine creato da un potere politico derivavano le precondizioni affinché i rapporti economici potessero intensificarsi e, quindi, le interazioni fra professioni, settori economici, culture e individui potessero aumentare. Ogni fenomeno storico, poi, era caratterizzato anche dal ruolo prominente di un elemento infrastrutturale o tecnologico, che consentiva il superamento di alcuni dei precedenti ostacoli. Magnani ripercorre quindi, con tappe mirate ed essenziali, alcune delle fasi storiche più significative degli episodi di internazionalizzazione, selezionando con attenzione quelli che erano stati gli elementi più determinanti per la riuscita di quei processi di internazionalizzazione: dalla costruzione, organizzazione e manutenzione delle infrastrutture romane al ruolo di collante di diverse entità politiche svolto dall’Islam nella fase della grande espansione arabo-islamica.

Tutte queste riflessioni si fondano su elementi materiali, empirici, mai banali nel ricordarci quanto gli elementi concreti possano – nonostante vengano spesso tralasciati per favorire quelli di origine politica – influenzare intere strategie di espansione: dalla capacità di resistenza ai carichi e alle alte temperature dei cammelli, alla presenza o meno di riserve di legname sufficiente per impostare un sistema di commerci marittimi. Ogni sistema politico-economico integrato, poi, ha consegnato alla storia scambi di materie prime, tecnologie, idee, innovazioni che hanno, cumulativamente, reso possibile il mondo di oggi, sia che affluissero in Europa dalla Cina o dalle Americhe. Si pensi alle innovazioni delle tecnologie di navigazione e alla rivoluzione della cartografia in Europa nel XV secolo, su cui si baserà l’espansione coloniale e commerciale (la “globalizzazione mercantile”) dei secoli successivi. Le grandi innovazioni che favorirono un’espansione dei processi di globalizzazione, tuttavia, come ricorda Magnani, sono anche giuridiche e finanziarie, basti pensare alle strutture e al funzionamento delle grandi compagnie commerciali (ad esempio le Compagnie delle Indie, con la propria soggettività giuridica) e poi alla divisione del capitale in azioni, i mercati dei titoli, le prime banche di investimento: strumenti fondamentali che permisero un allargamento della platea degli investitori e quindi la mobilitazione delle risorse finanziarie necessarie.

Magnani individua poi tre fasi più ravvicinate, ma fondamentali, dei processi di globalizzazione contemporanea: una prima fase coincidente con la Guerra fredda, cui segue l’età “dell’oro” della globalizzazione (o iperglobalizzazione), e l’ultima caratterizzata da un rallentamento dei processi di integrazione (la cosiddetta slowbalisation).

È nella seconda fase che avviene la grande accelerazione che, ad oggi, rappresenta l’epitome dei fenomeni di globalizzazione: tra il 1986 e il 2008, ad esempio, le tariffe medie sulle importazioni di beni scendono dal 13,6% al 7,5%. L’entrata della Cina nella World Trade Organization, il calo dei costi delle tecnologie di informazione e comunicazione e la strutturazione delle catene globali di fornitura, vengono affiancati alla crescita della componente del commercio come quota del PIL, dall’aumento del peso degli investimenti diretti esteri e anche da un incremento dei flussi migratori e delle rimesse di reddito verso i Paesi di origine. Come nei fenomeni di internazionalizzazione descritti in precedenza anche in quest’ultimo sono presenti dei protagonisti: il container (che ha trasformato «la circolazione di merci via mare da attività artigianale in processo industriale», garantendo regolarità e sicurezza su scala mondiale) e Internet, che consente «che per la prima volta nella storia è l’individuo a essere attore protagonista della globalizzazione».

Da qui, da dati ed evidenze dei benefici ottenuti grazie a questi processi, ma anche dalle contraddizioni che li hanno contraddistinti, Magnani si interroga sulle prospettive della globalizzazione: fenomeno inarrestabile o reversibile?

«Da alcuni anni il processo di integrazione internazionale ha perso slancio: in certi ambiti ha rallentato, in altri si è arrestato, in altri ancora ha mostrato un’inversione di tendenza. Le relazioni economiche, politiche, culturali, tecnologiche tra le diverse parti del mondo stanno mutando rapidamente e profondamente sotto la spinta di potenti forze di cambiamento» (p. 155). Da un lato, vi sono alcuni fattori più squisitamente economici e strutturali che agiscono sulle architetture della globalizzazione, dall’aumento del costo del lavoro nei Paesi tradizionalmente sede delle delocalizzazioni, come la Cina, tale da rendere meno convenienti le operazioni di outsourcing, all’automazione dei processi produttivi, fenomeno anch’esso idoneo a ridimensionare l’importanza dei Paesi produttori. Dall’altro, vi è invece un aspetto che prescinde dalle logiche economiche e che pare costituire il volto di questa fase storica: il ritorno, ammesso se ne sia mai andata, della politica, in posizione sovraordinata rispetto all’economia. Magnani, in questo senso, passa in rassegna tutte le fratture determinate dalla sempre più accesa competizione strategica tra Stati: misure protezionistiche unilaterali, utilizzo del diritto in chiave geopolitica, controllo delle materie prime, politicizzazione della salute, dell’acqua, dell’energia, politiche industriali finalizzate all’egemonia nei nuovi mercati. Un contesto che vede la politica prevalere sull’economia, anche a costo di ricadute negative in termini di efficienza. Questo sembra essere il paradigma del grande scollamento, che si muove tra le guerre giuridico-economiche e le istanze di reshoring (riportare le produzioni in suolo domestico), nearshoring (riportarle in Paesi vicini) e friendshoring (riportarle in Paesi alleati e affidabili) e che si presta a informare anche le nuove sfide all’orizzonte, come la sovranità sull’artico, nella dimensione subacquea, in quella spaziale e digitale, campi di gioco cui l’autore dedica diverse pagine. Quali, dunque, le prospettive?

Magnani si destreggia tra i possibili scenari. Il primo è quello di un’escalation nella rivalità strategica tra le due superpotenze, Stati Uniti e Cina, fino allo scontro per l’egemonia, a riecheggiare la “Trappola di Tucidide” evocata e ripresa da Graham Allison. Un secondo scenario, alternativo a quello più radicale dello scontro, è quello del decoupling, ove dunque la competizione rimane relegata alla dimensione commerciale, «con la rescissione di gran parte dei legami esistenti tra le due superpotenze e l’estensione del confronto al resto del mondo, diviso in due schieramenti contrapposti» (p. 194). In questo senso, il mondo a blocchi si configurerebbe, in parte, come ai tempi della Guerra fredda, ma con due differenze fondamentali, sottolinea Magnani: l’integrazione economica ha raggiunto negli ultimi decenni un livello tale che una eventuale separazione radicale tra le economie non potrà avvenire se non con notevoli costi; inoltre, i due blocchi non sarebbero omogenei come ai tempi della Guerra fredda – le tracce di multipolarismo e protagonismo delle medie potenze sono evidenti e non trascurabili. Proprio per tale ragione, è più realistico, sostiene l’autore, un altro scenario: quello del mondo frammentato, caratterizzato da una maggiore anarchia, seppure nella cornice della forza gravitazionale dei due poli di Stati Uniti e Cina, senz’altro egemoni nelle rispettive orbite ma non abbastanza, probabilmente, da plasmare l’intero ordine internazionale.

Stiamo andando verso una «globalizzazione delle placche tettoniche»? O una «balcanizzazione e geopolitica del caos»? Oppure da questa fase riuscirà a emergere una nuova governance globale rafforzata e condivisa? O, ancora, saranno le democrazie liberali a riuscire a dare un nuovo ordine fondato sui propri valori? Sono questi gli interrogativi con cui Marco Magnani conclude la propria analisi, nonché le domande che accompagneranno questa fase di transizione, nell’attesa, se mai vi sarà, di un nuovo ordine. Da qui, il monito finale dell’autore, che dalla propria prospettiva intellettuale si augura che possa rimanere spazio per la speranza di un mondo aperto:

«È mia ferma convinzione che la globalizzazione non abbia esaurito le proprie potenzialità. Ma queste difficilmente potranno essere colte in un mondo caratterizzato da scontri per l’egemonia globale o da una guerra fredda tra schieramenti contrapposti, da un’eccessiva frammentazione o dal predominio di potenze autoritarie. L’auspicio è che alla circolazione di merci, servizi, capitali, persone e conoscenza, si possa in futuro sempre più affiancare la diffusione delle libertà. Individuali, sociali e politiche».

Scritto da
Giacomo Centanaro

Laureato presso la Scuola di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Ha conseguito titoli post-laurea presso l’Università LUISS di Roma e ha completato un periodo di studio presso l’Université Paris 1 Pantheon-Sorbonne. È stato coordinatore del Limes Club Firenze ed è alumno della Scuola di Politiche.

Scritto da
Luca Picotti

Avvocato e dottorando di ricerca presso l’Università di Udine nel campo del Diritto dei trasporti e commerciale. Autore di “La legge del più forte. Il diritto come strumento di competizione tra Stati” (Luiss University Press 2023). Su «Pandora Rivista» si occupa soprattutto di temi giuridico-economici, scenari politici e internazionali.

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